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Il liceo Classico di Molfetta contro la violenza alle donne: manifestazione venerdì
22 novembre 2016

MOLFETTA – Si rinnova l’impegno del Liceo Classico “Leonardo da Vinci” di Molfetta nella lotta alla violenza sulle donne. Per il quarto anno consecutivo gli alunni del triennio vivono, assieme ai loro docenti, un progetto di sensibilizzazione, informazione e prevenzione, che culmina in una performance-simbolizzazione che si terrà, a partire dalle ore 19, il prossimo venerdì 25 novembre. In questa data l'O.N.U., con la risoluzione numero 54/134, ha fissato la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”.

La performance costituisce l’approdo di un lavoro che ha coinvolto tutti gli alunni del triennio in una riflessione che, partendo dalle radici antiche della misoginia, porta alla coscienza della diffusione del problema, delle sue cause, delle sue sfaccettature, delle possibili azioni volte a fronteggiarlo e ad estirparlo.

A tutti gli alunni della Istituzione scolastica, guidata dalla Dirigente, prof.ssa Margherita Anna Bufi, verrà anche distribuito un decalogo “Violenza di genere: dieci cose da sapere”; uno strumento ulteriore per capire, difendersi, reagire e offrire supporto.

La performance, curata dai docenti De Ceglia, Lezza, Mezzina e Sciancalepore, con la collaborazione di don Gino Samarelli, delle prof.sse Giancaspro e Salvemini e della comunità scolastica tutta, vive di momenti espressivi diversi: una recitazione corale potente, cui è affidato soprattutto il messaggio dal passato; voci singole e narrazioni di storie dolenti ed emozioni profonde, come dolore e vergogna, affidate a gruppi di ragazzi; un mimo che rimanda ai possibili fotogrammi di un “amore malato”; la danza e un’azione ginnica finale.

Tutto racconta, però, anche un riscatto necessario, la liberazione e la presa di coscienza di donne ridivenute padrone delle loro esistenze.

Grande adesione e coinvolgimento da parte degli studenti, che vivono così un ulteriore passo della loro crescita personale.

Il Liceo Classico invita la cittadinanza a condividere questo momento di protesta, consapevolezza e formazione.

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Perchè la violenza sulle donne? Risposta complessa e non facile, anche "pericolosa" in un certo senso. Non è un problema "moderno" o "post-moderno", è un problema racchiuso nei secoli in cui non se ne parlava, era una specie di "tabù" in una società patriarcale. Le religioni hanno una grande responsabilità, non sulla violenza, ma nei principi di valori chiaramenti al maschile. Anche se predicano l'uguaglianza, le religioni attribuiscono ruoli diversi ai generi e conferiscono superiorità agli uomini. Sono dunque responsabili dei pregiudizi, degli stereotipi, delle discriminazioni. L'antropologia ha insegnato che anche i valori viaggiano con la storia: le aspirazioni umane restano alte nel cuore umano, ma si evolvono e ci aspettano su mete ancora lontane. Il senso del "sacro", tuttavia, persiste e spesso inquina le religioni, i cui messaggi fondativi sono di ben altro significato. Gli antichi Greci e Romani, per aver simboleggiato il divino nelle forme umane, si sono sottratti a molti rischi del monoteismo, mentre l'ebraismo, che riconosce un Dio unico creatore che non vuole essere conosciuto né nominato "invano" e che richiama gli umani a preoccuparsi non di lui, ma della rettitudine del proprio agire, ha avuto la presunzione di conoscerne la Legge, di avere una casta sacerdotale che la interpretava per tutti e rendeva temibile la divinità. Politeisti e monoteisti hanno trasmesso una "sacralità" patriarcale, connotata da tabù sessisti che mortificano il femminile. E hanno dato alle religioni il connotato del potere. Il Cristianesimo ricondusse il divino ebraico ad una storia da vivere in termini universali e ridusse la legge ai due comandamenti dell'amore: per Dio e per il prossimo. Nacque, dunque, come religione depurata sia dal sacro antropologico, sia dalla logica del potere. L'inevitabile necessità di darsi un'organizzazione ha limitato la libertà della fede. L'Islam, che completa la triade dei monoteismi, pur libero da centralismi vaticani, ha ripreso il valore autoritario della legge divina, inchiodando all'obbedienza la responsabilità individuale e ribadendo l'inferiorità della donna. Ma la complessità delle stesse innovazioni tecnologiche mette in crisi le ipotesi etiche e suscita paure, anche inconsapevoli, che comportano il recupero del bisogno di certezze a sostegno della difficoltà di dare senso alla vita. Torna, cioè, il bisogno del "sacro": folle vanno a Medjugorie o a vedere la mummia di padre Pio, come se la preghiera o il miracolo fossero condizionate non dalla fede, ma dalla suggestione dei luoghi. E torna per le chiese la tentazione del potere, come se la verità, anche quando ritenuta coincidente con il divino, non fosse ricerca comune. E torna il conflitto fra le religioni, come se il divino non stesse al di là dei nomi con cui donne e uomini lo chiamano nelle diverse fedi. La laicità persiste ad essere, dunque, una pratica difficile. Per antica tradizione le donne sono ritenute più spiritualmente vicine al sentire religioso e, anche nel giudizio politico moderno, più influenzabili dal monito ecclesiastico. Qualche anno fa, al Parlamento europeo, è stata approvata una risoluzione (n.1464 del 2005) su 'Donne e religione in Europa', in cui si riconosce che 'la maggior parte delle donne in un modo o in un altro, è presa di mira dalle posizioni delle differenti religioni direttamente o tramite la loro tradizionale influenza sullo Stato...' per questo 'i diritti delle donne sono spesso limitati e disprezzati in nome della religione'. Bisogna, dunque, 'garantire la separazione necessaria tra la Chiesa e lo Stato, affinché le donne non siano sottomesse a politiche o leggi ispirate dalla religione (per esempio nel campo della famiglia, del divorzio e delle leggi contro l'aborto'. Il voto femminile per i referendum sul divorzio e l'aborto hanno confermato nella storia il "genere della laicità" delle donne. Una risorsa, come si dice sempre del nostro genere. Anche in questo campo finora sprecata.
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