Le Batterie intra moenia
Ricordi del passato
Chi ha percorso la Puglia nei mesi estivi sarà stato colpito dalle tante feste e sagre che costellano la nostra regione. Qualche decennio fa sembravano destinate alla progressiva scomparsa poiché si sosteneva che il progresso tecnico e sociale con i suoi benefici, le avrebbe cancellate. Si è constatato invece che moltissime tradizioni sono rimaste vive; o sono state addirittura riproposte, dopo un periodo di eclissi, come la festa per il nostro patrono S. Corrado, assai discutibile, per la verità, come data e organizzazione. Su questo tema avanzai delle proposte dettagliate agli addetti ai lavori (vedi “Quindici” di settembre 2004) ma, ahimè, la mia fu solo vox clamantis in deserto, non avendo ricevuto cenno di riscontro alcuno. Se le feste resistono al cambiamento del costume e della mentalità, sono però scomparse le batterie cosiddette “intra moenia” (all'interno della città) che, fino agli anni ottanta, erano per così dire la colonna “sonora” di quattro processioni che si svolgono a Molfetta: quella di S. Antonio (la domenica successiva al 13 giugno), della Madonna del Carmine o del Carmelo (la domenica successiva al 16 luglio) dei Santi Medici Cosma e Damiano (la seconda domenica di ottobre) nonché quella della Madonna dei Martiri (al suo ritorno in Basilica dopo la festa dell'8 settembre). Il materiale pirico, fabbricato da noti pirotecnici locali come Vernola, Parisi, Cortese, Ponte, Bruscella, veniva legato con lo spago su aste di legno e tondini di ferro fissati alle “chianghe” delle strade d'incrocio con il percorso processionale o in determinate piazze della città. All'arrivo in quel sito, la processione assumeva una particolare fisionomia: i portatori si fermavano e poggiavano la statua sulle quattro forcelle, le aste del baldacchino si stringevano insieme a protezione del suo drappo frangiato contro eventuali spari fuorvianti, la banda interrompeva la sua esibizione, e tutti avevano lo sguardo focalizzato alla suggestiva esplosione della batteria con tutti gli effetti e i giochi di fuoco che l'arricchiscono in colori e suoni, mentre il pirotecnico (u mèstefùeche), avvolto nel fumo, era lì pronto con una fontanella accesa a intervenire in caso di interruzione del fuoco, impavido del rischio cui andava incontro. A quei rumori assordanti, il popolo era preso da irrefrenabile contentezza e animazione che scalzava la monotonia delle giornate regolari, uguali, e dava un senso diverso al trascorrere delle ore. Terminato lo “sparo”, tra l'acre fumo, la processione riprendeva ordinatamente il suo percorso, al suono della banda che intonava una marcia del suo repertorio, tra una batteria e l'altra. Tecnicamente parlando, le batterie “intra moenia” (dette anche “alla bolognese” col significato di un mix terra-aria) sono sequenze di esplosioni di diversa intensità: aprono lo spettacolo le “rotelle” (re mésciòele), isolati giochi di luce e rumore; segue la batteria (la battaràie) propriamente detta, una lunga miccia che, bruciando, fa esplodere botti in ritmica successione (a una serie di colpi ordinari corrisponde uno scoppio più forte, la “risposta” (u trùene), e ogni tre risposte deflagra la “quinta”, un botto più violento, detto anche “rispostone”(la calcàsse) intervallata da bengala, mortaretti, fontane, “strappi” (colpi simultanei), accelerazioni delle risposte con cadenzate esplosioni di quinta, il tutto in crescendo verso l'ultima sezione di fuoco, il “finale”, velocissimo e fortemente ritmato, che aumenta (anche con l'incendio sincrono di micce parallele) fino all'ultima grande detonazione. Una coreografia, indubbiamente affascinante, che è scomparsa per motivi di sicurezza (emissioni di fumi nocivi, incolumità fisica delle persone, presenza di tubature di gas metano dappertutto) ma che aveva un preciso significato: per coloro che “credono” era bello onorare in tal modo il Santo ed era nel contempo suggestivo ed esaltante, per gli altri e per tutti, divertirsi insieme in quelle domeniche prestabilite dell'anno. Gli unici spettacoli pirotecnici (solitamente aerei, la cosiddetta “salviàte”) cui oggi possiamo assistere hanno luogo in località “Secca dei Pali” quindi lontano dal centro abitato. Si tratta di una serie di mortai allineati, di diverse dimensioni, che contengono bombe carta col-legate tra loro, il cui costo è in funzione della loro spettacolarità e che risulta essere abbastanza elevato nella festa patronale della Madonna dei Martiri. Ragion per cui è auspicabile che per questo immancabile aspetto folcloristico della sagra settembrina si adotti una politica di contenimento della spesa. “Cum grano salis” (con moderazione) è la chiave di tutto.