Rovesciare il '68: confronto a Molfetta (Libreria “Il Ghigno”) fra Marcello Veneziani e Isidoro Mortellaro
MOLFETTA - E' un '68 durato quarant'anni, quello descritto nel libro del giornalista-scrittore Marcello Veneziani, “Rovesciare il '68”, e oggetto del dibattito di ieri sera con Isidoro Mortellaro, docente di storia all'Università di Bari (nella foto Mortellaro, la prof. Isa de Marco del “Ghigno” e Veneziani).
«Un '68 che in Italia non ha avuto risvolti politici- secondo Veneziani -, non ha prodotto grandi eventi. Ha sconvolto soltanto il costume, accelerando processi devastanti come il consumismo, l'individualismo estremo, la perdita di ogni valore. Fino a spogliare l'uomo di ogni briciolo di identità, condannandolo ad essere un consumatore, e niente altro».
La “cesura” operata dal '68 nei confronti della tradizione è servita, secondo Veneziani, ad eliminare ogni argine dei processi di mercificazione e di decadimento dell'istruzione e della famiglia. Ha “scristianizzato” l'Occidente trasformando la famiglia da un valore ad un'unione assimilabile a quella fra omosessuali. Ha demolito, sulla scia di Don Milani, ogni tipo di selezione meritocratica facendo sprofondare la scuola in un futuro ricco di demagogia ma povero di contenuti.
Il '68 di Veneziani sembra essere stato la scintilla del processo inconsapevole diretto, negli ultimi decenni, verso la creazione dell'uomo automa, chiuso alla società nella propria incoscienza e ignoranza, capace di subire gli effetti del mercato globale senza poter opporre alcun tipo di valore.
Un uomo vuoto, manovrato dall'immagine sbiadita e contorta del mondo offerta dai mass-media, vittima della demagogia e intento a trovare nella situazione così determinata l'unico sbocco di libertà: il consumo sfrenato dettato da appetiti immaginari.
Proprio quell'uomo che i giovani del '68 cercavano di allontanare dalle proprie prospettive, promuovendo lo studio, cercando un mondo senza gli schemi della guerra fredda, per poterlo vivere senza i filtri del potere, senza i paletti della produttività spietata e assassina. Per restituire la dignità al lavoro senza che questo fosse inquadrato nelle logiche di abuso e si sfruttamento. Come dice Mortellaro, quella del '68 fu la prima “generazione globale”. Una generazione che spaventava i due imperi onnipotenti, sovietico e americano, perché proprio quell'onnipotenza svaniva quando l'uomo da essere inquadrato nell'uno o nell'altro sistema, nell'uno o nell'altro mercato, diveniva cittadino del mondo. Con la sua coscienza, la sua voglia di cambiare, di riportare le azioni dettate dal senso di colpa, profuso dalla religione o dalla famiglia, all'orizzonte della propria volontà.
Le risposte dei due strapoteri furono spietate: l'Unione Sovietica represse il movimento con la forza, coi carri armati; gli Stati Uniti e l'Occidente promossero l'individualismo e il consumismo, facendoli diventare i pilastri della nuova cultura di massa. Una cultura conformistica e scristianizzata sotto l'effetto della televisione e delle parabole di Berlusconi, non certo di Don Milani, come ricorda Mortellaro. Una cultura che ha visto nella famiglia un'unione fittizia favorita dall'aiuto importante delle badanti.
Sembra, dunque, che Veneziani non abbia descritto gli effetti del movimento sessantottino, ma le conseguenze della risposta americana e dei poteri occidentali. Con un risultato talmente positivo da riportare la gente ad obbedire alla realtà quasi si dispiegasse su un livello astratto e universale, fuori dalla portata dell'uomo. E' la condizione inconsapevole dell'umanità, come già la chiamò il giovane Engels. Quella condizione dalla quale i sessantottini cercarono di staccarsi, e che ora ci porta a dire che, purtroppo, il sessantotto si è concluso già da molti anni.
Autore: Giacomo Pisani