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“Il recupero dell'antico nella pittura metafisica” raccontato da Nicola Zito Nell'appuntamento dell'associazione Aneb, Nicola Zito, dottorando di Storia dell'Arte Contemporanea all'Università di Bari, ha affrontato il viaggio di De Chirico dopo l'incontro sulla prima avanguardia artistica italiana
13 dicembre 2010

MOLFETTA- Nel corso del secondo appuntamento, organizzato dall’associazione Aneb per il mese di dicembre, Nicola Zito, dottorando nella disciplina di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università di Bari, ha affrontato l’interessante tema dell’antico riproposto nella pittura metafisica. Nella sua seconda collaborazione con l’associazione, il giovane ricercatore ha puntato su una tematica che fosse in linea con la sua precedente esperienza, che lo aveva già visto impegnato nella “prima avanguardia artistica italiana”. Dopo il Futurismo, nelle intenzioni del relatore, inevitabile parlare di quella che è stata la “seconda avanguardia artistica italiana”, in continuità con il percorso intrapreso negli anni addietro.
Il viaggio alla scoperta della pittura metafisica, nell’impostazione di Zito, si articola attorno alla figura centrale di Giorgio De Chirico e alla rivalutazione dell’originalità ed dell’eclettismo di suo fratello Andrea, meglio noto con lo pseudonimo di Alberto Savinio, passando attraverso le figure di quelli che per primi lo influenzarono e di quelli su cui il carisma del pittore italo-greco, anche per la sua esperienza artistica, giocò un ruolo molto importante. Il racconto prende le mosse dall’esperienza biografica del pittore che, partito giovane per proseguire gli studi assieme al fratello Andrea, ben presto raggiunge la tanto ambita Monaco. Nei primi del ‘900, la città bavarese, che rivaleggia per importanza con le altre più grandi e famose metropoli europee, attrae un cospicuo numero di giovani talenti che aspirano ad affermarsi nel campo artistico e culturale.
Da pochi anni si era conclusa l’esperienza artistica di Arnold Böcklin, pittore simbolista, in cui creature mitologiche, architetture classiche e allegorie si fondono fino a creare sulla tela mondi fantastici quanto insoliti. La “Villa sul mare ” ne è un esempio diretto e non a caso scelto dal dottorando pugliese come dipinto simbolo di elementi che giocheranno un ruolo importante nella formazione della poetica artistica di De Chirico.
Da oltre trent’anni si era conclusa anche l’attività di Max Klinger, di cui il relatore propone “Quiete” del 1881, in cui compaiono “oggetti lasciati in un posto vuoto di persone” che subito richiamano alla mente i tanti oggetti protagonisti delle opere del pittore italiano.
Il quadro “L’enigma di un pomeriggio d’autunno ”, rappresenta la “rivelazione della Metafisica” fattasi tangibile al poeta in un limpido pomeriggio d’autunno quando, seduto su di una panca al centro della piazza Santa Croce a Firenze, ebbe la “strana impressione di guardare quelle cose per la prima volta e la composizione del dipinto si rivelò all’occhio della mia mente”.
Ed è a questo punto che viene mostrato al pubblico, già in possesso di alcuni importanti elementi per cogliere alcuni primi aspetti del genio creativo di questo artista, “L’enigma dell’oracolo”, opera in cui compare una figura di spalle, un Ulisse eterno pensatore che richiama le figure del quadro di Böcklin, e un sipario scenico motivato dalle nuove teorie che si andavano diffondendo parallelamente nel versante artistico teatrale.
La pittura di De Chirico trasfigura elementi classicamente presenti alla memoria degli osservatori, investiti però di significati e valori del tutto nuovi e particolari. Le tante statue che campeggiano nella sua produzione pittorica e che alla fine del suo percorso creativo si materializzeranno nelle vesti di “manichini”, oggetti sicuramente legati alla grande tradizione dell’arte classica, vengono dal pittore caricate di nuove valenze .
Adoperate per decorare le numerose piazze d’Italia, riprodotte in serie nei suoi dipinti, le sue statue per l’assenza totale di vita che da queste emana, sono troppo lontane da un Doriforo di Policleto o da un Discobolo di Mirone a cui pure rimandano nella loro iconografia. Al relatore spetta il merito di aver accompagnato l’uditorio nella comprensione dei caratteri di una pittura che si evolve in parallelo con le esperienze di vita e con i contatti culturali maturati nei vari ambienti europei. Da Carlo Carrà a Filippo de Pipis, da Magritte a Pistoletto. L’importanza del linguaggio e del significante di De Chirico risulta indiscutibile, pur nella varietà di soluzioni estetiche adottate.

© Riproduzione riservata
Autore: Daniela Gesmundo
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Consideriamo e paragoniamo la libertà degli antichi con quella dei moderni – così ben descritta da Beniamin Constant -, scopriamo che la libertà degli antichi è autonomia politica collettiva; quella dei moderni libertà privata individuale. Oggi – dice Constant – per libertà s'intende il diritto di essere sottoposto soltanto alla legge, di non essere arrestato, né tenuto in carcere, né maltrattato per volontà arbitraria di uno o più individui, il diritto di esprimere la propria opinione, di scegliere il proprio lavoro e di esercitarlo, di disporre ed abusare della propria proprietà, di associarsi con chi preferisce, di esercitare la propria influenza sull'amministrazione del governo. In breve, la nostra libertà è il “pacifico godimento dell'indipendenza del privato”. Siamo diventati una città di “commercianti”. E interesse del commercio è la libertà dall'interferenza del potere pubblico, che ostacola i traffici con pastoie autoritarie, in nome di fini diversi dal guadagno e dalla soddisfazione dei desideri individuali. Un greco antico avrebbe visto questa libertà, nel suo tipo ideale, come “una libertà degli idioti”; Inoltre, un Greco avrebbe probabilmente messo in dubbio che le libertà civili siano davvero al sicuro in un regime con una parte politica limitata, ritualizzata, stilistica: un potere nei confronti del quale sono passivo, definisce anche le mie libertà private a suo arbitrio. Ci troviamo con una enorme quantità di tempo libero che è tempo vuoto, esposto alla colonizzazione commerciale dei divertimenti a pagamento e della pubblicità se pensiamo la nostra vita come finalizzata esclusivamente al lavoro, al commercio e alla soddisfazione dei bisogni che altri si occupano di suscitare in noi.
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