Niki e il fantasma del pirata Barbagrigia
Una deliziosa raccolta di racconti, ideati dall'indomabile fantasia del giovanissimo Niki Iurilli e trascritti fedelmente da sua zia, la pittrice Maria Carabellese… Un affascinante miscuglio di fantasie horror e romantiche incursioni nello scrigno di una memoria familiare mantenuta in vita dall'amore: questi sono i principali ingredienti di “Niki e il fantasma del Pirata Barbagrigia”, presentato con estrema lucidità, presso la Libreria “Il Ghigno”, da Donato Altomare, scrittore che anche recentemente ha dato lustro alla nostra città conseguendo il prestigiosissimo 'Premio Urania' con il romanzo “Il dono di Sven”. A impreziosire la serata ancora la presenza di Felice Altomare, pienamente a suo agio nei panni del simpatico Pirata Barbagrigia. Segnaliamo come il volume rechi anche una presentazione curata da una scrittrice del calibro di Elena Bono e sia stato illustrato da Elisa Mantoni. Le storie di Niki e zia Marisa, godibilissime non solo per un pubblico di giovanissimi, coniugano estrosa originalità e preziosa semplicità di stile. Le connota, a nostro parere, quell'eleganza inconfondibile che caratterizza i fiori di campo. Come ha evidenziato anche Donato Altomare, il meraviglioso che permea le favole di Niki affonda le proprie radici nella quotidianità. Non c'è così da stupirsi, se un oscuro passaggio mette in comunicazione i sotterranei della scuola che i protagonisti frequentano con un inquietante “Scoglio del Teschio” o un'innocua soffitta s'apre improvvisamente sulla “Chiesa della campana misteriosa”. Una curiosità innata induce Niki, i suoi amici e, non ultima, l'irresistibile sorellina Liliana-Iaia a esplorare continuamente l'ignoto che irrompe nel noto e ne scompagina l'assetto. Curiosità supportata dalla consapevolezza di poter contare sull'ausilio di aiutanti inossidabili, come il gioviale, a tratti malinconico, Pirata Barbagrigia o Nonno Peppino, bisnonno dei protagonisti. Alla sua figura appare strettamente legata la valenza terapeutica, assolutamente positiva, della musica (altro aspetto messo in rilievo da Altomare). Spetta al bisnonno l'atto di elargire una sorta di panacea, il poeticissimo “miele dei santi”, che, in uno sfavillio di luce, riesce a dirimere anche i peggiori garbugli. Nonno Peppino e il Pirata rappresentano i puntelli di un mondo rassicurante, dove è possibile senza tanti patemi affrontare a viso aperto le paure incarnate da un inquietante babau, l'Uomo-Caprone, (sorta di Belzebù: è l'anima nera che si cela nelle nostre smorfie di pietra?), o da una mefistofelica Strega delle Tenebre, la cui presenza è costantemente annunciata da una risata stridula. Le loro insidie ai danni dei giovanissimi protagonisti si risolvono al più in colossali spaventi o in fastidiosi gavettoni. Niki non rinuncia ad umanizzarne i tratti, come quando ci racconta i retroscena della vicenda di Tecla (la terribile Strega), risalendo alle motivazioni più profonde del crudele accanimento della megera contro Barbagrigia e la sua amata Elèna. E così, tra improbabili epidemie di varicella “a bolle blu” che solo una canzonetta scanzonata (sarà mica quella di Mina?) potrà debellare, palazzi dalle cento finestre, languide piraterie e cavalli innamorati di fantasmi di cavalle, la gioiosa vitalità dell'infanzia, come il miele dei santi, lenisce le nostre melanconie e ci insegna a condire “con impegno e con amore” la vita di ogni istante.
Autore: Gianni Antonio Palumbo