Maria Addamiano della donna... il canto
Pregevole e ricca di suggestioni la personale di Maria Addamiano “Della donna... il canto”, allestita a Terlizzi, presso la Galleria Adsum (Palazzo della Meridiana). L’artista, nell’ambito della manifestazione, ha anche presentato, in una serata di poesia e musica (con l’intervento di Fedele Depalma al mandolino e di Simona Armenise alla chitarra), le proprie liriche, tra cui ricordiamo “Presenza”, vincitrice della sezione di “poesia inedita” del 30° Premio Internazionale di Poesia “Sicilia 2009”. A tenere a battesimo la mostra Luigi Dello Russo, che ha defi nito l’esposizione in questione quale compiuto esempio di “Riciclart-Rivivart”, consistente “nel riciclare e far rivivere materiali di risulta a fi ni artistici”. Cartapesta (“il macerato drammatico di Maria Addamiano”) e terracotta concorrono a tratteggiare un delicato percorso nelle pieghe della femminilità. In una fruttifera simbiosi di arti fi gurative e scrittura letteraria, alcune tematiche rivivono nella plasticità delle sculture come in quella delle immagini liriche. È il caso della pietas dell’artista nei confronti delle ragazze giunte da terre straniere in cerca di una fortuna che raramente sorriderà loro; il più delle volte, infatti, divenute preda di individui senza scrupoli, esse fi niranno col trasformarsi in “fi ori di strada”, senza possibilità alcuna di redenzione. Così, ecco nascere l’icona soff erente di una fanciulla affi orante dalle acque; i suoi lunghi capelli si fondono col fl utto, che le ha rapito le vesti, lasciandole indosso esclusivamente i pensieri-ombra e le incertezze in merito a un futuro oscuro. Al femminino in viaggio, non di rado verso approdi deludenti, si affi ancano le fi gurazioni di giovani spose, o di donne che alimentano nel grembo, prezioso scrigno da accarezzare teneramente, il dono della maternità. Allora gli sguardi puntano, come in estatica contemplazione, all’infi nito e le fi - gure, non più rannicchiate su se stesse a cercare protezione, si aprono al mondo. Per Maria è come se in ogni donna che stringe dolce e protettiva il proprio fi glio rivivesse il mistero dell’incarnazione del Cristo nel grembo della Vergine. Così, in tutte le creature femminili che sbozza, aleggia un che di sacrale, quasi spirasse in esse un frammento del divino. È nella ieratica dimensione della materna compiutezza come nel maladjustement di ogni femminilità violata che rivivono il canto di grazia della Madonna e il silenzio straziante della mater dolorosa presso la Croce. Le donne dell’Addamiano sono creature che si abbandonano confi denti all’abbraccio della danza o magari dolenti presenze angeliche, le quali sorreggono il Cristo, come ogni uomo, nell’ultima ora. Una delle creazioni più delicate ci appare la raffi gurazione del Pudore, che pare nascere come Venere da un “nicchio”, ma senza corteggi di Ore ad accoglierne l’epifania... Vergognosa della propria nudità, quest’icona femminile si avvolge su di sé e china lo sguardo, forse per sottrarsi alle occhiate furtive. Non sa che il miracolo della grazia rifulge ancor più, quand’è congiunto a un timido rossore.
Autore: Gianni Antonio Palumbo