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Profughe ebree nella Bari del 1944 Il libro Pasquale Gallo, omaggio alla figure femminili della Resistenza
15 febbraio 2023

Abitualmente non leggo le introduzioni nei libri perché voglio prima averne io una idea diretta, la introduzione la leggo dopo aver letto il libro (“Profughe ebree nella Bari del 1944” di Pasquale Gallo – Edizioni dal Sud 2020), ma questa volta ho visto che la introduzione è a firma dell’Autore, due facciate nello stile sobrio e chiaro che caratterizza la scrittura di Pasquale Gallo e non ho potuto fare a meno di leggerla subito. Il libro è un omaggio e una testimonianza per alcune figure femminili di profughe e combattenti ebree le cui storie si intrecciano con quelle di una città, Bari, che, come scrive l’Autore, “era all’epoca un immenso campo militare e uno smisurato centro di accoglienza. […] la città si è prestata come luogo di ricovero dagli orrori dei conflitti e caposaldo della lotta della tirannia.” La città di Bari assume un ruolo che la nobilita e le riconosce il merito di essere stata meta di arrivo per tanti disperati e punto di partenza verso la Palestina. Il grande merito del libro di Pasquale Gallo è aver raccontato le vicende di sei donne ebree che contribuirono alla vittoria della guerra di liberazione e furono vittime della Shoah e dell’Olocausto. Alcune di loro vengono definite letterate, altre, combattenti, “c’è però da rimarcare la presenza di una metaforica “settima donna”: la città di Bari”, una donna che ha avuto in gestazione la Repubblica Italiana”, scrive l’Autore. Ina-Jun Broda (1899 - 1983) “Ina dalle sette vite” è la prima di queste figure femminili. La sua tempra morale, la forza interiore, portano questa donna colta ed intellettuale, da una vita agiata e sicura nella buona borghesia croata alla militanza nel partito comunista, e diviene tramite tra la sua cultura e quella europea. Si sposa tre volte, e dal suo matrimonio con Milivoj Schwarz nasce Alexander. Il matrimonio si scioglie e Alexander resterà con la madre fino alla sua deportazione nel campo di concentramento di Jadovno, per mano degli Ustaša nel 1941 e nello stesso campo sarà trucidato Miroslav Jun che Ina aveva sposato dopo una lunga convivenza. I versi di Ina ispirati a questa tragedia, che la vede disperata ma sempre indomita, e quelli che scriverà in seguito, raccolti in un piccolo volume, hanno l’eccezionale commento di Franz Theodor Csokor, la straordinaria personalità di intellettuale, scrittore antifascista, che resterà suo amico per tutta la vita1. Scrive Csokor: “I versi, -- sono germogliati dalla ferita di una scrittrice, una ferita che sarebbe stata mortale se non l’avesse trattata con la parola magica della poesia, che può fermare il sangue e far rimarginare. […] La sua sofferenza personale e quella del tempo, si fondono in un’unità che rende con un urlo plastico l’impensabile, dicibile l’indicibile, immaginabile l’inimmaginabile, quell’urlo che trapassa le ossa della nostra generazione. Le sue poesie sono documenti.” 1. Di F.T. Csokor Pasquale Gallo ha scritto ampiamente in: “Profughi austriaci nella Bari del 1944. Franz Theodor Csokor, Alexander Sacher-Masoch, Hermann Hakel tra poesia e propaganda.” Bari: Edizioni dal Sud 2017. Herta Reich (1917 – 2012) Herta Reich, ebrea austriaca, in un volume autobiografico descrive con ricchezza di dettagli la sua avventurosa vita, dalla fuga dal nazismo al pellegrinare attraverso l’Europa, le indicibili privazioni e precarietà di vita affrontate col marito Romek, fino all’arrivo a Bari dove vengono ospitati nel campo profughi di Carbonara, un “Rest Camp” della VIII Armata inglese. Dopo circa nove mesi nel capoluogo pugliese, finalmente il sospirato permesso per l’immigrazione in Palestina, l’arrivo a Tel Aviv dove Herta darà alla luce il figlio Ronny, e, solo dopo un anno, la morte di Romek che cadrà come combattente sionista nella guerra di indipendenza israeliana. “Ciò che è rimasto è solo dolore” Muore a Gerusalemme nel 2012 ma ci lascia la sua testimonianza di coraggio indomito. Milica Leitner/Sacher Masoch (1909 - 1987) Milica Leitner, più che una letterata in senso stretto, è la ispiratrice di un romanzo antifascista, “Ulivi