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Il gruppo “Ridateci il silenzio” chiede la zonizzazione acustica di Molfetta
07 ottobre 2014

IMOLFETTA - Zonizzazione acustica del territorio di Molfetta: è questa la richiesta avanzata al sindaco di Molfetta dal gruppo “Ridateci il silenzio” che chiede la tutela della quiete pubblica contro l’inquinamento acustico dei bar e dei concerti in piazza.

 

Ecco il testo della lettera:

«Egr. Sig. Sindaco

del Comune di Molfetta


Oggetto : Richiesta di zonizzazione acustica del territorio di Molfetta
                  (Legge Quadro 447/95 sull’inquinamento acustico)


                                              Siamo un insieme di cittadine e cittadini perplessi, turbati ed esasperati dalla continua negazione della tutela alla salute causata dal grave inquinamento acustico che, come a Lei noto, imperversa in varie zone della città.

Abbiamo aderito al costituito Gruppo di Molfetta “RIDATECI IL SILENZIO” contro la distruzione della quiete e della salute pubblica, contro la musica imposta; un’iniziativa promossa dal Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità e partita con un appello firmato da 30 noti e notevoli esponenti della cultura italiana:  (Salvatore Accardo,Francesco Alberoni, Niccolò Ammaniti, Alessandro Barbero, Sergio Belardinelli, Remo Bodei, Franco Cardini, Dino Cofrancesco, Paolo Crepet, Elio Franzini, Carlo Fusaro, Giorgio Israel, Paolo Ermini, Roberto Esposito, Giulio Ferroni, Ernesto Galli Della Loggia, Silvio Garattini, Fausta Garavini, Fulco Lanchester, Giacomo Marramao, Paola Mastrocola, Alberto Oliverio, Anna Oliverio Ferraris, Lucio Russo, Aldo Schiavone, Claudio Scimone, Luca Serianni, Sebastiano Vassalli, Gustavo Zagrebellsky, Michele Zappella).

A queste più che autorevoli firme, abbiamo aggiunto le nostre, insieme a quelle di centinaia di altri comuni cittadini sensibili al problema; e ci farebbe piacere sapere anche della Sua adesione.

Lei però, per la carica che ricopre, è, allo stesso tempo, fra i destinatari dell’appello.
Contribuisca, signor Sindaco, a “ridarci il silenzio”; ponga fine alla violenza della musica e del rumore imposto contro la legalità.

Perché di violenza si tratta; e di violenza contro legge.

È violenza non poter riposare; non riuscire a seguire in casa propria un programma televisivo, sentirsi con i propri commensali, riflettere su come affrontare i problemi quotidiani, convivere dignitosamente con le proprie malattie.

E’ violenza subire il rumore, quello che supera la soglia dei decibel permessi e che, come scientificamente dimostrato, costituisce pericolo per la salute e causa malattie; quello che rimbomba nella testa e ti perseguita il giorno dopo; quello che fa piangere i bambini e non li fa dormire; quello che non fa concentrare i ragazzi nello studio, rende nervose le persone che devono lavorare, aumenta l’irritabilità e l’aggressività, impedisce di leggere, pensare, parlare….pregare.

In qualità di Suoi cittadine e cittadini ci permettiamo di ricorrere a Lei, nella sua posizione di garante dotato di poteri-doveri giuridici in materia di igiene e sanità pubbliche, cui compete L’OBBLIGO di porre rimedio al fenomeno di inquinamento acustico e/o di contrastarlo (Corte di Cassazione Sez. VI, 15/06/2011 Sentenza n. 24022).

Ci permettiamo di ricordarLe che la quiete pubblica costituisce bene collettivo. Essa è condizione necessaria affinché sia garantita la salute, che deve essere tutelata come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività (art. 32 Cost.) dagli Enti pubblici tra cui certamente i Comuni: e se questi hanno il dovere, certamente i cittadini hanno a loro volta un interesse, variamente azionabile, a che le Amministrazioni reprimano quei comportamenti che pregiudicano la quiete pubblica e, per conseguenza, la salute delle persone (TAR Veneto Sez.III – 22/05/2007 n. 1582).

