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Le ragioni del reddito per la dignità della persona. Giacomo Pisani parla del suo libro Intervista al giornalista e filosofo redattore di "Quindici", che ha appena dato alle stampe il suo ultimo lavoro
23 maggio 2014

MOLFETTA - Liberare l'individuo dalle avvilenti spire della povertà, riconoscere la dignità della persona al di fuori dal mercato e costruire uno strumento di emancipazione degli individui, ponendoli nella condizione di poter decidere e progettare la propria esistenza. E' questo il reddito di esistenza formulato da Giacomo Pisani (foto), 25 anni, giornalista pubblicista, storico redattore di Quindici e dottorando di ricerca presso l'Università di Torino, nella sua ultima fatica data da poco alle stampe “Le ragioni del reddito di esistenza universale” (Ombre corte editore, pp93, 10 €).

Il volume verrà presentato a Molfetta  il 31 maggio alle 18.30 in Piazza delle Erbe, in occasione di un incontro del volume organizzato dal Comitato di quartiere Catacombe, a cui parteciperanno tre importanti docenti: Giso Amendola, Luigi Pannarale e Franco Chiarello. Intanto Giacomo, ha deciso di anticiparci qualcosa e di fare un po' di chiarezza su presupposi, contenuti e finalità del reddito di esistenza universale.

Per prima cosa: perché un reddito di base o di cittadinanza? Possiamo considerarlo un semplice ammortizzatore sociale? O qualcosa di più?

«Il reddito di esistenza non è semplicemente un ammortizzatore sociale, teso a tenere a bada la marginalità e ad integrarla socialmente. Il reddito di esistenza, nella mia formulazione, è un reddito universale e incondizionato, a cui tutti hanno diritto, teso a riconoscere la dignità della persona al di fuori delle leggi del mercato. Esso, assicurando la sopravvivenza della persona al di là del suo lavoro o della sua posizione sociale, è uno strumento che favorisce l’autonomia e la libertà della persona all’interno della società».

Nel tuo pamphlet il reddito di base appare collegato alla proprietà privata, configurandosi come una sorta di risarcimento. Puoi spiegarcelo meglio?

«Il diritto moderno è un diritto di matrice proprietaria, le cui categorie paradigmatiche sono il pubblico e il privato, entrambe caratterizzate da un accentramento verticistico del potere. Secondo i post-operaisti dobbiamo mettere in questione il diritto proprietario di matrice fordista, in quanto la produzione oggi non è più connessa con la mansione contrattuale determinata dal capitale, come è stato nella modernità. Oggi la produttività si è smaterializzata e si è diffusa alla vita tutta intera, e il capitale la sussume appropriandosi a posteriori del valore sociale prodotto. Per questo è necessario che anche la produzione immateriale legata alle capacità cognitive e relazionali che sviluppiamo al di fuori del lavoro tradizionalmente inteso siano retribuite. Io ho alcune perplessità su questa lettura e penso che il capitale sia ancora determinante rispetto alle forme di vita, di relazione e di produzione. Per questo, credo che il reddito sia più uno strumento di intensificazione del conflitto, che il risarcimento rispetto ad una qualche produttività a-specifica nel mercato».

Quello del reddito di cittadinanza è un tema che gode ormai di una dimensione internazionale. Eppure molti continuano a sostenere che i diritti sociali debbano avere una base lavorista...

«Il welfare classico ha una impostazione fortemente lavorista. Il soggetto di riferimento è il cittadino lavoratore padre di famiglia. Il problema è che il lavoratore garantito non è più il soggetto paradigmatico in Italia come in gran parte d’Europa.  E’ necessario allora un modello di welfare che sia adeguato ai bisogni del nostro tempo. Il reddito di esistenza mira a decostruire il mercato come modello assoluto di definizione della realtà. Se persino la sopravvivenza è ascritta ad esso, nessuna rimodulazione è possibile. La dimensione transnazionale in cui si inserisce il reddito deriva dal fatto che esso pone con forza la necessità della costituzione di una sovranità politica in grado di porsi a regolazione dei processi economici che investono l’Europa. La creazione, da questo punto di vista, di un soggetto politico, va di pari passo con l’elaborazione sul reddito e sul recupero della sovranità».