in fiamme”, in cui l’autore, Alexander Sacher- Masoch, poi suo marito, ne delinea la figura romantica e insieme coraggiosa, rendendola una vera e propria protagonista. Nata in Croazia, a Osijek, figlia di un rinomato avvocato ebreo, eroe di guerra nel primo conflitto mondiale, vive sicuramente una infanzia e giovinezza agiate. A 17 anni sposa l’allora famoso calciatore Stjepan Matoševic da cui si divide dopo pochi anni e si trasferisce a Belgrado dove incontra lo scrittore e profugo Alexander Sacher -Masoch2. Personalità ricca, quella di Alexander Sacher-Masoch. Per metà ebreo e sposato con una ebrea, da Berlino, dove si è trasferito nel 1927 a seguito delle leggi razziali, è costretto a riparare a Vienna, dove conduce una vita fatta di stenti e patimenti. Un suo articolo riguardante il vero mandante dell’incendio del Reichstag gli procura il marchio di “alto tradimento” da parte dei nazisti scatenando la caccia per il suo arresto. Alexander riesce a nascondersi dalla Gestapo e di là, con un falso lasciapassare, raggiunge Belgrado e in seguito Korcula. Quì rincontra Milica. Lei è vedova, lui ha divorziato dalla moglie già ai tempi di Vienna e fra i due nasce un grande amore. Milica, che condivide con Alex la condizione di internata libera, va a vivere con lui in una torre diroccata che si narra sia stata la prigione di Marco Polo. In “Ulivi in fiamme”, Sacher- Masoch descrive Milica in modo magistrale, così come tratteggia in modo ammirevole sia il padre di Milica, Marco Leitner, strenuo difensore dei diritti umani e civili degli ebrei in Croazia, che l’amico fraterno Franz Theodor Csokor, il grande scrittore, anch’egli internato per motivi politici. Con l’8 settembre, l’avanzata dell’esercito tedesco e le notizie del trattamento che i tedeschi riservano agli ebrei costringono alla fuga. Sia per Csokor che per Milica e Alexander inizia il viaggio separato verso la salvezza. A Bari la coppia rincontra Csokor e dopo un periodo a Barletta dove possono lavorare e guadagnare qualcosa, i coniugi, tramite Csokor che garantisce per loro, possono sistemarsi lavorando per quasi un anno nel campo delle trasmissioni di Radio Bari indirizzate agli austriaci e agli iugoslavi. Al seguito di Csokor si trasferiranno a Roma nel 1945, dove continueranno l’attività radiofonica nel settore della propaganda bellica. Tornati a Vienna Milica e Alexander formalizzeranno le loro nozze separandosi, però, alcuni anni dopo. Alla morte del marito, nel 1972, Milica sarà la curatrice del lascito e direttrice della fondazione Sacher-Masoch per la promozione di giovani talenti letterari. Il contributo di Milica alla lotta di liberazione è stato sostanziale. “Anche con la letteratura si combatte l’oppressione”, scrive Pasquale Gallo. Haviva Reick (1914 - 1944) La prima figura femminile che Pasquale Gallo definisce “le combattenti” è Haviva Reick. Haviva, nome che in ebraico significa Beneamata, nasce nel 1914 nel villaggio slovacco di Nadabula. Figlia di un piccolo commerciante di cartoleria, data la difficile e precaria situazione familiare potè studiare grazie ai fratelli maggiori e una volta assunta in uno studio fotografico come segretaria ebbe la possibilità di guidare una motocicletta divenendo ben presto nota come “la motociclista”. Fra il 1930-31 entra a far parte del movimento giovanile sionista assumendo il nome ebraico di Haviva e questo la porta ad una nuova visione dei rapporti uomo donna. Inizia a imparare l’ebraico e diviene in breve la segretaria di Oskar Neuman, l’ideologo sionista più noto della Cecoslovacchia. Nel frattempo sposa Aron Martinovic, istruttore itinerante per la preparazione dei futuri emigranti in Palestina e diviene il braccio operativo delle partenze illegali degli ebrei, nonostante minacce e persecuzioni. Con il suo ricongiungersi in Palestina al marito, affronta il lavoro duro all’aperto al pari degli uomini, non tirandosi mai indietro di fronte alla fatica e al pericolo. L’esercito israeliano aveva frattanto deciso di accettare donne combattenti e nel giugno del 1942 la giovane è inserita nella Terza Compagnia per un lungo, durissimo periodo di addestramento militare. Al termine del suo addestramento nel 1943 sarà giudicata idonea per missioni