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Rassegna di eccellenza a Molfetta nel Torrione Passari: “Eppur si muove”
29 ottobre 2014

MOLFETTA – Ancora auna rassegna di eccellenza a Molfetta nel Torrione Passari, con la mostra di arte contemporanea “Eppur si muove”, progetto ideato da Michela Casavola e Giacomo Zaza, promosso dall’Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia e dal Comune di Molfetta, Assessorato alla Cultura e al Turismo e patrocinato dall’Università degli Studi di Bari. Resterà aperta al pubblico fino al 29 dicembre e vede esposte le opere di Regina José Galindo, Liudmila & Nelson, Lázaro Saavedra e Luca Vitone. Ogni artista ha una storia da raccontare. Una storia che parla di sé, ma anche dell’altro.

Regina José Galindo, nata a Ciudad de Guatemala nel 1974, pone al centro della sua arte gli scenari drammatici del suo paese, le ingiustizie sociali e culturali, le discriminazioni di razza e di sesso e gli abusi di potere. In Piedra  la si vede nuda, rannicchiata sul pavimento e spalmata di carbone, immobile come una pietra. Non sente l’umiliazione, neanche quando tre volontari orinano sul suo corpo-pietra. Oppure in Oveja negra con le gambe piantate nella terra di un campo, insieme ad un gruppo di pecore, o ancora nel video Tierra immobile mentre una scavatrice rimuove il terreno attorno a lei. L’artista si spinge oltre i propri limiti, correndo un rischio fisico e psicologico, per indagare la vulnerabilità dell’essere umano, i sentimenti di paura e angoscia.

Lázaro Saavedra, nato a L’Avana nel 1964, è il protagonista della “Nuova Arte Cubana” e opera all’interno di un ambito critico, cinico e sarcastico, analizzando le problematiche sociali e culturali. Per il Torrione ha realizzato un’installazione multimediale corrosiva, in cui convergono wall paintings, video-animazioni e linguaggi non aulici, come fumetti, cartoons e graffiti. Qui contesto politico, immaginario sociale, ideali smarriti della rivoluzione castrista e inquietudini umane si intersecano, con un costante senso di humour. L’opera Detector de ideologías, ha l’aspetto di un amperometro che misura l’intensità rivoluzionaria o antirivoluzionaria della gente, metafora degli schematismi e delle facili imputazioni da parte dell’organo politico. L’ago oscilla da sin problema a problematica, a contrarrevolucionaria (incosciente-cosciente) e diversionismo, termine non traducibile in italiano, che indica la dissidenza e rappresenta perciò l’entità più pericolosa. La macchina segna il livello di obbedienza o disobbedienza dell’individuo. Potrebbe rilevare quindi in ognuno un tasso di deviazione non accettabile. Nel video El Ideologo, un feticcio solitamente utilizzato nella pratica religiosa della Santería afrocubana, è vittima di una trapanazione senza pietà: al pupazzo vengono strappati gli occhi, aperta la bocca con un taglierino, riempito il corpo con pezzi del giornale Granma, il periodico ufficiale del Partito Comunista di Cuba, e infine aperto il cervello immaginario ed estratto con le pinze il contenuto di ovatta che compone il cielo, immagine-simbolo della libertà. Nel video Yo pienso tratta i pericoli di esprimere la propria individualità e autonomia di pensiero. Una metafora delle discrepanze tra mondo ufficiale e vita reale a Cuba si ritrova invece nei video La gloria borra la memoria e El que no sabe es como el  que no ve, in cui il popolo è rappresentato dai semi di fagioli rossi che si muovono come pedine di un gioco. Saavedra discute dell’individualità quale possibile codice della dissidenza, delle forme repressive e il controllo della libertà.

Liudmila Velasco, nata a Mosca nel 1969 e Nelson Ramírez de Arellano Conde, nato a Berlino nello stesso anno, raggiungono con le loro immagini un rapporto rappresentativo con il mondo, amplificato rispetto alla semplice manifestazione, producendo prospettive immaginarie. La realtà non va duplicata ma contaminata e modificata come mostra l’opera Absolut Revolution La Isla in cui, il monumento di Plaza de la Revolución (simbolo delle due rivoluzioni cubane) nel mare aperto, simile ad un miraggio nell’oceano. Uno spazio visionario, metafisico, che unisce la verticalità del monumento-totem, con l’orizzontalità del mare dove tutto muta e si trasforma. Nelle opere Infanta y Carlos III, Obispo y Habana, Prado y Neptuno, gli scorci attuali de L’Avana, su cui sono sovrapposte e innestate foto storico-documentative della città, risultano addobbati di insegne del mercato globale.

Infine l’opera Eppur si muove di Luca Vitone, nato a Genova nel 1964, è stata pensata per la sala circolare del Torrione ed è la tappa conclusiva di un ampio progetto dell’artista che dalla bandiera nera con ruota rossa si trasforma in un ipotetico viaggio di ritorno del popolo Rom alla loro terra d’origine. Un viaggio  dall’Italia all’India simboleggiato da una grande sagoma cartografica che unisce le undici nazioni percorse dalla comunità. Un popolo che, nomade da secoli, non ha un’idea di confine. Un’etnia la cui identità culturale non è sempre riconosciuta dall’istituzione e che, nel corso della sua storia, ha subito la riduzione a schiavitù, la deportazione, lo sterminio. Vitone vuole ribadire che rispetto alla nostra percezione del luogo e della nostra appartenenza ad esso, il referente geografico per i Rom non è prioritario: la loro condizione di nomadi implica l’idea di un luogo che si definisce in se stessi.

© Riproduzione riservata

Autore: Marianna Palma
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