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Ma che c'entra Kyoto con il vino!!! C'entra, c'entra!  
15 marzo 2007

Noi italiani, in particolare quelli che vivono, in regioni tradizionalmente produttrici di vino pensiamo che “fare il vino” sia la cosa più naturale di questo mondo. Poi magari ci riesce male, magari non lo facciamo direttamente, ma chi di noi non conosce almeno qualcuno che lo fa, dal contadino al professionista chiunque possegga qualche vigna. Sto parlando di bottiglie riempite nei garage, nei sottoscala, seguendo come vuole la tradizione le fasi lunari, conservati nelle damigiane o peggio ancora nelle bottiglie di plastica prima usate per l'acqua. Ci dimentichiamo però del resto del mondo di quelle nazioni in cui la produzione di alcol a livello casalingo è assolutamente vietato o quei posti dove per ragioni climatiche “fare vino” è assolutamente impossibile. Associate il vino ad una nazione. Cosa vi verrà: Italia, Francia, Spagna, Grecia ecc. Non lo assoceremmo sicuramente alla Svezia. Eppure… grazie al riscaldamento globale la produzione di vino sta diventando possibile anche in quei Paesi che sino a qualche anno fa non sarebbero riusciti a far maturare un grappolo di uva, neanche pregando in ginocchio. Così oggi abbiamo vini della Gran Bretagna, della Svezia e persino della Danimarca, per ora piccolissime produzioni ma che grazie al particolare clima si prevede aumentino nei prossimi anni. Così come, invece, il Brunello di Montalcino, il Chianti Classico e il Nobile di Montepulciano, potrebbero diventare dei vini “estinti”, dato che le condizioni climatiche che oggi caratterizzano quelle zone di produzione non sussisteranno più, a quella latitudine, ma si sposteranno decisamente più a nord. Se è vero per i vini Toscani figuriamoci per quelli pugliesi, Nero di Troia, Primitivo, Negroamaro: addio!!! Questo è lo scenario apocalittico ipotizzato dallo studio: “Effetto della variabilità meteoclimatica sulla qualità dei vini”, realizzato nel 2006 dall'Università di Firenze. Il progressivo aumento dell'effetto serra, provocherà gravi anomalie climatiche, facendo crescere, entro il 2100, la temperatura della terra da 1,8 a 4 gradi centigradi, sulla fine del secolo precedente. Fra le molte conseguenze del global warming, anche il cambiamento della geografia enologica mondiale, con un progressivo innalzamento della latitudine ideale per la pratica della viticoltura. Una tendenza verso un aumento delle temperature che, nell'ultimo secolo, ha interessato, naturalmente, anche il nostro Paese, con un aumento termico dell'ordine di 1,2 gradi centigradi (secondo la rilevazione del gruppo di Climatologia storica dell'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima (Isac) del Cnr di Bologna. Il fenomeno ovviamente è globale e non riguarda solo l'Europa. Secondo la rivista New Scientist, i risultati della ricerca sono stati pubblicati qualche mese fa, fra meno di cento anni sarà impossibile produrre vino in California, perché questa regione sarà eccessivamente calda e avviata alla desertificazione. Per qualcuno, egoista (magari anche scemo) e non particolarmente amante del vino californiano, questa potrebbe anche essere una buona notizia, ma a livello ambientale è chiaramente una vera catastrofe. Chissà che magari il pensiero del vino non faccia cambiare idea a qualcuno riguardo al protocollo di Kyoto… come si dice: “quello che non fa l'acqua lo fa il vino”.
Autore: Pasquale Porcelli
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