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Omicidio Bufi: chiusa l'inchiesta 4 indagati, anche un ufficiale dei carabinieri
27 gennaio 2003

MOLFETTA – 27.1.2003 Dopo 11 anni si è chiusa l'inchiesta sull'omicidio di Annamaria Bufi (nella foto), la ragazza di 22 anni, uccisa il 4 febbraio 1992 e poi abbandonata sulla strada statale 16 bis verso Bisceglie. Questa volta, però, non è stata chiesta l'archiviazione (il caso è stato riaperto dopo due archiviazioni precedenti), ma è stato inviato l'avviso di garanzia a 4 persone. Ad essere indagati sono: Marino Domenico Bindi, 55 anni, ex insegnante di educazione fisica, amante della ragazza e indiziato numero uno dell'omicidio (Bindi è stato anche in carcere e poi liberato); la sua ex moglie Emilia Toni e il suo amico Onofrio Scardigno, per entrambi l'accusa è di favoreggiamento: avrebbero aiutato il Bindi e anche un ufficiale dei carabinieri, il col. Michele Pagliari, all'epoca dei fatti comandante della Compagnia di Molfetta, indagato per falso. Secondo il sostituto procuratore della Repubblica, Francesco Bretone, che ha condotto le indagini, ci sarebbero state anche delle omissioni da parte dei carabinieri. Ora il Pm dovrebbe presentare al Gip la richiesta di rinvio a giudizio degli indagati di una vicenda dai contorni ancora oscuri e che si fa sempre più complessa. Non dimentichiamo che le Procure di Potenza e di Lecce stanno indagando su eventuali responsabilità di altri inquirenti. La vicenda è rimbalzata anche sulle pagine dei giornali nazionali (il settimanale “Panorama”, ne sta dando ampio risalto). Ricordiamo brevemente la vicenda: il corpo di Annamaria viene ritrovato sul selciato della SS 16 bis, in corrispondenza dell'uscita per la zona artigianale. L'hanno ammazzata “sei colpi alla testa inferti con grande forza”. Partono le indagini. Si scopre che la ragazza da otto anni aveva una relazione con Marino Domenico Bindi, insegnante di educazione fisica, di oltre vent'anni più grande di lei. Bindi viene interrogato il giorno dopo, fornisce un alibi per la sera precedente. Numerose le piste percorse dagli inquirenti: nessuna però porterà al colpevole. Il 18 ottobre del 1992 l'inchiesta viene archiviata. Passano quattro anni, lunghissimi per i familiari: Annamaria è stata uccisa perché? e da chi? Si brancola nel buio, ma un dato è certo: l'assassino esiste, ha colpito lui Annamaria, ha ferito lui per 24 volte il suo corpo. Nel 1996 si riaprono le indagini: l'avvocato che assiste la famiglia della ragazza, Giuseppe Maralfa, centra il primo risultato. Bindi è per la prima volta un “indagato”. Il 16 settembre del 1997 è la data fissata per il suo interrogatorio. Mancato. Sì, perché il difensore di Domenico Marino Bindi, l'avv. Leonardo Iannone, esibisce un certificato medico: l'indiziato non può presentarsi perché affetto da una grave sindrome depressiva. Il 18 settembre per la seconda volta vengono archiviate le indagini. Il resto è storia. Due anni fa i faldoni dell'omicidio Bufi si riaprono ancora. Il 13 ottobre 2001 il Pm Francesco Bretone ottiene dal gip Michele Nardi l'ordine di arresto a carico di Bindi. Dopo un mese l'indagato numero uno viene però scarcerato: il tribunale del riesame riduce i termini della custodia cautelare. Intanto Francesco Bufi, il padre di Annamaria, scrive alla procura, al comando generale dei carabinieri, al ministro della Giustizia, al presidente della Repubblica. A gennaio del 2002 la procura di Potenza apre un'inchiesta a carico degli inquirenti che per primi si occuparono del caso Bufi. Ad aprile la Cassazione rigetta il ricorso di Bindi, contro l'ordinanza del tribunale della libertà che aveva confermato gli indizi di colpevolezza a suo carico. La conclusione dell'inchiesta è una vittoria per la difesa della famiglia Bufi, l'avv. Giuseppe Maralfa, che ha fatto riaprire un caso che sembrava definitivamente archiviato senza colpevoli. Ma dalle ultime notizie sembra che la vicenda sia destinata ad arricchirsi di nuovi e clamorosi colpi di scena.
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