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Tradizioni pre-pasquali molfettesi  
15 marzo 2007

Come per il Natale (vedi “Quindici” del 15 dicembre 2006) , anche per la Pasqua la nostra città ripropone un calendario fitto di appuntamenti pre-pasquali che ci fanno rivivere momenti di intensa religiosità e partecipazione popolare, nonostante le varie mutazioni avvenute nel corso degli anni. Passiamoli in rassegna uno per uno, sicuro di fare cosa gradita soprattutto ai tanti molfettesi sparsi nel mondo che, pur impediti fisicamente a rientrare, non possono dimenticare i valori di una tradizione che li tiene legati all'amore della propria terra. Il primo appuntamento pre-pasquale riguarda la processione della Croce. Allo scoccare della mezzanotte del martedì grasso (ultimo giorno di Carnevale), dopo aver udito in religioso silenzio i tradizionali 33 rintocchi provenienti dal campanile della Cattedrale, dalla gradinata della chiesa del Purgatorio si avvia la processione della Croce per annunziare l'inizio della Quaresima, tempo di penitenza e di preghiera, che inizia il mercoledì delle ceneri e si protrae fino alla domenica delle palme. Ricorda i 40 giorni trascorsi da Gesù nel deserto dopo il suo battesimo nel Giordano. La Croce è preceduta da quattro suonatori rispettivamente di flauto, tamburo, grancassa e tromba (u tèmmurre), che compongono una melodia velata di struggente malinconia, intercalata dal ti-tè della tromba. La processione, formata da una moltitudine di gente, si scioglie sulla scalinata del Calvario quando è ancora notte fonda. Appena giorno, nelle varie parrocchie si celebra il rito delle ceneri che ha origine dalle parole della Genesi (3,19): Memento, homo, quia pulvis es et in pulverem revertis (ricorda, o uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai). Il rito è così chiamato perché durante la funzione religiosa, il celebrante pone sul capo dei fedeli della cenere per ricordare la caducità della vita terrena. Guardare in faccia la morte, meditare sulla sua ineluttabilità è, del resto, l'unica via per tentare di credere e sperare in una risurrezione. In questo giorno (delle ceneri), per tradizione, si mangia u calzòene, una focaccia ripiena d pesce fritto spinato (le nuzze stubete) con un composto di cipolle, olive denocciolate, e cavolfiore. Si tratta di una specialità gastronomica che, ahimé, ha perduto il suo simbolismo quaresimale, in quanto la si può vedere e acquistare nei vari panifici in tutti i mesi dell'anno. Il periodo quaresimale è caratterizzato da numerose funzioni religiose che nelle chiese di S. Stefano e del Purgatorio assumono una certa rilevanza. Infatti nei primi quattro venerdì di Quaresima, presso la chiesa di S. Stefano, si medita sui misteri del dolore: Gesù che prega nell'orto del Getsemani, Gesù flagellato, Gesù coronato di spine, Gesù che porta la Croce al Calvario e infine Gesù morto e deposto dalla Croce. Nelle prime quattro domeniche di Quaresima, invece, presso la chiesa del Purgatorio si tiene il pio esercizio in onore della Pietà. Ancora oggi, nella notte tra il 30 e 31 marzo di ogni anno, vige l'antica tradizione popolare di udire per le principali strade della città alcuni volenterosi che, agitando un campanello, gridano ad alta voce: Ci av'a disce l'Avémméri alla Médonne, fèmmene! (Chi deve dire le Ave Maria alla Madonna, donne!). I devoti, così sollecitati, si recano alla spicciolata al Calvario e allo scoccare delle ore 4 tutti i convenuti si distendono faccia a terra e dopo aver recitato tre Ave Maria, rispettivamente per la purità, la castità e la verginità di Maria, chiedono grazie alla Madonna. Indi si recano salmodianti alla chiesa del Purgatorio dove accendono lumini all'esterno, pregano e bussano al portale chiuso gridando: Médonne apre la pórte (Madonna apri la porta). La stessa cosa avviene presso la chiesa di S.Stefano dove il rito si conclude e il corteo processionale si scioglie. A mezza Quaresima (il giovedì che precede la terza domenica di Quaresima) si ripropone la tradizione culinaria del “calzone”, mentre è scomparsa l'usanza della pentolaccia. Infatti in passato le famiglie si riunivano in campagna per rompere un recipiente di creta (la pegnéte) che veniva riempito di noci, fichi secchi, mandarini, castagne del prete, lupini, fave e ceci arrostiti, frutta secca e, col passar del