Moby Prince 140 vittime, di cui 4 molfettesi, nessun colpevole: riaperte le indagini, ripartono i misteri
Moby Prince, 140 vittime, nessun colpevole, il famoso striscione esposto dai tifosi del Livorno durante una gara allo stadio Armando Picchi, esprimeva l'indignazione per una giustizia e verità negata. Sono passati 16 anni e 8 mesi, due processi senza colpevoli, ma quella tragedia, come se non volesse cadere nell'oblio, continua a fra parlare di sè. Tra le vittime i marittimi molfettesi Giovanni Abbattista (46 anni), Natale Amato (53), Giuseppe de Gennaro (29), Nicola Salvemini (36). Nelle motivazioni delle sentenze si parla di “avventata fi ducia nella guida a vista, non confortata neppure da una pur saltuaria verifi ca al radar, invalidata da sostanziale negligenza e disattenzione”. La tragedia è quindi uffi cialmente ascritta alla distrazione che sarebbe regnata a bordo del traghetto. Si parlò a lungo del fatto che il personale di bordo sarebbe stato distolto dalle sue mansioni da un'importante partita di calcio in tv, la semifi - nale della Coppa delle Coppe che vedeva impegnata la Juventus. Tali motivazioni non sono state mai accettate sia dai familiari delle vittime, ma anche dalla marineria livornese, per le voci che circolarono nei giorni seguenti la tragedia negli ambienti portuali. I movimenti in un porto importante e traffi cato come quello di Livorno, diffi cilmente possono passare inosservati, per le tante persone che lavorano anche di notte. Inoltre, chi lavora in mare sa che l'entrata e l'uscita da un porto sono i momenti più critici dove l'attenzione è massima e minuziosa, e nessun marittimo potrà mai digerire le motivazione di superfi cialità e disattenzione. Ancora una volta a tenere viva l'attenzione sono stati alcuni giornalisti che credono ancora nelle inchieste meticolose e che non si accontentano solo delle verità uffi ciali. Famosa la trasmissione di Giovanni Minoli “La storia siamo noi”, che consigliamo di rivedere su internet, il libro-inchiestea del giornalista milanese Enrico Fedrighini, “Moby Prince, un caso ancora aperto” (ed. Paoline), ed ora il settimanale online “Panorama.it”. ULTIMI SVILUPPI Una parte della ricostruzione di quella drammatica notte del 10 aprile 1991 si arricchisce di nuovi particolari che Panorama.it ha rivelato con la testimonianza di un teste ascoltato dalla Procura, particolari che sollevano dubbi sulla versione uffi ciale e su cosa sia successo prima, durante e dopo la tragedia. Secondo questa fonte, quando, dopo due ore circa dalla collisione con la petroliera Agip Abruzzo, i soccorsi si avvicinarono al traghetto in fi amme alla deriva, c'era già una pilotina nera di circa sette metri, con motore spento e tre persone a bordo che osservavano lo scafo mentre bruciava. Quando i primi soccorritori (una imbarcazione degli ormeggiatori del porto, un rimorchiatore e una motovedetta della Guardia di Finanza), si avvicinarono al traghetto e videro la pilotina, tentarono di parlare con gli occupanti per sapere se avessero visto superstiti, questi accesero i motori e senza parlare, prima si avvicinarono al Moby e poi sparirono nel buio. Che faceva la pilotina nera, vicino al Moby Prince? Da dove era arrivava? Chi erano i tre uomini a bordo: civili o militari, italiani o stranieri? Domande che alimentano i sospetti che su maledetta notte non è mai stata scritta la verità. LA TESTIMONIANZA CHE FA RIAPRIRE L'INCHIESTA Questa testimonianza ha spinto la Procura a riascoltare testimoni di quella sera, militari e civili e sentire l'allora presidente del Consiglio, Giulio Andreotti. Pare che gli inquirenti abbiano chiesto al senatore quali fossero a quel tempo i rapporti con gli Usa, il ruolo di Camp Darby e se vi fosse stata una movimentazione di armi oltre quella uffi ciale di cui il Governo italiano era a conoscenza. Al breve incontro avuto con il magistrato livornese, il senatore Andreotti ha fatto seguire una dichiarazione