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Quel postino che mi ha cambiato la vita
15 giugno 2016

Dopo il calcio, un altro sport nazionale è quello di ‘‘sparare’’ contro il dipendente pubblico. Non me ne vogliano i cittadini scontratisi con la Pubblica Amministrazione ma certamente non si deve fare di tutta l’erba un fascio e non perché devo difendere la categoria, essendo io stessa dipendente del pubblico impiego, ma perché posso testimoniare l’attaccamento al lavoro di un dipendente pubblico, in tempi non sospetti. Correva l’anno 2000 e mi barcamenavo, come dalla fine degli studi, tra la compilazione di domande di partecipazione a concorsi e la redazione di curriculum vitae e nel frattempo aspettavo, speranzosa, riscontri a colloqui di lavoro sostenuti ed esiti di concorsi superati anni addietro. In realtà, il mio ottimismo era messo a dura prova poiché, nel corso degli anni, avevo cambiato residenza, abitavo in un’altra città, e in realtà sarebbe stato oggettivamente molto difficile rintracciarmi. Però. never say never, e un giorno quando ormai avevo deciso di mollare, di non sprecare soldi non guadagnati da me, per l’invio di lettere raccomandate, sento suonare il citofono e accolgo mio suocero con un telegramma in mano a me indirizzato: ‘‘La S.V. è convocata il giorno 7/12/2000 alle ore 8,00 presso la Scuola.. a … prov. di Foggia per l’assunzione in servizio. La mancata presenza sarà considerata rinuncia’’. Passato l’attimo di stupore iniziale, inizio a leggere più attentamente il telegramma e scopro che la destinataria ero io, ma era riportata la residenza risalente ad otto anni prima. Inutile ribadire che mi presentai puntuale alla convocazione, accettando l’incarico e diventando un dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione. Ma un pensiero mi ha accompagnato in tutti questi anni: ritrovare il postino che aveva cambiato la mia vita, recapitando il telegramma alla famiglia di mio marito perché ricordava non solo che eravamo fidanzati, ma che eravamo vicini di casa. Lo cercavo tra la gente, inseguendo i tratti descritti da mio suocero. Passavano gli anni senza che io potessi manifestargli la mia gratitudine, fino a quando un giorno di aprile dell’anno 2016, mio figlio chiede a suo padre di essere accompagnato presso la villetta in campagna di un amico per trascorrere alcune ore in compagnia. Mio marito torna a casa dicendomi di aver fatto un incontro da me atteso da anni. “Non dirmi che hai incontrato il postino?”. Alla sua risposta affermativa, seguono una serie di domande: come sta, come è, come vi siete riconosciuti, perché era in campagna, è ancora in servizio. Il malcapitato coniuge giura di dire la verità, tutta la verità: E’ stato il Sig. Mauro Stasi a riconoscerlo grazie a una marcata somiglianza con suo padre; è un distinto signore in pensione, proprietario della villetta nonché nonno di un amico di nostro figlio al quale estorco il numero di telefono di Mauro junior, suo amico. Rintracciare il sig. Mauro è gioco da ragazzi. La sede della redazione ospita il nostro primo incontro; finalmente ho la possibilità di ringraziarlo e di conoscere sua moglie. Il Sig. Stasi è un uomo molto modesto, sembra imbarazzato dai miei ringraziamenti, ritiene di aver fatto sempre solo il suo lavoro. Afferma di aver cominciato a lavorare come portalettere per il Ministero delle Poste nel 1968, sostituendo i colleghi in congedo, essendo retribuito solo per i giorni di effettivo servizio, dovendo prima imparare la toponomastica della città e successivamente accompagnando colleghi sempre diversi. Per poter maturare il diritto al contratto a tempo indeterminato occorrevano almeno 380 giorni di servizio effettivo e al Sig. Mauro occorsero circa otto anni per diventare “di ruolo” e per trascorrere nell’Amministrazione Pubblica 35 anni della sua vita. Ad una emozionata redattrice il Sig. Mauro risponde con pazienza. Sig. Stasi ci parli dei suoi compiti. Quale era la zona di Molfetta a lei affidata? «Occorre specificare che la zona affidata èrimasta invariata durante tutto il periodo in servizio, sino al collocamento a riposo nel 2002 ed era quella ricadente tra il Villaggio Belgiovine, Via Don Minzoni, Piazza Gramsci, Via Tenente Losito, un’area molto vasta che fu leggermente ridotta quando vi furono altre assunzioni. Percorrevo circa cinque chilometri a piedi ogni giorno, sotto la pioggia o sotto il sole cocente. Al fine di agevolare l’utente, si usciva due volte al giorno in modo da consegnare la posta agli utenti impossibilitati a riceverla il mattino. Durante l’inverno, a causa del buio, si utilizzavano gli accendini per illuminare il cognome dei destinatari sui citofoni». Quale è stato l’aspetto più gratificante della sua professione? «Posso affermare di conoscere e riconoscere tutti i residenti della zona a me affidata ancora oggi. Sono stato molto fortunato perché grazie al mio temperamento ho conquistato la fiducia degli utenti. Di alcuni di questi ho visto nascere figli, nipoti e pronipoti. Sono sempre stato accolto come un membro di famiglia. Quando il tempo era avverso mi invitavano a sostare sul pianerottolo; mi chiamavano per nome; per tutti ero semplicemente Mauro». Ci sono episodi che ricorda in particolare? «L’essere considerato una persona degna di fiducia, uno di loro, è senza dubbio l’aspetto più bello del mio lavoro. Frequente era la richiesta di persone anziane che delegavano a me la riscossione della propria pensione. Un giorno una signora anziana, benestante, impossibilitata a spostarsi autonomamente dalla propria abitazione, vedova e con i figli residenti in altre città per lavoro, mi confidò la volontà di redigere testamento, chiedendomi di cercarle un notaio disposto a recarsi presso la sua abitazione. Io non esitai e, trovato il notaio, mi recai presso la residenza della signora la quale poté redigere testamento e sentirsi a posto con la propria coscienza. Ricordo anche gli utenti che aspettavano il mio arrivo per ricevere una comunicazione attesa: le foto di figli e nipoti lontani, che mi venivano mostrate con orgoglio; il “vaglia rosso” dalla Germania che annunciava l’arrivo dello stipendio del marito emigrato. Poiché nella zona di mia competenza vi erano delle scuole materne, durante il periodo antecedente la festa di San Nicola, le maestre mi invitavano ad entrare nelle sezioni di scuola materna per ricevere le letterine destinate a san Nicola. Ma oltre ad episodi lieti, sono stato , inconsapevolmente, portatore di cattive notizie come quando ho recapitato l’esito di alcune indagini mediche, purtroppo infauste poiché confermavano una grave malattia, ad una signora la quale fu colta da disperazione. Fu per me naturale pronunciare parole di conforto, incoraggiarla ad avere speranza ed affidarsi alla preghiera. L’ho rivista poco tempo fa in salute ed abbiamo ricordato quel momento». Questa è la storia di una persona che ha svolto il suo lavoro con coscienza, onestà e senso del dovere, con una compagna devota, la Sig.ra Dina, con la quale ha condiviso gioie e impegni di una vita allietata da tre figli e nipoti. Non spetta a noi sentenziare su dipendenti pubblici infedeli e disonesti e neanche fare paragoni con i suoi colleghi attualmente in servizio. Mauro Stasi è esempio per tutti perché “un grammo di buon esempio vale più di un quintale di parole” (San Francesco di Sales). E a lui va tutta la mia riconoscenza.

Autore: Beatrice Trogu
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