Il vincitore di Masterpiece alla libreria “Il Ghigno” di Molfetta
MOLFETTA - Andrea De Carlo lo considera “un raro caso di romanziere originale. Non imita nessuno, non si adatta a convenzioni, non assume atteggiamenti, ha tutto quello che gli serve: lo sguardo, il cuore, l’istinto, l’ironia, il senso del ritmo”. È Nikola Savic. Vincitore di Masterpiece, il primo reality letterario andato in onda su Rai 3 e ospite d’eccezione per il Festival letterario “Storie Italiane” della libreria “Il Ghigno” a Molfetta.
Dinanzi ad un pubblico curioso e numeroso, l’autore, parlando del suo romanzo “Vita migliore” (Bompiani), si è presentato alla gente, raccontando di sé e della sua storia. Nato a Belgrado, trasferitosi in Italia all’età di 12 anni, si è laureato all’Università di Bologna in Scienze della Comunicazione. Nella sua vita ha fatto molti mestieri, ma ha sempre avuto una grande passione per l’arte, sin dal periodo delle superiori, influenzato dalla sua professoressa di italiano Gigliola Celsi, tra l’altro di origine molfettese. A convincerlo a partecipare alla trasmissione l’amico Luigi Solimini, anch’egli molfettese, oggi suo Talent Scout, proprio alla luce delle pagine da lui scritte e che oggi sono diventate un romanzo pubblicato in centomila copie.
Come anche il titolo fa capire, “Vita migliore” racconta sottilmente la speranza verso cui tende il protagonista, in una città che, dopo la morte di Tito, si trasformerà in un inferno per via della guerra civile. La vita del protagonista Deki è nel quartiere 62° nord della nuova Belgrado, un dedalo di strade tutte uguali e dai palazzi uniformi costruiti in cemento armato. In ciascuno di essi arrivano ad abitare fino a mille persone. All’inizio dodicenne, Deki cresce, intessendo un rapporto speciale con i suoi ‘fratelli di quartiere’. Non dei semplici vicini di casa, ma dei veri e propri fratelli, perché è proprio nel quartiere che si saldano amicizie e rapporti che neanche il tempo potrà cancellare. Nella piccola realtà del quartiere rivive, come in una grande metafora, tutta la Jugoslavia. Espressione della diversità etnica e religiosa, che coesiste nell’unione in un solo Stato. Almeno all’inizio. Ogni quartiere ha i suoi fratelli, che personalizzano la propria lingua per distinguerla da quella dei quartieri circostanti, in un gioco di inversioni, sostituzioni e mutamenti di suoni, che la rendono incomprensibile persino agli abitanti della vecchia Belgrado. Deki e i suoi fratelli crescono tra le rovine di un sistema totalitario, ma nelle rivalità tra i diversi quartieri non si deve cogliere un riferimento ai più generali conflitti interetnici e di religione, destinati a devastare la Jugoslavia. Anche per i personaggi di questo romanzo, l’esplosione dei micro-nazionalismi e lo scoppio della guerra civile sono avvenimenti che non appartengono a nessuna logica.
“Vita migliore” è un romanzo parzialmente autobiografico. Tra le pieghe del racconto, infatti, si intravede la sofferenza, provata dallo stesso autore, per tutte le cicatrici di una guerra civile tanto violenta e feroce quanto insensata, all’indomani della morte di Tito. Sebbene si tratti di una penisola, quella balcanica, vicina (e non solo geograficamente) a noi italiani, ci siamo sempre rifiutati di trovare un senso logico ai conflitti di quel periodo, dichiarando francamente di non capirne nulla. E d’altronde l’autore spiega quanto sia difficile anche per lui, che quegli eventi li ha vissuti, comprendere la follia dei micro-nazionalismi ai tempi di Milosevic. Come dimostrato dalla lettura di un primo brano, in apertura della presentazione, le differenze tra serbi-bosniaci e serbi-serbiani sembrano buffe persino ai bambini, mentre i grandi non riescono a comprenderlo.
Nikola Savic racconta tutto questo con un linguaggio asciutto, privo di descrizioni e limitato persino nell’uso di aggettivi. “Ho fatto molti esercizi di scrittura per imparare a scrivere in questo modo, che poi sarebbe come piace scrivere a me”, dichiara, “e questo, credetemi, è molto più difficile che scrivere un romanzo fantascientifico con elfi che lottano con draghi, ecc.”. Una scrittura densa di contenuti, quindi, priva di fronzoli e che valorizza a pieno il dialogo, come vero motore dell’azione. E questo, Nikola Savic, lo ha imparato da uno scrittore che, assieme ad Andrea Pazienza, definisce suo faro: Charles Bukowski. “Oggi la gente non ha più bisogno di sapere come sono fatte le cose, le vede in televisione, al cinema…”, dice ancora l’autore, “io volevo scrivere un libro che fosse comprensibile ai miei contemporanei, alla gente che vive oggi e non per coloro che sono nati 200 anni fa o che devono ancora nascere”.
Il contratto con la Bompiani, il tour per promuovere il libro, che non ha avuto interruzioni da aprile fino ad oggi, il successo e la notorietà che ne sono derivati sono tutte cose che potrebbero suscitare non poca invidia in uno scrittore che non ha avuto la stessa fortuna. Che sia tutto frutto della sua partecipazione ad un reality, ancorché letterario? Nikola Savic non teme confronti. E dalle recensioni con cui il libro è stato accolto, la critica non ha dubbi: dello stile e della scrittura di Savic ci saremmo accorti prima o poi. Forse sarebbe avvenuto dopo molto più tempo, ma comunque non è stato il reality a fare di lui un autentico scrittore, perché tutto ciò che racconta in “Vita migliore” l’aveva scritto già prima. Ha consegnato già un suo secondo romanzo e sta preparandone un terzo. Insomma, Nikola Savic ha ancora altro da raccontare.
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