scritta in cui descrive i fatti di cui fu informato e che, a distanza di tanti anni, è in grado di ricordare. Un documento che si unisce alle prime relazioni sulla tragedia stilate dal Sisde, che il pm Giaconi aveva in parte già acquisito lo scorso 23 marzo a Roma, a cui molto presto si aggiungeranno i risultati delle nuove perizie disposte dalla Procura della Repubblica di Livorno. A questi fatti nuovi, s'inserisce l'inquietante e oscuro episodio, cui è stato vittima un consulente tecnico dell'avvocato Carlo Palermo, (ex magistrato scampato ad un attentato della mafi a) difensore di alcune vittime della tragedia, che dopo aver raccolto nuovi elementi ha indotto gli inquirenti a riaprire le indagini sul caso “Moby Prince”. L'uomo, 39 anni, livornese, ex paracadutista, doveva incontrare in un albergo di Pisa l'avvocato Palermo, è stato aggredito e drogato nella notte tra venerdì 16 e sabato 17 novembre, in una zona isolata di Marina di Pisa. Il tecnico ha raccontato di quattro aggressori con passamontagna che dopo averlo stordito, hanno dato fuoco all'auto mentre lui si trovava svenuto all'interno e, per fortuna, riuscì a rinvenire in tempo per allontanarsi dall'abitacolo. Successivamente il consulente aveva constatato la sparizione di alcuni documenti che portava con sè. “Sono segnali preoccupanti, - ha commentato l'avvocato Palermo - che da una parte fanno pensare che ci sia chi vuol rallentare le indagini, dall'altra ci fanno capire che siamo nella direzione giusta. Qualche giorno fa sono uscite sulla stampa le rivelazioni di un nuovo testimone, poi questa aggressione. Due episodi che vanno in una direzione chiara: non posso non registrare che qualcuno o qualcosa si è mosso”. Riguardo al ruolo dell'aggredito, Palermo ha spiegato: “Non posso dire niente, stavo ancora verifi cando l'attendibilità di quanto stavo raccogliendo. Nel caso, avrei trasmesso il tutto all'autorità giudiziaria”. Insomma, come ogni tragedia “Made in Italy”, non sono mancati misteri, buchi neri, inquietanti voci, mezze verità, sussurrate prima e ritrattate poi, che hanno alimentato ipotesi, per alcuni inquietanti per altri fantasiose, che però non hanno mai avuto alcun riscontro processuale. Per l'alone di mistero che continua ad avvolgere la tragedia del Moby Prince, da molti essa è stata accostata alla Strage di Ustica. I familiari delle vittime del Moby Prince si sono costituiti in associazione, e non cessano da allora di reclamare che sia fatta luce e giustizia su questo terribile avvenimento. Il relitto del Moby Prince, completamente arso ma ancora galleggiante, è rimasto per anni sotto sequestro nel porto di Livorno. Dissequestrato, è stato avviato allo smantellamento in un porto della Tunisia, dove è però affondato nel 1999. Alle vittime della tragedia del Moby Prince, il Comune di Livorno ha voluto intitolare una piazza cittadina. Anche se il Comune di Molfetta ogni hanno è stato sempre presente con il suo gonfalone alla commemorazione delle vittime, non ha mai preso in considerazione una nostra proposta lanciata da noi qualche anno fa: intitolare una piazzetta o una stradina alle vittime della tragedia. Forse perché i quattro marittimi erano semplici lavoratori, dei fi gli del popolo, senza titoli accademici? Per saperne di più, digitate Moby Prince sui motori di ricerca e troverete i seguenti link: Associazione 10 Aprile – Familiari delle vittime del Moby Prince Livorno, il porto delle strane nebbie da L'Europeo 2006 Lo spettro Moby Prince Moby Prince, ovvero una Ustica del Mare, da Carta Online La tragedia del Moby Prince Senato della Repubblica: Proposta di una commissione di inchiesta sul disastro del Moby Prince La storia del Moby Prince da una pagina in inglese dedicata alle navi della Moby Lines Bibliografi a completa sul disastro della Moby Prince Alcuni stralci del processo Foto relitto Moby Prince Attempted Murder of Consultant to Carlo Palermo.
Autore: Francesco Del Rosso