tempo, anche di caramelle e cioccolate. Così riempita, la pignatta veniva sospesa ad un paio di metri da terra e gli adulti, bendati e armati di bastone, dovevano cercare di romperla per il divertimento dei più piccoli. Questa usanza era un pretesto per ritrovarsi all'aria aperta primaverile e mangiare insieme il “calzone”. Il venerdì antecedente la quinta domenica di Quaresima ha inizio il settenario in onore della Beata Vergine Addolorata in tutte le parrocchie e, con particolare solennità, nella chiesa del Purgatorio, dove è venerata la statua dell'Addolorata, ultimo capolavoro del Cozzoli. La Madonna Addolorata inizialmente fu chiamata “Vergine Maria dei sette dolori”, ma Papa Pio X nel 1913 ne fissò la festa liturgica come “Vergine Maria Addolorata” il 15 settembre, il giorno dopo l'Esaltazione della Croce di Cristo. Durante il settenario si medita sui sette dolori subiti dalla Madre di Dio e la meditazione è intervallata dal canto popolare “la Dolorosa Madre” di Giuseppe Peruzzi. La quinta domenica di Quaresima, presso la chiesa del Purgatorio si tiene l'estrazione dei portatori delle statue dell'Addolorata e della Pietà, a mezzo della “bussola”, un'urna di legno nella quale si introducono tante palline numerate quante sono le coppie che hanno presentato domanda. Ad ogni coppia (avente la stessa altezza alla spalla) è assegnato un numero. Le coppie estratte dall'urna sono diciotto. Di queste, le prime nove estratte portano la statua dell'Addolorata, mentre le rimanenti portano il gruppo della Pietà. A queste si aggiungono altre sei coppie, le cosiddette coppie di diritto, prese da una apposita graduatoria che tiene conto del numero di anni in cui ogni coppia non è stata sorteggiata. Anche queste sei coppie (di diritto) sono imbussolate: le prime tre estratte si uniranno alle nove coppie già estratte per portare l'Addolorata; le altre tre si uniranno alle nove coppie già estratte per portare la Pietà. Terminata la “bussola”, si formano le “quadriglie” dei portatori alle quali verranno assegnati i tratti delle processioni (tre per l'Arciconfraternita della Morte, due per l'Arciconfraternita di S. Stefano) mediante accordo verbale o, in mancanza, con ulteriore sorteggio. Il giovedì antecedente la domenica delle Palme è l'ultimo giorno del settenario alla Vergine Addolorata. A conclusione dello stesso, presso la chiesa del Purgatorio, ha luogo un concerto di marce funebri. Il giorno seguente, nelle prime ore pomeridiane, ha inizio la processione della statua dell'Addolorata, accompagnata dalle note musicali dello “Sventurato” del maestro Vincenzo Valente. Finalmente si arriva alla domenica delle palme nella quale la Chiesa ricorda il trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella ad un asino, osannato dalla folla che lo saluta agitando rami di palma (Giov. 12,12- 15). La gente porta a casa rametti di ulivo o di palma benedetti, quali simboli di pace, scambiandone alcuni con parenti e amici. In questa festività si ripropongono due appuntamenti tradizionali: presso la chiesa di S. Stefano, dopo la celebrazione liturgica, ha luogo il sorteggio dei portatori della statua di Cristo morto. La procedura è simile a quella vista per l'Arciconfraternita della Morte, cambiano solo i numeri: infatti le coppie estratte sono sei. A queste si aggiungono altre due coppie (coppie di diritto) prese da una speciale graduatoria che tiene conto del numero di anni in cui ogni coppia non è stata sorteggiata. Inoltre, a cura delle varie Confraternite locali, presso le rispettive parrocchie o rettorìe ha luogo il sorteggio dei portatori delle altre statue del venerdì e sabato santo. L'altro appuntamento è il tradizionale concerto di marce funebri che si svolge in serata presso la chiesa del Purgatorio, con notevole partecipazione di appassionati e intenditori. Con la domenica delle palme (o domenica di passione) ha inizio la settimana santa che ha come scopo la venerazione della passione di Cristo a partire dal suo ingresso messianico a Gerusalemme. Il giovedì santo in tutte le parrocchie si celebra la messa “in Coena Domini”, al termine della quale si espone l'Eucarestia nel tabernacolo sull'altare della reposizione, detto impropriamente “sepolcro”. Infatti la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare la sepoltura del Signore, ma per custodire il Pane Eucaristico per la