La processione a mare di S. Maria dei Martiri vista dal pittore Luigi Schingo
Tra gli artisti dimenticati da Molfetta mi piace ricordare il pittore e scultore Luigi Schingo, nato a San Severo il 4 marzo 1891 e lì deceduto il 2 marzo 1976. Mi occupai di lui sul n. 4 di «Studi Molfettesi», per illustrarne brevemente un pastello su carta esposto nella Raccolta d’Arte contemporanea di Palazzo Giovene in Molfetta, che impreziosisce la copertina di quel fascicolo della rivista cittadina. L’opera, risalente al 1929, s’intitola “Trebbiatura a Militone” e mostra dei contadini al lavoro intorno a una trebbiatrice in un paesaggio assolato della Puglia piana. Schingo studiò all’Accademia di Belle Arti di Napoli ed esordì ventiduenne all’Esposizione Internazionale di Firenze del 1913. Dopo aver viaggiato ed essere stato richiamato alle armi in Roma durante la Grande Guerra, insegnò Disegno nella Scuola Tecnica di Molfetta negli anni Venti del Novecento. Per la stima e gli apprezzamenti in città, gli fu commissionato un semibusto in bronzo di Pio XI per l’omonimo Seminario Regionale di Molfetta, mostrato per la prima volta al pubblico nell’aprile del 1927. Muovendo da matrici impressioniste, nell’ambiente sociale e culturale di Molfetta Schingo maturò la sua vocazione paesaggistica con opere ispirate, oltre che alle visioni della Capitanata e del Gargano, in particolare alla processione della Settimana Santa e alla festa di Santa Maria dei Martiri. Alla kermesse della Madonna dei Martiri il pittore tra l’altro dedicò, nel 1929, uno scorcio della processione a mare in attesa dello sbarco della statua nei pressi del Duomo antico e un acquerello che ritrae il corteo mariano nello specchio d’acqua del porto al di qua del faro. Se ne possono vedere le riproduzioni nei miei Nuovi studi su Santa Maria dei Martiri e sulla fiera di Molfetta (Mezzina, 1997, pp. 62-63). In questi lavori Schingo mostra di abbinare sapientemente la comparazione fotografica alla tecnica pittorica en plein air. L’apparente naturalezza del tratto non deve ingannare. Qui e altrove, infatti, è sorretta da uno studio attento e da una vigorosa maestria. Schingo insegnò poi Disegno nella Scuola di Avviamento professionale di San Severo e nel 1932 fu nominato ispettore onorario ai Monumenti della Capitanata da Giuliano Balbino, ministro dell’Educazione Nazionale. Dopo l’inizio della seconda guerra mondiale si trasferì nella sua casa di Roma, per far definitivo ritorno a San Severo solo nel 1947. A Roma non solo tenne diverse mostre personali e collettive, ma si vide anche acquistare dal Ministero dell’istruzione alcune opere per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna della capitale e per quella dell’Aquila. A Roma, durante un’esposizione a Palazzo Salviati, ebbe l’onore di vendere sette quadrialla regina Elena di Montenegro, ella stessa pittrice e raffinata collezionista. A Roma l’artista si portò negli occhi non soltanto le atmosfere della sua città natale e della Daunia, ma pure i colori della marittima Molfetta, di cui conservava disegni e abbozzi. Tra l’ottobre e il novembre del 1941 Schingo partecipò alla Mostra d’Arte Marinara in Roma. Senza averne le prove, ipotizzo che il pittore abbia esposto in quella mostra anche un dipinto ultimato proprio nel 1941. Rappresenta un’altra scena della festa di Santa Maria dei Martiri, quella dell’imbarco della statua, come aveva potuto osservarla negli anni Venti del XX secolo a Molfetta. La veduta della teoria processionale, che attraversa la terraferma e il pontile, e delle barche, che si muovono in mare, si accende nelle tonalità fauves dei gialli e dei rossi che illuminano gente, terra, mare e cielo. I preparativi per il trasporto della statua della Madonna per mare e la cerimonia dell’imbarco, che risale al 1846, sono descritti con dovizia di particolari per gli anni Dieci e Venti del Novecento dal padre francescano Vincenzo Lovino, a cui lascio la parola: «Gli onori di un tale trasporto – ritenuto giustamente come un titolo di ambito vanto – è riserbato esclusivamente alla classe dei marinai, padroni di paranze pescherecce, i quali, qualche giorno precedente alla festa, affidano all’esito del sorteggio i loro nomi e, quando l’urna rende noto il nome favorito dalla fortuna, il proprietario delle paranzelle gemelle ed il personale di bordo si danno un gran da fare per trasportarle presso il pontile d’imbarco, vicino al Santuario, dove poi nella mattinata dell’8 settembre, dopo averle legare ben bene l’una affiancata all’altra, le allestiscono di tutto punto, pavesandole con bandiere e striscioni svolazzanti al vento, e costruendovi sulla tolda un gran palco sul quale, durante il tragitto della processione a mare, piglieranno posto non solo i padroni della paranza con le rispettive famiglie, ma ancora: il personale di bordo, i loro parenti, gli amici, i devoti più preferiti [sic], il concerto musicale, i frati del Santuario. Verso le ore due pomeridiane si piglia dalla chiesa la simpatica statua della Madonna, la si situa sopra un apposito altarino (già precedentemente costruito nel centro di quel palco) e, quando tutto è pronto, ad un cenno del Presidente della Commissione della festa, salutata dal suono della Marcia Reale (mentre le campane del Santuario suonano a festa ed i petardi lanciano in aria i razzi fragorosi, e la folla sterminata dei devoti, assiepata tutto all’intorno della spiaggia e della litoranea nazionale, poco discosta dal mare, plaude commossa con gridi frenetici e con battimani tambureggianti) comincia la lenta manovra del viaggio per mare». Fu in questa atmosfera, tra questa gente e questi lidi di Puglia, che sedimentarono le impressioni visive di una così particolare festa religiosa e poté germogliare la visione che Schingo affidò poi con singolare efficacia al suo magistrale pennello.
Autore: Marco I. de Santis