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Sogni e vocazioni nel cuore la sfida della vita
15 dicembre 2020

Gioventù significa sogni e vocazioni nel cuore. A testimoniarlo, in un racconto autentico ed appassionato, è Francesco Mariano, giovane molfettese le cui ambizioni, quotidianamente, lo portano a confrontarsi con le sfide della vita. Tra prove ed errori, amicizie e musica, obiettivi e valori, ecco le premesse che gli hanno aperto la sua strada. Un sentiero su cui si orienta passo dopo passo, con l’umiltà di sempre. Cosa ti ha portato alla scelta dei due corsi di laurea che frequenti, rispettivamente Dietistica e Medicina? «Come per tutte le cose, una domanda. Ho scelto dietistica per infinite motivazioni, tra cui spicca lo stupore nel vedere moltissime persone scegliere cibi-spazzatura e soddisfazioni passeggere che si sarebbero presto tramutate in assuefazioni e, nei casi più gravi, dipendenze. Chi mi conosce mi ha sempre detto che ho una propensione per gli altri “invidiabile”. La domanda che ho posto più volte a me stesso è stata: “cosa posso fare di più per mettere a frutto quello che sono?”. Fino al secondo anno in Dietistica, poi, non avevo mai pensato di intraprendere il lungo percorso della facoltà di Medicina. Ma un giorno, durante il tirocinio in Endocrinologia, un’ormai ex-paziente, dimessa da pochi minuti, bussò alla porta della sala medici, dove io ero con la mia collega Roberta, il mio professore e le sue specializzande. Era una nuvolosa mattinata di dicembre, di quelle dall’atmosfera cupa in cui vorresti andare a casa, pranzare con qualcosa di caldo e stenderti sotto il piumone. La signora di cui parlo avrà avuto 85 anni e camminava a malapena da sola, ma ci teneva a recarsi nello stanzino dov’eravamo, in fondo al corridoio, per poterci ringraziare tutti per il lavoro svolto. Sono stati i suoi occhi colmi di gratitudine a farmi capire che avrei voluto fare “ancora di più”, che avrei voluto fare il medico e dare il tutto me stesso al mio prossimo». Qual è il tuo sogno più grande e come pensi di realizzarlo? «Il mio sogno più grande è quello di poter contribuire in modo decisivo e concreto alla lotta contro la malnutrizione pediatrica o in età evolutiva, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Vorrei collaborare con Onlusg quali Medici Senza Frontiere, Save The Children, Nutrizionisti Senza Frontiere: intendo impegnarmi in questo con la miglior preparazione possibile sia come dietista, sia come medico, ma anche, e soprattutto, come uomo. L’aspetto umano non è mai da sottovalutare. Specie in un tempo in cui non ci è permesso di unirci fisicamente ai nostri cari, non resta che unirci agli altri emotivamente». Quando hai capito in cosa consiste davvero la tua missione? «Non c›è stato un momento preciso in cui ho scelto di seguire una missione. Sicuramente la musica ha svolto un ruolo determinante nel farmi adottare tutti gli ideali che oggi seguo, applico e divulgo. Caparezza mi ha fatto capire quanto sia importante costruire le basi solide di un pensiero critico e quanto sia importante l’atto dell›ascolto. Si tratti del testo di una canzone, del ritmo della batteria, o dell’animo delle persone, non tutte fortunate come lo sono io, come lo siamo noi. I System of a Down mi hanno cambiato per via dei moltissimi temi umanitari presenti nelle loro canzoni, tra le quali spicca il pezzo “Aerials”. Il messaggio principale del brano esprime un concetto di vitale importanza: in realtà non esistiamo come individui isolati, ma siamo solo una parte di qualcosa di più grande, che è tutto mondo che ci circonda. Con la quotidiana somministrazione di piccole dosi di questo tipo di valori non si arriva ad avere una missione, ma si finisce per diventare la missione stessa. Sarò felice di essere il mezzo e non il fine». In chi e in cosa, ogni giorno, trovi la forza di affrontare il tuo percorso? «Se c’è una cosa in grado di far passare la musica in secondo piano, quella è l’esperienza del contatto umano. Sono passati tre anni da quando sono rinato nell’Università di Bari grazie alle mie ormai ex-colleghe. Ci siamo laureati il 17 novembre e ogni giorno abbiamo creato un circolo sempre più virtuoso, un rapporto di scambio in cui chi era in difficoltà veniva supportato costantemente. Ben pochi sono così fortunati: ho fatto parte, come rappresentante degli studenti, di un gruppo talmente affiatato che si potrebbe facilmente confondere con una famiglia allargata. Un gruppo composto da persone a cui voglio un bene immenso, che mi hanno conferito e ancora oggi mi conferiscono forza in tutti gli aspetti della mia vita, anche ora che le nostre strade si sono separate per i diversi percorsi che abbiamo intrapreso». Cosa consigli a chi coltiva un’aspirazione come la tua? «A coloro che si nutrono degli stessi valori di cui mi nutro io, lasciatemi dire, da buon dietista, che questa è un’ottima dieta. Affermare «siate voi stessi” è decisamente banale, per cui mi limiterò a dire che, seguendo le vostre indicazioni etiche, percorrerete strade diroccate, gli ammortizzatori si rovineranno sicuramente, ma sarete sempre in grado di proseguire la vostra strada. Vi scontrerete con la realtà dei fatti in numerose occasioni e, talvolta, accettarla sarà frustrante. Vi chiederete spesso per quale motivo avete deciso di iniziare questo percorso, senza nemmeno sapere che cosa vi aspetta alla fine. Ma voi lasciatevi guidare dai vostri valori come Valentino Rossi ha guidato per anni la sua Yamaha: in modo sconsideratamente pazzo. E prima che ve ne accorgiate, non solo supererete il traguardo, ma arriverete in terre così lontane che non credevate neanche esistessero. Vi invito a trasformare la vostra aspirazione in atti quotidiani che vi portino alla miglior realizzazione possibile della vostra interiorità, alla versione più pura di voi stessi». Una versione priva di senso senza l’altro: lo specchio che ci offre ogni giorno il riflesso di quello che siamo. © Riproduzione riservata

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