comunione che verrà distribuita il venerdì santo. Tra gli addobbi tipici vanno ricordate le profumatissime fresie e i vasi di semi di grano germogliati al buio che simboleggiano il passaggio dalle tenebre della morte di Gesù alla sua risurrezione. Al termine della cerimonia, ancora oggi, si procede allo spoglio degli altari, mentre in passato si coprivano tutte le statue presenti in chiesa con drappi neri o viola. Nel tardo pomeriggio del giovedì la gente inizia la visita ai “sepolcri” dei quali occorre visitarne almeno tre (sempre comunque in numero dispari secondo un'antica tradizione), mentre anticamente si diceva che non dovevano essere meno di sette. Le chiese di S.Stefano e del Purgatorio, invece, espongono le statue che si recheranno in processione il venerdì e sabato santo. Sempre il giovedì santo, in serata ha luogo in piazza Mazzini il concerto di marce funebri durante il quale si eseguono le tradizionali marce donate dai rispettivi compositori molfettesi all'Arciconfraternita di S. Stefano e cioè: Povera Rosa e Ultimo Addio di Vincenzo Valente, Amleto di Saverio Calò ed Elena di Sergio Calò. Alle ore 3,30 della notte del venerdì santo ha inizio la processione delle statue dei misteri dalla chiesa di S. Stefano. La prima statua a uscire è quella di Gesù che prega nell'orto del Getsemani con gli occhi fissi all'angelo. Verrà flagellato e coronato di spine. Così si presentano le successive statue cinquecentesche di Cristo alla colonna e l'Ecce Homo. Lo si vede poi curvo sotto l'immane peso della Croce prima di giungere al Golgota. L'ultima statua ad uscire è quella di Cristo morto, con il volto contratto e sanguinante, le mani e i piedi crudelmente traforati, gli occhi spenti, i capelli incollati dal sudore della morte, che sembra voler dire: “Ecce quomodo moritur iustus” (ecco come muore un giusto). La commozione è grande. Si ascoltano in religioso silenzio le toccanti note musicali del Conzasiegge del maestro Vincenzo Valente, mentre il catafalco con la statua di Cristo morto avanza lentamente, portato a spalla dai confratelli incappucciati. Il sabato santo, come vuole la tradizione, si mangia u pezzarìedde, un filoncino di pane imbottito di tonno sott'olio, giusto per concludere il digiuno quaresimale che un tempo si rispettava fedelmente. Alle ore 11,15 dalla chiesa del Purgatorio ha inizio la processione delle statue in cartapesta plasmate dallo scultore molfettese Giulio Cozzoli il quale ha saputo creare nell'arte la bellezza espressiva del dolore in tutta la sua pienezza. Pietro è immaginato nell'atrio di Pilato, con un piede posato sul gradino della scala, come preso dal panico per aver tre volte rinnegato il Cristo. All'udire cantare il gallo assume quella espressione tipica, mano all'orecchio, nel ricordo delle parole che gli aveva detto il Maestro. La Veronica ha nel suo atteggiamento e nell'espressione del volto l'emozione della sorpresa, piena di sbigottimento, in seguito al fatto, del tutto inatteso, di aver trovato impresso sul sudario il volto di Cristo. Maria di Cleofa contempla nelle sue mani la corona di spine insanguinata. Ha il volto in preda a grande dolore. Maria Salome (o Salomè), con il viso accorato di pianto, ha in mano un vasetto di unguento aromatico che dovrà servire per l'imbalsamazione del corpo di Cristo. Maddalena (o Maria di Magdala) ha le dita incrociate, occhi lacrimosi, ad indicare il dolore più profondo nell'animo di chi ha molto sofferto per la morte del Maestro. Giovanni ha gli occhi rivolti al cielo in atto di invocare la misericordia di Dio per tanta crudeltà dimostrata dagli uomini, che non sapevano quello che facevano: Tutte queste statue precedono l'uscita del gruppo della Pietà, la “Mater Dolorosa” che con gli occhi gonfi di lacrime, guarda il corpo esanime di suo Figlio giacente sulle sue ginocchia, in grande abbandono, quello della morte, con la chioma riversa. L'uscita della Pietà è accompagnata dalle struggenti note musicali di “Dolor” del maestro Saverio Calò. La settimana santa si conclude in tutte le parrocchie con la cerimonia della risurrezione di Cristo, che oggi si celebra a mezzanotte, ma che una volta si anticipava a mezzogiorno del sabato. Al “Resurrexit” le campane riprendono a suonare ed è una gran festa per tutti. E' Pasqua.
Autore: Cosmo Tridente
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