Il quadrato dipinto
È una sorta di par condicio estetica quella che ha connotato l’affascinante collettiva “Il quadrato dipinto”, curata da Michele Paloscia e inserita tra le iniziative dell’associazione As.so.Arte, che ha regalato al centro storico un’estate all’insegna della creatività artistica. Ciascuno dei pittori coinvolti si è cimentato con la consegna di lavorare su una superficie ben definita, un quadrato 30x30, nella più assoluta libertà tematica. Ne è scaturita un’esposizione di notevole interesse sotto il profilo tecnico ed espressivo, nobilitata dall’apporto di personalità differenti, tutto sommato fedeli, in tale occasione, alle linee di ricerca che da anni caratterizzano il loro percorso creativo. Le incisive geometrie di Michele Zaza non difettano di eleganza. Luce e ombra, rosso e ocra, sfumature del bianco e tonalità del blu si alternano in un enigmatico mélange, di astratta bellezza. Paolo Lunanova si diletta con un arguto, geniale calembour; l’arte si fa gioco intellettuale che tra natura, mente e cromatismi vagamente dispettosi sembra sfidare l’osservatore e beffarsi di lui al medesimo tempo. Giulio Giancaspro prosegue in un percorso che ammicca al mondo della pubblicità e, dalla pubblicità di un celebre prodotto per usi domestici (il Sole piatti), si concentra su una teoria di visi, perlopiù di gente comune: i potenziali destinatari del messaggio pubblicitario o magari il simbolo di quest’umanità su cui risplende (o non risplende) il sole. Nell’interessante e raffinata proposta di Gianni Veneziano volti spigolosi, ora seri ora crucciati, sempre sardonici, mai distesamente sorridenti parrebbero affollarsi nel panciuto ventre di un vaso, ma probabilmente si tratta semplicemente della sofisticata decorazione della superficie esterna del recipiente. Un equilibrio precario, una vertigine connaturata all’esistenza: tale è la sensazione che il visitatore riceve dal quadrato di Tonia Copertino, in cui la figura umana, stilizzata, appare alle prese con una scalata affannosa, che potrebbe anche rappresentare un disperato tentativo di mantenersi a galla. L’universo floreale continua ad esercitare il suo delicato, fragile fascino nella produzione di Chiara Ferrareis. La pennellata dona alle corolle morbida consistenza; il bianco di fondo fascia gli steli e si mescola ai loro naturali cromatismi. La materia sembra strabordare invadendo il limite inferiore della cornice. Tali limites sembrano disattesi anche nel quadrato dipinto da Paolo Sciancalepore: i segreti del mondo marino appaiono svelati; affiorano alla luce conchiglie e pesci natanti nell’aria e smaniosi di nuovi orizzonti. Anche le nuvole sembrano incagliarsi in un’architettura nata a fior dell’acqua, che ha per fondamenta le onde, voce di Poseidone, per matrice il sogno. Un bellissimo paesaggio dell’anima anche per Michelangelo Lo Basso. Lo sguardo dell’artista trasfigura i colori naturali: i cromatismi che le corde dello spirito fanno risuonare oscillano tra un giallo-bianco evanescente e un rosso a tratti tendente al cinabro, che si fa impasto avvolgente di nuances e tinte differenti. Lo scrutare inquieto e inquietante di una figura alla Chagall, che dal rosso piano di fondo, si cela, protendendo in avanti le mani, alle spalle di un muro giallo reso da pennellate nervose e multidirezionali domina il dipinto di Cosimo Allegretta. Vittoria Facchini ci regala un altro tassello del suo universo fanciullino, che qui emerge nel timido incontro, ammiccante alle illustrazioni dei libri per l’infanzia, di due tenere figurine. L’inizio di un amore? Il colpo di fulmine che induce allo sbigottimento e all’afasia o il semplice, grandioso, sbocciare di un’intesa? Una deliziosa natura morta per Franco D’Ingeo, che coniuga il gusto della simmetria nella disposizione delle pere con una tendenza all’astratto, che si traduce nella scelta omologante dei cromatismi della frutta; nel fondo rosso in cui circolarità e spigolosità danzano senza soluzione di continuità; nell’atmosfera rarefatta e non comune dell’insieme. Una lirica inquietudine di acque per Ida Caradonna. L’orizzonte marino ha gli stessi toni delle nuvole plumbee e dense; il frangersi delle onde sulla battigia è un incanto spumeggiante su cui l’occhio indugia morbidamente. Forse la tempesta è in arrivo, ma la tristezza svapora nella contemplazione della natura. Ancora una volta il desiderio di libertà traspare nella tela di Marisa Carabellese, affidato a quella che è l’icona della ricerca della pittrice. Un gabbiano sorvola sulla distesa marina, i cui riflessi d’oro esulano dal semplice riverbero della luce sulle acque e paiono tradire l’attesa di un novus annus, una sorta di età aurea che annulli i confini tra cielo e terra e consenta all’anima, pacificata, di librarsi nelle sue eterne migrazioni. Una poesia del carsismo la gravina di Natale Addamiano: qui la natura assume i cromatismi dell’oro e sembra quasi cantare dal fondo della voragine; la luce dona apparenza nivea al calcare e il cielo, all’orizzonte, traspare traslucido, in uno scenario di per sé impervio, cui l’artista conferisce la magica sembianza dei mondi segreti evocati dai versi di Clemens Brentano. Concludiamo con Michele Paloscia, cui va il merito di aver allestito l’interessante collettiva con oculatezza e buon gusto. Egli sceglie, per l’occasione, la tipologia del ritratto, uno dei numerosi settori in cui è maestro, per l’innegabile capacità di cogliere il quid che rende unica la personalità dei soggetti rappresentati. La sua opera, dedicata ad Andrea e omaggio a Vincenzo Gemito, indugia sull’imbronciata grazia di un bimbo colto in un momento ludico. Un ciuffo si arruffa e alcune ciocche ricciute discendono sulla fronte. Sulle guance paffute sprazzi rosacei suggellano teneramente la pensosità di chi, pur nel gioco, serba la seria attitudine dell’esploratore.
Autore: Gianni Antonio Palumbo