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La prof.ssa Bucci all’Aneb di Molfetta per parlare dell’artista Chagall
Adriana Bucci, Tonia Gadaleta e Michele Laudadio
21 ottobre 2024

 MOLFETTA - All'Aneb (Associazione educatori benemeriti) di Molfetta conferenza dedicata al pittore russo di religione ebraica, Marc Chagall, propedeutica alla visita al Castello di Conversano del 25 ottobre, dove i soci potranno ammirare una ricca mostra di opere pittoriche dell’illustre artista.

Il Presidente Aneb, prof. Michele Laudadio, ha presentato la relatrice prof.ssa Adriana Bucci che insegna Storia dell’Arte nel Liceo Classico di Molfetta, evidenziandone la molteplicità di interessi culturali che spaziano anche nel campo dell’archeologia militante.

La relatrice, essendo in possesso del catalogo delle opere esposte a Conversano, anticipa che si potranno vedere ben 100 opere di diversa natura, oli, tempere, litografie, acquerelli che offrono un quadro poliedrico ed esauriente dell’attività dell’artista e fornisce una chiave di lettura dei dipinti, preparando alla visita.

La lunghissima vita di Chagall (1887-1995) e le vicissitudini che l’accompagnarono sono strettamente legate alla sua produzione pittorica che ne risulta influenzata in maniera determinante.

Nato a Vietebsk, un piccolo paese della Russia (ora Bielorussia) da una famiglia ebraica di modeste condizioni economiche, compì la sua formazione prima nel suo paese di nascita, successivamente a San Pietroburgo presso l’Accademia Imperiale delle Belle Arti. A Vitebsk conobbe la donna della sua vita, amore sconfinato, sguardi muti e sognanti, Bella Rosendelf, che avrebbe sposato nel 1915, eterna ispiratrice delle sue opere, nonostante la sua morte avvenuta all’età di 49 anni nel 1944. Da lei ebbe una figlia, Lia, anch’essa amatissima.

Parigi però era la città nella quale un artista che meritasse tale nome doveva recarsi per completare la sua formazione: la Ville Lumière, scintillante di luci, di attività intellettuali e di stimoli creativi. Una vera fucina di talenti. Chagall vi giunse nel 1910.

A Parigi in quegli anni c’erano: Picasso che con Les Demoiselles d’Avignon, manifesto del Cubismo, inaugurava una nuova forma d’arte influenzata dalla Teoria della relatività di Einstein. Il Futurismo che si scagliava contro ogni forma di tradizione e di accademia. L’Astrattismo con Kandinsky che negando l’oggettività dell’opera d’arte ne esaltava il valore emozionale. Matisse che, senza escludere la realtà la trasfigurava modificandola.

Chagall non può essere collocato in nessuna avanguardia o movimento propri della vita parigina di gran parte dell’Ottocento e dei primi del Novecento. È l’emblema dell’ebreo errante che per varie ragioni, soprattutto politiche e religiose, è costretto a spostarsi in continuazione da un Paese all’altro. Un uomo sradicato, bisognoso di ritrovarsi, che si aggrappa ad una dimensione onirica e sognante del proprio vissuto, che trova nell’amore la cifra identificativa della realtà.

Nel 1914 la Rivoluzione russa e la Prima guerra mondiale lo costrinsero a restare a Vitebsk dove comunque ebbe modo di arricchire di intensità e capacità introspettiva la sua ispirazione pittorica.

Nel 1941 in seguito all’occupazione tedesca di Parigi dove l’artista era tornato nel 1923 e a causa delle persecuzioni razziali, Chagall e la sua famiglia dovettero fuggire negli Stati Uniti.

Tornato in Europa nel 1948, ottenne degli importanti riconoscimenti: la Francia l’anno prima gli aveva dedicato un’importante retrospettiva al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, mentre la Biennale di Venezia gli riconosceva il Gran Premio come incisore.

Negli anni ‘60 il Comune di Parigi gli diede l’incarico di dipingere la cupola che ricopre la platea dell’Opèra di Parigi che Chagall decorò con un carosello di figure fluttuanti che si rincorrono leggiadre nel soffitto.

Negli ultimi anni di vita l’artista si trasferì a Vennes in Provenza dove la luce diversa e i colori più vividi si trasfusero nei suoi quadri arricchendoli di macchie di colore più intense.

Tutte le esperienze di Chagall ritornano trasfigurate nei suoi dipinti: la vita nel villaggio natio, le serate attorno al focolare, gli animali umili della sua infanzia; la religione trasmessa dai suoi avi, i simboli dell’ebraismo, la Torà, il candelabro a sette bracci, le Tavole della legge; l’amore per Bella, loro due che si librano nell’aria senza peso, lievemente, in un abbraccio destinato all’eternità; lo splendore di Parigi, la città delle luci, i suoi simboli, la Tour Eiffel, Notre-Dame. È come se l’artista li vedesse in sogno con gli occhi della nostalgia, come se passato e presente si confondessero in una indefinitezza dove i contorni sfumano e si confondono nel tutto. Il segno si fa poesia e i colori sempre vividi diventano magia.

Alla domanda del presidente Laudadio se Chagall possa considerarsi un pittore malinconico la relatrice risponde sì, malinconia intesa come rimpianto, nostalgia del passato. La prof.ssa Bucci conclude la relazione con una significativa frase di Chagall: “Nella vita proprio come nella tavolozza dell’artista c’è un solo colore che dà senso alla vita e all’arte: è il colore dell’amore”.
Al termine il Socio Giovanni Salvemini ha fatto dono alla prof.ssa Bucci di un suo libro di poesie dal titolo "Petali di rosa".
Maddalena Azzollini

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