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La nebbia in un metaforico viaggio verso il nulla
15 marzo 2017

Si intitola “Incontri nella nebbia” e lo pubblica Genesi Editore l’ultimo coinvolgente romanzo di Dino Claudio che racchiude nella impostazione polifonica delle vicende e dei personaggi la weltanschaung dello scrittore, la sua concezione della vita e il suo sguardo sul mondo, in un inesorabile interrogarsi sul senso dell’esistenza. Un romanzo nuovo e appassionante, ricco di improvvisi cambiamenti di scena e di prospettiva, frutto di una personalità matura di uomo e di scrittore, pagine che conquistano e affascinano per lo stile evocativo, preciso e controllato, che trapassa con rigore e leggerezza dal registro della narrativa a quello della lirica ricercata e unica nel suo genere. Non è un romanzo facile per l’aggrovigliarsi degli episodi, pur nell’andamento narrativo piano, cadenzato in un arco temporale di poche giornate che precedono il Natale di un anno indefinito con una successione ininterrotta di avvenimenti concatenati e di particolari incontri Lo svolgersi della narrazione sembra si attenga, con una certa larghezza di interpretazione e rispetto dell’invenzione, al celebre canone aristotelico dell’unità di tempo – dal 21 al 25 Dicembre – di luogo – Roma e i suoi siti – e di azione incentrata sulla figura del protagonista, l’io narrante che vive e racconta la sua storia: Segno , questo della costante presenza, nella scrittura di Claudio, del fondamento della sua formazione classica. Protagonista delle vicende narrate è un artista senza storia e senza nome, in viaggio verso Roma per incontrare un editore che intende affidargli la realizzazione della copertina di un romanzo di prossima uscita. Tema di questo romanzo in via di pubblicazione è l’essenza dell’ispirazione e della creazione artistica e ne è autore tale Stefano Urbani ma anche Friedrich Hansen, un doppio quindi – figura ricorrente e inquietante di tutta la letteratura –, che si scinde e unifica in un drammatico incontro di scambio e sovrapposizione di identità avvenuto in un lontano passato. Questa l’occasione da cui muove e si dipana la vicenda narrata, che si svolge a Roma, percepita e descritta nel tempo invernale, invasa da una nebbia fumosa e avvolgente che tutto nasconde e svela magicamente, costruita come una specie di labirinto che richiede al lettore uno sforzo di riordino degli episodi che si succedono intrecciandosi a moment di analisi della propria parabola esistenziale, con riflessioni intime della coscienza sempre vigile e attenta del narratore protagonista il quale è la proiezione dell’autore, il suo alter ego sempre presente nella sofferta consapevolezza dei mali del mondo e dell’incuria della bellezza , nella tensione metafisica verso il recupero di valori assoluti e di una dimensione religiosa dell’essere. Vero oggetto del romanzo è la fluttuazione tra realtà e sogno dell’artista disegnatore attraverso squarci incantati della città di Roma in cui alla fine le figure incontrate perdono le loro connotazioni e ritornano fantasmi scomparendo anch’essi nella nebbia del ricordo, se anche la creazione della fantasia può dar luogo al ricordo Già il primo capitolo conquista il lettore e gli dà la premonizione della dimensione umbratile e ondivaga, sospesa tra la vita e la morte , tra passato e presente in cui il protagonista sta per immergersi arrivando in treno nella Capitale E’ un’iniziale sinfonia descrittiva di immagini impalpabili di descrizioni di luoghi e di meditazioni sulla propria vita e sulla natura dell’invenzione letteraria che scorre sulla città e si interiorizza profondamente finché si rivela lo scrittore in azione, spettatore e interprete di se stesso. La nebbia mi cela d’intorno uomini e cose: è come un mare senza rumore dove m’immergo pian piano sicuro di non annegare. Tra la realtà e il sogno vi è una zona neutra al limite del mistero che è appunto il regno della nebbia, dove ogni colore si