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Pagine di storia : Uno stupro nella masseria Casale S. Primo nel 1729
15 dicembre 2012

I recenti fatti di cronaca nera, specialmente quello dello stupro ai danni di diverse donne, hanno evidenziato come certi comportamenti animaleschi dell’uomo sono duri a morire. Riporto un episodio di stupro accaduto a Molfetta il 20 aprile 1729 e finito tragicamente con l’uccisione della ragazza e la decapitazione dello stupratore. Tale Liborio Pappagallo, operaio di campagna e salariato al servizio del nobile Nicolò Domenico Passari, la mattina di mercoledì dopo Pasqua il 20 aprile ingaggiò fuori la porta di S. Domenico una ragazza, tale Teresa Coppolecchia di 15 anni, per estirpare l’erba in un fondo attiguo alla masseria Casale S. Primo di proprietà del Passari, capitano del battaglione di stanza nel castello di Barletta. Per il lavoro fu pattuito il salario di cinque grana. La ragazza, figlia di Domenico Nicola e di Margherita Spagnoletta, era di bello aspetto, faccia bianca e rossina, di buoni costumi, timorosa di Dio e onorata, era vestita con una gonna di lana bianca scolorita, con busto ossia corpetto di tarantola turchina usato, moccaturo di tela bianca legato in testa (fazzoletto), scalza senza scarpe e senza calzette ai piedi ed in collo portava appeso un abitino del Carmine consistente in 2 pezzetti di saia in faccia del quale vi stava cucita una zaganella di seta bianca. Insieme percorsero la strada di Chiuso della Torre e giunti alla masseria l’operaio le indicò il luogo dove estirpare l’erba, mentre lui ritornò a Molfetta per la strada di Chiuso Vetrana. A Molfetta in mezzo al Borgo s’incontrò con Matteo de Pinto, massaro del Passari, e con alcuni buoi si dirisero alla masseria. Strada facendo incontrarono alcuni muratori che stavano costruendo delle arcate nella stessa masseria. Il massaro giunto alla masseria andò via a cavar dei tufi alla tufara in contrada Grotti, mentre l’operaio con la zappa si mise a lavorare in un altro fondo attiguo alla masseria e al luogo dove stava lavorando la Coppolecchia. Alle ore 18 (ore 13 attuali) Nicolò Domenico Passari giunse alla masseria vestito da cacciatore con schioppetta e borsa; salutato l’operaio si accertò della presenza della ragazza. Ad un certo momento l’operaio sentì delle grida e salito su un pariete vide il Passari che stava litigando con la ragazza. Lo stesso Passari chiamò poi l’operaio a mantenere ferma la ragazza in quanto voleva violentarla, ma quest’ultimo si rifiutò con ripugnanza. Costretto a obbedire sotto la minaccia della schioppetta, immobilizzò la ragazza che per la paura svenne. Nonostante svenuta il Passari la violentò. Subito dopo minacciando sempre l’operaio e con l’aiuto di questi con un laccio la stragolò. Insieme occultarono il cadavere nei pressi del pozzo nel cortile e ritornarono chi a continuare a zappare e chi nel giardino dove stavano i muratori; la sera ritornarono a Molfetta. La madre della ragazza non dette peso al fatto che la figlia non era ritornata, pensando che questa dopo il lavoro si fosse recata a trovare il padre in un suo fondo alle Fontane vicino al Mino, dove aveva detto che si intratteneva tutta la settimana. Ritornato la domenica 24 aprile a casa, il padre disse che della figlia non sapeva nulla per cui incominciò a domandare in giro chi era la persona che l’aveva ingaggiata la mattina del 20. Risultate vane le ricerche, fecero denunzia alla Corte di Molfetta che dopo indagini individuò l’operaio che messo alle strette, confessò l’omicidio. Dopo l’arresto dell’operaio, il Passari tolse il cadavere dal pozzo e lo trasportò dentro una casella in un altro fondo privato distante circa 2 miglia dalla masseria. Per non essere arrestato si rifugiò nella chiesa di S. Domenico alla strada S. Girolamo nella città antica. Il 14 giugno casualmente fu scoperto il cadavere della Coppolecchia che, deposto in una bara, fu trasportato fuori la porta a S. Domenico a disposizione della Corte. Il 19 giugno fu sepolta nella chiesa di S. Maria del Pianto o della Morte. Nicolò Domenico Passari di Filiberto e di Francesca Claps era nato il 7-11-1702, Ultimo rampollo della famiglia nobile dei Passari era conosciuto come uomo di malavita, infatti, quattro anni prima dell’omicidio, era stato in carcere a Napoli e a Trani per lo stupro e la gravidanza di due sorelle, tali Giovanna e Francesca Lisena. Fu processato e condannato a morte mediante decapitazione. L’esecuzione, esemplare per quei tempi, fu eseguita ai primi di luglio del 1730 a Molfetta nei pressi della Piscina Nuova (Piazza V. Emanuele II).

Autore: Corrado Pappagallo
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