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La cultura come il “nocciolo” del futuro politico della città di Molfetta
11 novembre 2012

MOLFETTA - Abbiamo spesso ripetuto che la ricomposizione degli spazi cittadini entro una logica progettuale di sviluppo passa attraverso la ricostruzione dello spirito comunitario. La comunità è qui intesa come l’ambito di confronto, di progettazione politica, di relazione, che costituisce il presupposto imprescindibile del riconoscimento. Al di fuori dell’orizzonte di riconoscimento della comunità, resta un coacervo indifferente di possibilità, sganciate dai bisogni e dai progetti dei cittadini e, dunque, facilmente assoggettabili a logiche di appropriazione indebita.
È quello che è accaduto alla Molfetta azzolliniana, in cui blocchi di interesse privato hanno alimentato egoistici appetiti, sganciati dall’interesse collettivo. Quest’ultimo, invece, è stato abilmente inscritto nelle possibilità del consumo offerte dalla Molfetta commerciale o imbrigliato nelle illusioni del grande porto e della cultura del divertentismo e dell’estetizzazione.
L’uscita dall’azzollinismo diviene allora una questione culturale. Da qui il continuo riferimento alla cultura come alla chiave di volta del futuro di questa città. E non s’intende qui la cultura in senso autosufficiente, riportabile a pericolosi conservatorismi identitari, come recupero di un momento originario che risiederebbe in un qualche periodo storico arbitrariamente determinato. Il recupero dell’identità culturale non può negarsi alla storia e rifugiarsi nella difesa di un modello predeterminato.
Il risultato sarebbe nuovamente l’astrazione dall’orizzonte reale in cui maturano i bisogni, le vocazioni e i conflitti interni alla città. La cultura consapevole e autentica non si rifiuta a tale dimensione, anzi la assume come il nocciolo fondamentale del progetto politico di ricostruzione della città. Perché i problemi stessi che la attraversano diventino la sostanza del cambiamento, in modo che qualsiasi “visione” della città sia informata dello spirito degli uomini e delle donne che la vivono. Così la città stessa supera l’astrazione prodotta da una politica dell’anestetizzazione, per divenire il terreno del riconoscimento e dello sviluppo.
Ecco le ragioni per cui è necessario sostenere che nello società civile, nelle sue istanze e rivendicazioni risiede la sostanza fondamentale per ogni possibile progettazione politica.
Il nesso fra cultura, società civile e politica si fa ora chiaro. Ed emerge la vacuità di una proposta culturale che si pronunci per la neutralità politica. In tal modo, assume direttamente un carattere conservativo e, quando ciò non avviene in malafede, a partire da un intenzionale proposito politico, è in realtà sintomo di ingenuità. In quest’ultimo caso, sprofonda ai margini dell’idea politica che regge la città, poggiandosi su di essa, pur senza assumerla consapevolmente. Anziché essere la cultura progetto di approfondimento e riconoscimento dello spazio di relazione, essa resta in superficie, degradandosi a puro svago e divertentismo astratto da qualsiasi visione.
D’altro canto, una proposta politica che non si fondi su un’idea di cultura, diviene essa stessa astratta rispetto allo spirito della comunità, alimentandosi del suo dissolvimento.
 
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Autore: Giacomo Pisani
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Tema che, ne sono certo, è stato completamente snobbato dalle c.d. riunioni del tavolo politico-programmatico del centrosinistra. Se di programmi veri hanno parlato, ma inizio a nutrire qualche dubbio. Saranno rimasti impelagati ore e ore a discutere dei comparti e della macchina burocratica comunale, spero almeno in termini alti, e non certo per concertare i reciproci interessi. Ma come fare una vera alternativa, senza avere un'idea di alternativa sui valori di una collettività? Costruire una mera aggregazione di forze politiche, e collettori di preferenze, avendo di mira la mera sostituzione di un potere ad un altro, non ha senso, è sbagliato, a tra l'altro, cosa veramente paradossale, non sono riuscite, le forze politiche, a mettersi d'accordo neanche su questo. La proposta di un'alternativa in questo momento, non è debole, è semplicemente inesistente, in termini politici e culturali. Questo spiegherebbe in parte anche la "fuga in avanti" del PD, che ha inteso mettere lì l'uomo davanti a tutto (giusto o sbagliato, a questo punto oramai non serve, la frittata è stata comunque fatta), senza ancora averci spiegato bene cosa quest'uomo intende rappresentare in termini ideali, di nuova programmazione del territorio, dell'economia, di nuova politica e, quindi anche, qual'è la nuova politica culturale che, quest'uomo intende seguire, che come sapientemente ha spiegato Giacomo in questo articolo, non è il tema a margine di tutto, dove scrivere quattro righe, giusto perché lo si deve fare. Nient'affatto, è invece il tema centrale da cui partire, il vero tema identitario di una vera coalizione, di una vera alternativa politica. Un'idea di cultura diversa di un popolo alternativo, è già di per sé, un'idea di cambiamento. Vogliono "lorsignori", il cambiamento? o vogliono semplicemente sostituire un potere ad un ALTRO?


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