attenua, si fa dolce il più aspro profilo (…) un regno che fa vere le illusioni e trasforma in illusione la realtà, che fonde due mondi di solito in contrasto; una magia che placa ogni tormento in armonia, ove l’essere e l’apparire si fondono e si sostanziano a vicenda, dando vita a una realtà nuova in cui il tuo atteggiamento interiore non può essere che un sognante riposo. Grazie alla nebbia, potente e suggestiva metafora letteraria – presente sin dalle pagine omeriche dell’Iliade e dell’Odissea – quando era preziosa alleata degli dei ai quali regalava l’invisibilità utile a scendere in soccorso dei loro eroi sui campi di battaglia – l’autore fa muovere il suo personaggio principale in uno spazio poetico senza tempo, irreale, uno spazio inquietante ma protettivo, un ovattato utero materno in cui ci si può sottrarre alle brutture del mondo, come già nell’intuizione di Pascoli. La nebbia cela le cose lontane e fa porre maggiore attenzione verso ciò che è vicino, ci fa sostare presso la nostra interiorità e ci rende prossimi all’essenziale. Nella sua peregrinazione attraverso la città alla ricerca di un alloggio dove rifugiarsi e dedicarsi all’abbozzo del disegno da porre sulla copertina ,il pittore fa molti incontri per lo più femminili, personaggi che come lui sono ombre senza più illusioni, compaiono e scompaiono e nella loro miseria esistenziale rispecchiano la deriva esistenziale e antropologica dei nostri tempi. Il romanzo è popolato da creature della nebbia: creatura della nebbia è la delicata figura di Lilla la pazza, una bellissima prostituta che emerge nel silenzio ovattato di Piazza Navona e, in un drammatico flash back gli racconta la storia del suo amore disperato per Kurd e del suo folle voler espiare per strada la colpa di essere sopravvissuta alla sua fucilazione per mano dei suoi commilitoni tedeschi nell’ultima guerra. Ma figura liminare è anche Friedrich Hansen, l’autore del manoscritto da pubblicare il quale, in un altro devastante flashback, gli racconta di quando, in tempo di guerra, ferito e in fin di vita per il troppo sangue perso, gli viene donato in trasfusione il sangue di Stefano Urbani, ospite del convento dei frati che lo avevano soccorso. Insieme al sangue tutto del suo salvatore si è trasfuso nella sua mente ed è per questo motivo che, dopo la morte di Urbani, Hansen ha deciso di assumerne anche il nome: due creature perdute nell’identità del sangue e dell’opera letteraria. Ed è questa storia enigmatica e irrisolta che dà al romanzo anche un aspetto di giallo psicologico che ne aumenta la complessità di interpretazione. Creature della nebbia sono la vecchia indovina Aminta che, dopo avergli letto la mano e pronosticato il futuro, gli indica l’appartamento del’aggressiva e intrigante contessa Tartari dove subisce l’assalto del suo cane feroce in una situazione da incubo che ricorda una scena de “L’alba dei vinti” in cui resta invischiata la figura positiva e bellissima di Paola, la giovane ballerina vanamente legata ad un suo sogno di bellezza. E Diana, la bella e dissoluta nipote della contessa, una cacciatrice di avventure che ostenta verso il protagonista un’attrazione falsa e ipocrita e lo accompagna nella fuga da una surreale seduta spiritica alla quale era stato costretto a partecipare in compagnia di strani personaggi. L’umanità descritta da Dino Claudio è dolore incarnato in uomini e donne che vagolano smarriti e senza meta trasportando il peso di un’antichissima pena che si palesa nel grigiore di giorni ombrosi che lasciano evaporare il quotidiano per svelare il nocciolo arcano dell’esistere Perché l’essere e non piuttosto il nulla? , la domanda metafisica per eccellenza, il “perché incantatore “che percorre nel sottosuolo le pagine di questo romanzo è tuttavia “destinato a rimanere per sempre un grido seguito da silenzi lunghissimi e profondi, che danno il senso e la misura dell’umano”. In tutti questi incontri intensi e drammatici del protagonista si nota