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Manca il numero legale e salta la riunione della commissione di garanzia del Pd che doveva valutare la richiesta di espulsione dei consiglieri di Molfetta Il rinvio alla prossima settimana appare sospetto e denota la reale volontà di affossare la coalizione di centrosinistra che governava la città
19 maggio 2016

MOLFETTA – Ieri è stata convocata la commissione di garanzia del Pd per valutare la richiesta di espulsione dal partito avanzata dall’assemblea di Molfetta nei confronti dei consiglieri comunali “traditori” Annalisa Altomare, Roberto La Grasta, Sergio De Pinto e Lia De Ceglia.

La seduta è stata subito sciolta per mancanza del numero legale, con un rinvio alla prossima settimana, guarda caso quando le dimissioni del sindaco di Molfetta Paola Natalicchio saranno definitive. Un film ampiamente previsto.

Certamente queste assenze appaiono sospette e confermano la mancanza di volontà del partito a livello provinciale (Ubaldo Pagano) e regionale (Michele Emiliano) di salvare l’amministrazione di centrosinistra. L’obiettivo era quello di abbattere il sindaco e quindi la propria amministrazione della quale il partito è maggioranza relativa. Insomma, pur di far cadere il sindaco, non si è esitato a sacrificare la città e consegnarla ad un anno di commissariamento. Un atteggiamento che oggi appare ampiamente ipocrita e un suicidio politico, perché l'esplusione dei 4 consiglieri, poteva, forse, essere l'unica carta per convincere il sindaco a ritirare le dimissioni. Ma questa carta non si è voluta giocare.
In pratica, tutta una sceneggiata, perché se veramente si voleva salvare il centrosinistra, sarebbe bastato insistere per la partecipazione di tutti i componenti la commissione di garanzia, ma la furbata di convocare la riunione un giorno prima della scadenza del termine utile per far ritirate le dimissioni e registrare la mancanza del numero legale, la dice lunga sulla responsabilità di questa crisi politico-amministrativa che è tutta del Pd, come lo stesso sindaco Natalicchio ha sostenuto nell’intervista esclusiva pubblicata sulla rivista mensile “Quindici” in edicola in questi giorni.

C’è da dire che la Natalicchio non è caduta nella trappola, avendo rilevato un’assenza di volontà reale di recuperare la coalizione, da parte di più forze del centrosinistra, che si sono limitate a deboli richieste di ritiro delle dimissioni. Del resto gli incontri che stanno avvenendo in questi giorni in alcuni bar cittadini fra coloro che vengono ormai definiti “traditori” del Pd e altri esponenti del centrodestra (o ex centrodestra trasformista, come potrebbe essere definito quel pasticcio politico che è il gruppo Tammacco, con la scarsa credibilità politica che ne consegue) e registi occulti di questa crisi, non lasciano ombra di dubbio che la scelta della Natalicchio sia stata quella giusta per evitare i ricatti dei consiglieri del Pd o del tredicesimo che volta per volta poteva avanzare pretese a prezzo del proprio voto in consiglio.

Domani scade il termine per il ritiro delle dimissioni, che non avverrà e poi il prefetto nominerà il commissario che dovrà gestire la città per oltre un anno: una responsabilità della quale il Pd dovrà rispondere davanti alla città e il silenzio del suo segretario Piero de Nicolo, appare emblematico del fallimento (voluto, ndr) del suo ruolo di mediazione, che in realtà non c’è mai stato, perché pronto a veleggiare verso altri lidi, come gli ultimi avvenimenti confermano.

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