Comunque sia è un argomento ormai a pieno titolo entrato nel dibattito politico in diversi paesi europei. In Italia il Movimento Cinque Stelle, Rifondazione Comunista e Sel ne parlano da tempo ma la sensazione è che si sia molta confusione: nessuna differenza tra reddito di cittadinanza e reddito minimo garantito. Tu che idea ti sei fatto delle proposte dei partiti?

«Nel dibattito politico si parla quasi sempre, in Italia, di reddito condizionato, legato all’inclusione lavorativa e diretto ai disoccupati. Eppure l’elaborazione sul reddito universale sta diventando uno dei temi caldi del dibattito all’interno della teoria politica e della teoria del diritto a livello mondiale. Forse perché il reddito condizionato è presente da tempo in tutta Europa tranne che in Italia e in Grecia.

Credo che il carattere incondizionato del reddito sia importante per i motivi di cui abbiamo parlato. Quanto alla sua universalità, può invece essere vista come obiettivo limite, facendo leva invece su una processualità che va di pari passo con un processo di recupero della sovranità, attraverso la creazione di un soggetto politico di conflitto che strappi spazi di elaborazione e di progettazione della realtà al mercato».

Nel tuo saggio il reddito di base viene individuato come una sorta di grimaldello con il quale scardinare alcune categorie della moderna teoria sociale del diritto. In che senso?

«Parlare di reddito Ci costringe a discutere alcune categorie centrali nella teoria del diritto in tutta la modernità: il rapporto fra reddito e lavoro, il modello di produzione, la sovranità politica, i diritti fondamentali, la cittadinanza ecc. Sono temi di cui avremo occasione di parlare a Molfetta il 31 Maggio alle 18.30 in Piazza delle Erbe, in occasione della presentazione del volume organizzata dal Comitato di quartiere Catacombe, a cui parteciperanno tre importanti docenti: Giso Amendola, Luigi Pannarale e Franco Chiarello. Certamente il reddito, strappando la sopravvivenza al mercato, si inserisce all’interno di una dialettica del riconoscimento di alcuni diritti alla persona in quanto tale, in base ai suoi bisogni e desideri, indipendentemente dalla posizione sociale che occupa. Il riconoscimento dei bisogni alla base dei diritti, con la conseguente costruzione di uno spazio “comune”, fatto di beni e servizi non ascrivibili al mercato e rimessi alla condivisione e alla relazione, è anche alla base della costruzione di nuovi spazi di socialità e di nuovi significati condivisi. Questi mettono capo alla creazione di un’idea di comunità inedita, a partire dalle macerie della postmodernità. Al contempo, il rapporto tra diritto e rapporti sociali è invertito, perché questi ultimi , con i bisogni che li innervano, divengono il fondamento del riconoscimento giuridico e il motore della storia di una comunità. Di quella comunità che sabato 31, in una piazza tagliata fuori da troppo tempo dagli eventi cittadini, potrà ritrovare spazi di confronto e di condivisione, per la costruzione di un terreno in cui dare spazio alla vita-in-comune».

 