una certa distanza dello scrittore dai personaggi della sua storia, un’umanità negativa e incoerente alcuni dei quali si perdono nella loro bruttura rappresentando il male del mondo che non si può estirpare Sono personaggi – ombra, quel che domina è una Roma magicamente trasfigurata dalla nebbia che sembra vivere di vita propria nelle immagini e nei suoni percepiti. Quella di cui Claudio si fa cantore è una Roma del presente con l’indicazione dei nomi delle piazze, delle strade e dei vicoli che s’intersecano, delle chiese e dei palazzi che si incontrano percorrendola, ma che rivive la sua storia millenaria attraverso la conoscenza. che ne ha l’autore e su cui poggia il respiro classico d tutta la sua opera di scrittore. Dino Claudio ama Roma, la città dove ha vissuto fin da giovane, non può sottrarsi al suo fascino e la descrive qui, come in altri romanzi precedenti, con lo sguardo trasognato e il lirismo intenso del poeta, in tutto il suo splendore e la sua decadenza secolare e attuale che genera un’intensa, insopportabile malinconia da cui deriva il fascino imperituro di questa città bellissima e problematica. Per certi aspetti e molte affinità il romanzo “Incontri nella nebbia” ricorda il film di Sorrentino “La grande bellezza” premiato con l’Oscar nel 2013 che ha suscitato entusiasmi e contrasti feroci da parte della critica Un film ricco di personaggi problematici, perduti nel cinismo e nell’indifferenza, osservati ma mai giudicati attraverso il vuoto dell’anima di uno scrittore mancato, magistralmente interpretato da Beppe Servillo che, dopo un fortunato esordio non riesce più a scrivere perché intorno a lui c’è un mondo vuoto, popolato da insulse figure di “nani e ballerine”, come lui assidui frequentatori dei salotti e delle feste nella capitale. Nell’attraversare luoghi affascinanti e misteriosi di una Roma fotografata in modo straordinario, egli coltiva il sogno di recuperare la sua identità di scrittore malgrado ogni delusione e ritrova se stesso ricordando un momento felice del suo passato. Il film termina con le splendide inquadrature dei ponti di Roma sul fiume che incanta anche il protagonista del romanzo di Claudio E’ la stessa atmosfera onirica che circonda e trascende la realtà, che trova nell’ambiente reale della città di Roma la sua forza incantatrice e il suo superamento. Dopo una lunga notte di vigilia trascorsa vagando con passi incerti e senza meta in una città ammantata da un oceano d’inconsistenza, in compagnia di un cane randagio determinato a seguirlo e a condividere la sua solitudine e la sua pena, nella mattina del giorno di Natale l’artista si reca dall’editore per comunicargli il suo fallimento nel portare a termine l’incarico affidatogli perché troppo difficile da eseguire nella sua singolarità. Prima di ripartire però percorre il lungotevere e scambia parole e riflessioni con l’antico fiume cosciente della sua irrimediabile solitudine nelle contraddizioni del vivere. “Incontri nella nebbia” si chiude sulla figura di Ulisse che si affaccia alla mente del protagonista già in treno sulla via del ritorno, mentre intorno la nebbia dirada. Ulisse, il cui ritorno a Itaca è avvolto dalla nebbia che non gli fa riconoscere i sereni e amati paesaggi diviene per Claudio “un simbolo di tormento che sempre si accompagna a chi ricerca il vero” ed è perciò che l’autore unisce a lui il suo destino e ne fa il suo compagno di viaggio nella ricerca dell’autenticità. Le parole-chiave significative ed allusive che compaiono nell’ultima pagina fuori testo del romanzo (notte, gennaio, silenzio, vento di maestrale, terrore, lampada ad olio ) sembrano veicolare il testamento spirituale dell’autore: l’intuizione intermittente del mistero della morte nell’inverno della vita. Claudio si rivolge ad un amico lontano per comunicare un messaggio ma non sa se potrà leggerlo perché il rumore del mondo sopraffà anche il silenzio e spegne le parole.

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