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Porto, sogni infranti o impossibili CORSIVI
15 maggio 2003

Sembrava che l'idea del Sindaco di varare la “Molfetta Porto” a cui affidare i 50 milioni di euro per la progettazione, realizzazione e gestione del porto che verrà, sarebbe stata realizzata nel giro di poche settimane. Invece la nuova società, se si farà, sarà ridimensionata, perché dovrà occuparsi solo della futura gestione dello scalo mercantile. Non si tratta di una marcia indietro, ma di una soluzione più realistica perché nell'idea originaria del sindaco mancavano proprio i presupposti giuridici. In pratica, il Comune delegato dalla Regione a spendere i finanziamenti, non può a sua volta delegare questi compiti ad una società terza. Quindi sarà direttamente il Comune ad occuparsi di approntare il bando per individuare l'istituto bancario su cui far transitare le tranche annuali di 2,5 milioni di euro e indire la gara d'appalto a livello europeo per la progettazione e l'affidamento delle opere. Insomma, invece di spararle grosse, sarebbe bastato chiedere lumi o ai parlamentari locali che dovrebbero avere notizie di prima mano sulla recente riforma del Diritto Societario, oppure ad un “vero” consulente. Ma torniamo al nostro Porto. E' indubbio che la realizzazione del nuovo molo mercantile renderà il porto più sicuro da Nord, oltre a produrre benefici ambientali con l'eliminazione del traffico pesante che attualmente soffoca la zona di San Domenico. Sotto il profilo economico esso apporterà nei prossimi anni un ulteriore valore logistico all'agglomerato industriale di Molfetta: una rete integrata tra realtà produttive e sistema di trasporto terrestre e marittimo. E' facile immaginare i punti di forza: scalo mercantile all'esterno della città direttamente collegato alle dorsale adriatica stradale e ferroviaria, l'aeroporto di Bari a due passi, siti industriali facilmente raggiungibili come quello di Molfetta, Bari e l'Asi tra Giovinazzo e Bitonto che sta movendo i primi assi. Tutti elementi che potrebbero far crescere la competitività del nostro territorio, intesa come capacità di attirare investimenti esterni qualificati, con tutto il know-now tecnologico, professionale e culturale che inevitabilmente contaminerebbe il tessuto produttivo locale e creerebbe nuova occupazione. Ma come un buon hardware senza un software adeguato resta solo un ammasso di componenti elettronici inutili o sott'utilizzati, così una buona situazione logistica rischia di dare modesti risultati allo sviluppo economico, se non si immaginano scelte politiche lungimiranti. In pratica si tratta di rispondere alla domanda centrale: il nuovo molo commerciale a quale tipologia di merce deve essere funzionale? Da quando sono stati annunciati i 54,6 milioni di euro, la fantasia ha immaginato un via vai di navi, movimenti di container, traghetti di linea con l'altra parte dell'Adriatico. Oltre questo provincialismo, come se Mofetta fosse il centro del mondo, la realtà della cose possibili è ben diversa. I molfettesi che hanno conosciuto i porti di mezzo mondo, sanno che un molo può essere attrezzato per una sola tipologia di merce. In caso di container ci vorrebbe un interporto ferroviario per la movimentazione, ma il recente Piano Regionale dei Trasporti ne individua uno a Bari e un altro a Cerignola. Inoltre è previsto la soppressione dello scalo merci ferroviario più vicino, cioè Bisceglie. Come pure sarà difficile realizzare un approdo di traghetti perché al Porto di Bari è stato attribuito in esclusiva segmento di mercato. Anche l'idea dello sbocco a mare dei siti industriali è di là da venire. Scartate le imprese artigianali, in quanto piccole e contoterziste, anche nell'Asi ad oggi non si prospettano insediamenti di aziende dalla capacità produttiva tale da richiedere l'utilizzo dello scalo marittimo. Qualche impresa potrebbe venire da fuori e sarebbe questa l'ipotesi di svolta per l'economia del territorio. Ma all'Asi si è creata una situazione analoga a quella verificatasi nella zona artigianale fino al '97: suoli assegnati sulla carta ma pochi insediamenti. Certo in caso di un'impresa importante una soluzione si potrebbe sempre trovare, magari utilizzando lo strumento dell'Accordo di Programma, con un'ulteriore variante al Prg. Bisogna dire che le imprese vanno dove i porti ci sono già, oppure gli insediamenti sono contestuali alle realizzazione delle opere. E per fare questo non bastano i desideri, occorre che ci credano anche gli altri attori come la Regione, l'Assindustria e Camera di Commercio. Pensare che l'attivismo personale di qualche amministratore locale più o meno autorevole sia sufficiente per un efficace marketing territoriale, è quanto meno presuntuoso. Francesco del Rosso
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