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Onofrio Bellifemine

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Un miliardo di anni fa, in una foresta dello Zaire, un certo Go Rilla, individuo carico di anni e di saggezza sentendosi ormai vicino alla morte, disse a suo figlio Go Rillino: “Ho faticato tutta la vita ma non ti lascio nulla: tale è la sorte degli onesti. In compenso, in cambio della proprietà che non ho, ti do un consiglio che può dirsi senz'altro prezioso: se vuoi trovarti bene nella vita, va' secondo corrente. Ricordati: secondo corrente, sempre e in tutti i casi.” Go Rillino domandò: “Secondo corrente cosa vuol dire?” Go Rilla rispose: “Vuole dire mettersi con la maggioranza, con i più. Guarda al nostro fiume Zaire. Tutto ciò che vi galleggia e si muove, va in giù, secondo corrente.” Go Rillino andò dalla mamma e disse: “Mamma, me ne vado.”- “E dove vai?” -“Verso la meta” – “Ma in che modo?” – “Secondo corrente “. – Beh, sospirò la madre, “speriamo che la tua meta abbia nelle vicinanze un negozio di telerie: Mi servirebbero due paia di lenzuoli a due piazze con relative federe e una tovaglia per otto coi tovagliolini. Go Rillino disse che avrebbe fatto in modo per acquistare tutta quella roba. Così dopo varie peripezie, si ritrovò alla deriva su di un tronco in balia del fiume. Oramai persa ogni speranza, una nave tutta di ferro si fermò a poca distanza dal tronco; una scialuppa fu calata in mare; Go Rillino, oramai allo stremo delle forze, fu issato a bordo e portato in una cabina, bella, riscaldata ; gli avevano servito una colazione abbondante a base di ananas e banane. Tutto allegro chiese al capitano: “Grazie per avermi salvato da morte sicura. Ma dove sono?” – “A bordo di un piroscafo inglese, stiamo sul Tamigi risalendo la corrente verso il porto di Londra.” Go Rillino esclamò: “Ma allora andiamo contro corrente?”- “Si capisce rispose il capitano” – “E continuando ad andare contro corrente, cosa ne sarà di me” – continuò Go Rillino. – Il comandante: “Sarai consegnato nelle mani del direttore dello zoo di Londra e ospitato in una bella gabbia fornita di tutte le comodità. Diventerai, senza dubbio, una delle maggiori attrazioni dello zoo.” Rimasto solo, il povero Go Rillino scoppiò a piangere: la sua avventura era finita nella gabbia di uno zoo! Prese la penna e scrisse alla madre dell'impossibilità di trovare una teleria. “Adesso, forse, vorrai sapere che cosa mi è successo. Ecco in breve:” “Sono andato secondo corrente e sono finito sugli scogli. Sono andato senza corrente e sono quasi morto di fame e di freddo. Sono andato contro corrente e sono stato chiuso in gabbia”. (Tratto e condensato da: Storie della Preistoria . Alberto Moravia)

"- Liberare l'individuo dalle avvilenti spire della povertà, riconoscere la dignità della persona al di fuori dal mercato e costruire uno strumento di emancipazione degli individui, ponendoli nella condizione di poter decidere e progettare la propria esistenza." Belle parole, stupendo progetto dottor Pisani, ma il "SISTEMA" non la pensa così. Molti muri sono stati abbattuti, altri ne hanno costruiti e, noi, con le belle parole, con i nostri progetti, ci sbattiamo contro come tori infuriati su amulete rosse. Copio e incollo.- "Adesso l'epoca si chiude e la società intellettuale ha perso il suo ruolo. I relitti vagano dispersi e inutili, colpiti da una sorta di afasia, sballottati dall'onda montante d'un epoca assai diversa dalla precedente, cui non si addice più l'aggettivo “moderno” e tanto meno il suo sostantivo. Nei quattrocent' anni che ci stanno alle spalle lo sviluppo delle idee va però molto oltre il pensiero filosofico e la modernità si esprime attraverso una molteplice di venature, di canali, di affluenze che tutti insieme danno vita al grande fiume dell'epoca. La scienza anzitutto. La poesia. Il romanzo. L'architettura. L'economia. La politica. Le guerre. Le scoperte e le invenzioni. La tecnologia. Il costume. Per lunghi tratti, specie quelli vicini alla sorgente, le acque sono limpide e ruscellanti. A volte scorrono lentamente, a volte diventano turbinose e precipitano fragorosamente a valle, ma più si avvicinano alla foce più numerosi sono i relitti che trasportano con sé. Talvolta esondano seminando rovine. Alla fine il mare le raccoglie e le cancella nella sua mobile infinità. L'epoca che comincia con Montaigne, con Galileo e con Cervantes, e si conclude con i campi di sterminio e con lo sbarco sulla luna, esprime un elemento preponderante: il declino della metafisica che fino a quel momento aveva dominato il pensiero per un arco di tremila anni. Al suo posto si installano lo logica, i processi cognitivi, l'etica. Questo è stato il rivolgimento compiuto dai moderni. Ora tocca ai posteri, ma i posteri sono già tra noi, sono i nostri contemporanei. Noi non comprendiamo i contemporanei, veniamo da una storia diversa che ad essi è sconosciuta anche se ne sono il frutto. I contemporanei sono i nostri barbari, ma è chiaro che abbiamo torto a pensarla così perché, ci piaccia o no, da loro nascerà il futuro." (E. Scalfari)-

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