pericolose in Europa e inquadrata nella Raf. Per la sua conoscenza delle lingue dei paesi occupati e del territorio Haviva è particolarmente qualificata per un corso di paracadutista durante il quale conoscerà altri membri del commando che verrà paracadutato in Slovacchia, dovranno favorire l’esodo dei civili ebrei e fornire aiuti alla Resistenza jugoslava, oltre che recuperare piloti e avieri alleati dispersi sul territorio. Il 26 agosto del ’44 la Reick e il suo partner Zvi volano in Italia atterrando a Bari. E Bari diviene un grosso punto di riferimento nella storia di Haviva come anche punto di riferimento non solo per i soldati ebrei ma per i componenti delle famiglie ebraiche baresi. I rifugiati ebrei a Bari sono fra i pochi riusciti a fuggire dai campi di concentramento e la Reick si adopera in tutti modi per aiutarli. Lei e la sua amica Surica sono infaticabili nel raccogliere cibo, coperte e vestiti per soccorrerli. Nel poco tempo libero Haviva e Zvi frequentano a Bari luoghi di interesse culturale e conoscono la città. A seguito della liberazione di una ampia zona slovacca per opera dei partigiani, a Zvi e Haviva si prospetta la possibilità di compiere la loro missione. Le attese della giovane vengono però deluse dal comando inglese che la esclude in quanto zona operativa troppo pericolosa per una donna. Ciò nonostante Haviva afferma con decisione la sua identità di combattente e, grazie ad un sotterfugio, il 17 settembre lascia l’aeroporto di Palese raggiungendo ugualmente Banskà Bystrica. Proprio nei luoghi natali si impegnerà per alcuni mesi nelle attività di soccorso e assistenza. Haviva è catturata dopo una fiera resistenza insieme con altri paracadutisti e verrà fucilata dai tedeschi nel 1944 a soli 30 anni. Il suo nome è fra quelli elencati nel sacrario militare di Mount Herzl a Gerusalemme, ricordata per il suo coraggio di combattente in prima linea contro il nazifascismo, in piena parità con gli uomini nelle operazioni di guerra. Hannah Senesh (1921 - 1944) Come scrive Pasquale Gallo: “ Una straordinaria sensibilità letteraria e una tempra di acciaio, il superamento alla dura vita del kibbutz, l’addestramento militare come agente del SOE, la cattura e la prigionia da parte delle SS, ne hanno fatto il vessillo della reazione ebraica alla Shoah e un simbolo della nuova nazione israeliana”. Hannah nasce a Budapest in una famiglia della classe media ebrea e, dopo l’annessione dell’Austria al III Reich nel 1938 e il crescente antisemitismo in Ungheria, scopre l’interesse per le sue radici culturali e religiose. Aderisce presto all’associazione sionista “Maccabea” e comincia a imparare l’ebraico, maturando il progetto di partire per la Palestina. Lo scoppio della guerra nel settembre del 1939 rende necessario il trasferimento in Palestina dove già nel 1942 è arruolata nel Palmach, il ramo scelto dall’Haganah per l’addestramento militare. Inizia in questo periodo anche la sua produzione poetica più intensa. Quando s’impone l’esigenza di inviare soccorsi ai correligionari sterminati dai nazisti, istituendo commando che vengono aviotrasportati nelle zone più martoriate, Hannah è selezionata con altri 110 volontari iniziando in Egitto l’addestramento per paracadutisti. Una scelta eroica che la porterà in Italia per iniziare la sua missione nell’amata Budapest. Giunge a Bari con altri tre commilitoni e delle poche ore trascorse nel capoluogo pugliese abbiamo una toccante testimonianza di un suo commilitone, Reuven Dafni: “Sentivo che una specie di scintilla divina doveva ardere nel profondo del suo essere […]. Non dimenticherò mai il modo in cui mi aiutò a superare la mia enorme tensione psicologica durante l’addestramento” Atterrata in Iugoslavia è aiutata dai partigiani titoisti ad attraversare il confine con l’Ungheria ed è in questo periodo che compone una delle sue poesie più intense “Beato il fiammifero consumato nell’accendere la fiamma…”. A Budapest è catturata ancor prima di iniziare la sua missione e anche se torturata e minacciata di morte non rivelerà nulla della missione né tradirà i compagni. Molte delle straordinarie poesie di Hannah Senesh durante la detenzione sono riportate nel libro di Pasquale Gallo a cui rimandiamo per