Storia quotidiana di precariato locale.
Sono da poco passate le 7.30 quando arrivo in stazione. Tanti volti coperti da grossi occhiali da sole. Qualcuno mostra il viso ancora inebetito dal sonno. Tutti attendono il treno delle 7.48. Tutti sono pronti a cominciare la propria vita universitaria. Quando il treno arriva bisogna avere i rifl essi pronti: entrare e scattare velocissimi alla ricerca di un posto. Finalmente anch'io oggi riesco a sedermi. Accanto a me c'è un ragazzo. Di fronte una ragazza. Anche loro saliti con me a Molfetta. Si guardano soddisfatti per il posto conquistato. Poi cominciano a dialogare. Lei dice di essere stanchissima. Ieri sera ha fi nito di lavorare molto tardi. Lui risponde che ora lavora. Ha un contratto per un anno. La ragazza porge la domanda che balena anche a me nella testa: “E poi?” Lui fa spallucce. Dice che è già tanto se ha trovato quel lavoro. Lei è più determinata e risponde che quando anche lei sarà laureata smetterà di fare la cameriera e cercherà un lavoro degno dei suoi studi. Un lavoro ben remunerato e fi sso. Lui si fa una risata quando la sente parlare così, quasi anche lui avesse avuto quei sogni. E quella risata basta per distruggere anche quelli della ragazza. Allora lui dice che forse è meglio scappare da questa terra. Parla, con la solita retorica scontata, del lavoro che non c'è, dei contratti a tempo determinato. Poi parla del suo stipendio bassissimo, ma non specifi ca quanto, e ironizzando si vanta di essere un “bamboccione”. Lei questa volta non risponde. Poi, dopo qualche minuto, improvvisamente dice : “forse è meglio cercare lavoro fuori”. Lui non risponde. Solo un cenno con la testa. Ed entrambi fi ssano fuori dal fi - nestrino. Come se i sogni si condensassero sui vetri spessi del fi nestrino e restassero lì, come una nebbiolina che impedisce di guardare oltre. Ed oltre il fi nestrino c'è la campagna che corre, le macchine dei lavoratori che attendono bloccati in fi le lentissime prima di entrare a Bari. “Lo sai che mia sorella si sposa?” fa lei. Lui resta sorpreso. Allora domanda se ha comprato casa. Tutti sanno che con i prezzi che ci sono in giro, non è cosa da poco per una giovane coppia trovare casa. La ragazza, infatti, risponde che la casa sua sorella l'aveva ancor prima di decidere di sposarsi; “un vecchio investimento della famiglia”, dice. Con aria triste e sconfi tta lui racconta la sua vita di coppia. Torna dal lavoro alle 20 circa. Distrutto. Con la circolare va a far visita alla sua ragazza. Con la circolare perché così risparmia sulla benzina. Una passeggiata assieme. Quando c'è disponibilità economica una pizza con gli amici. Un evento sempre più raro, poiché da quando è aumentato il costo del grano e della farina, anche le pizze hanno visto lievitare i prezzi. “Che dobbiamo fare…” dice lui per concludere. Lei non risponde. Ancora una volta. Quasi teme che un giorno quel racconto possa appartenerle. Non posso che guardare quel ragazzo che mi sta accanto. Vorrei parlargli e dire che è troppo giovane per dire “che dobbiamo fare…” con quella rassegnazione stampata sul volto, con quel senso di sacrifi cio che non gli si addice, perché alla sua età gli occhi dovrebbero risplendere di ambizioni. Intanto il treno si è riempito. È strapieno. Gente in piedi in ogni dove. Bari zona industriale. Lui prende tutti gli averi. Si alza e saluta la ragazza. Lei domanda sorpresa. “Dove vai?”. “A lavorare!” “Bari zona industriale?” “Sì. Ed è già tanto”. Lei non vorrebbe crederci, ma il suo amico si sta allontanando in quel grigiore industriale. Ora lei impugna forte il libro che ha tra le mani. Un codice penale. La sua vita sarà diversa da quella del suo amico. Forse.