conoscere questa donna giovane e impavida che, processata per tradimento, viene giustiziata il 7 novembre 1944 e diventa un simbolo del nuovo stato di Israele. Elisabeth Weiss (1923- 1945) / Ervin Furst (1921 – 1945) Elisabeth ed Ervin: “Due stelle di David nella polvere del tempo”, la struggente definizione di Pasquale Gallo, “due ragazzi coinvolti, loro malgrado, nelle persecuzioni razziali e nella lotta al nazifascismo”. Parecchi profughi ebrei, scampati alla deportazione nei campi di sterminio, alla fine del 1943 giungevano a Bari, e alcuni di loro lavoravano addirittura negli uffici per la propaganda bellica e la guerra psicologica, il P.W.B. Della vita di Elisabeth Weiss, prima della fuga in Italia non si sa nulla se non che con i genitori aveva trovato riparo a Milano, ma a seguito dell’entrata in guerra dell’Italia e delle leggi razziali non si hanno notizie certe fino al gennaio del 1941, se non che padre e figlia ricompaiono a Bari nell’estate del 1944. Notizie su Elisabeth provengono da una associazione di profughi costituitasi a Bari per opera di due esuli politici viennesi: Franz Theodor Csokor e Alexander Sacher- Masoch, i due grandi scrittori e ricche personalità di cui ha parlato ampiamente Pasquale Gallo nel già citato libro “Profughi austriaci nella Bari del 1944”. Proprio a Csokor si deve un necrologio di Elisabeth Weiss: “Fra le donne della sezione del F.A.M. (Free Austrian Movement) di Bari era la più vivace e la più allegra […] Salvatasi nell’ Italia liberata, imparò in breve tempo l’inglese, assumendo servizio presso gli Alleati. Prestando questo servizio è morta in una esplosione che ha annientato il suo posto di lavoro. Non è stata una morte in guerra, eppure lo è stata. Non si muore per la patria soltanto sul campo di battaglia. In quei giorni il fronte era dovunque. Anche al tavolo dove la giovane Elisabeth lavorava era il fronte, lì è caduta per il mondo di domani”. La morte di Elisabeth avviene in concomitanza con la tragedia dell’Henderson, il cargo americano carico di munizioni, che il 9 aprile del 1945 distrusse tutto il fronte del porto di Bari, edifici del borgo antico, causò danni al patrimonio artistico e centinaia di famiglie senza tetto. Le vittime accertate furono 317 i feriti più di 600. Elisabeth, la giovane eroina austriaca morta per la libertà a 22 anni, il cui corpo venne identificato, riposa nel cimitero ebraico di Bari e sarebbe stata dimenticata se Pasquale Gallo non la avesse fatta rivivere e tornare alla memoria con le altre protagoniste del suo libro. Accanto alla tomba di Elisabeth Weiss si trova la lapide di un altro giovane ebreo, Ervin Furst, caduto nelle stesse circostanze, ma per la sua storia rimandiamo al libro di Pasquale Gallo. Le protagoniste del libro, che sarebbero cadute per i più nell’oblio, tornano vive e indimenticabili con la loro giovinezza, la loro “normalità” che diventa eroismo per amore della libertà e rischiano o danno la vita per i loro ideali a testimoniare che l’eroismo o la fedeltà ai propri ideali non è questione di genere. Il libro di Pasquale Gallo merita un posto di piena evidenza nella biblioteca personale sì da poterlo rileggere e consultare, trovarvi conforto e speranza nella certezza che i valori che hanno animato queste giovani donne, continuano ad essere sempre attuali e vivi. Nota Biografica Pasquale Gallo già docente di Letteratura Tedesca presso il Dipartimento di Lettere Lingue Arti. Italianistica e culture comparate dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Si è occupato da principio di letteratura della Germania Est, dedicandosi successivamente alla letteratura tedesca del 1700 e la cura di saggi dedicati alla favola tedesca dell’Illuminismo. Per circa quindici anni ha rivolto l’attenzione alla letteratura tedesca dell’Interculturalità con vari contributi su autori stranieri che hanno scelto il tedesco come lingua letteraria. Attualmente sviluppa una ricerca sul tema della Shoah in Puglia tra il 1940 e il 1945 sulla quale ha pubblicato il volume Profughi austriaci nella Bari del 1944. Franz Theodor Csokor, Alexander Sacher-Masoch, Hermann Hakel tra poesia e propaganda. Bari: Edizioni dal sud 2017.

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