Il diritto alla quiete, come espressione del diritto alla salute psicofisica, prevale sugli interessi economici di quanti costituiscano la causa diretta od indiretta del disturbo, svolgendo un’attività economica di cui essi soli percepiscono i proventi, riversandone viceversa sulla collettività  circostante i pregiudizi e inoltre il diritto alla quiete pubblica che prevale anche sul diritto della gioventù ad aggregarsi durante la notte in luoghi pubblici, sia perché la socializzazione può svolgersi anche in altro orario, sia, più realisticamente, perché quella ben può riunirsi, durante le ore notturne, in luoghi in cui non interferiscono  con le altrui esigenze di riposo. 
(TAR Veneto Sez.III – 22/05/2007 n. 1582).

Ci rivolgiamo direttamente a Lei anche perché ha già mostrato sensibilità al problema con l’ordinanza sindacale del 30 maggio di quest’anno sulle emissioni sonore.

In quella ordinanza, prima di concedere deroghe di orario, Lei ribadisce che  “E’ fatto OBBLIGO per gli esercenti di CONTENERE LE EMISSIONI SONORE NEI LIMITI DI LEGGE seguendo le indicazioni contenute nell’articolo 17 della legge regionale 3 del 2002, comma 2” cioè, è bene ribadirlo, obbligo di non superare i 65 dB(A) negli intervalli orari 15.00 – 22.00 ed i 55 dB negli intervalli orari 22.00 – 24.00 (come da tabella tratta dalla “Relazione sullo stato dell’ambiente” del Ministero dell’Ambiente).
Il che significa, come esplicato dalla stessa tabella, non superare il livello del rumore percepito dall’interno di un abitato posto su strada a traffico intenso, a finestre aperte (65dB) ed a finestre chiuse (55dB).

E se il Comune di Molfetta finalmente provvedesse, ed espressamente glielo chiediamo, ad effettuare il Piano di zonizzazione sonora della città, come pure previsto dalla legge cui Lei fa riferimento, i decibel imposti scenderebbero nelle aree particolarmente protette a 50 e 40 e nelle aree prevalentemente residenziali a 55 e 45.

Ma già in quel Suo atto amministrativo, prescrive l’osservanza della legge e il rispetto di obblighi, prima di concedere una deroga ai limiti orari delle emissioni sonore.
D’altro canto sarebbe venuto meno al Suo ruolo se non solo avesse tollerato chi non rispetta la legge, peraltro una legge espressamente da Lei richiamata e posta a base della Sua ordinanza, ma addirittura lo avesse premiato con il permesso di violarla per un tempo più lungo.

Certo non saranno sfuggiti alla sua attenzione la odierna contrapposizione fra frange dei suoi cittadini, le reciproche accuse di stalking, le iniziative giudiziarie, lo scambio vivace di apprezzamenti poco lusinghieri sul web; i frequenti richiesti interventi alle forze dell’ordine….tutto ciò a scapito della pace sociale.

Non lasci soli i suoi cittadini a discutere contro chi e come far valere le norme a tutela della salute e della quiete pubblica; quelle penali, amministrative e quelle civili in tema di danno biologico, patrimoniale, morale ed esistenziale.

Non lasci sulla carta l’indicazione degli obblighi di rispetto del livello del rumore ma si adoperi a farli applicare dato che ne ha i mezzi e, ce lo permetta, il dovere.

Del resto oggi la misurazione del rumore è facilmente rilevabile da chiunque, in attesa di interventi latitanti ma doverosi dell’ARPA; basta scaricare su telefonini, tablet e quant’altro App di misurazione dei decibel (magari un paio, per accertare la coincidenza della rilevazione); e dato che i cittadini lo fanno, si rendono conto di quanto dista il rumore legale da quello imposto, sfrontatamente ed impunemente. Non permetta che si verifichino attimi di cedimento nella fiducia dei Suoi cittadini nelle istituzioni locali.

Chiediamo, in via conclusiva, che una rappresentanza (non oltre 5 persone) del costituito Gruppo di Molfetta venga convocata da Lei e dal Vice Sindaco per un’audizione integrativa, esplicativa e propositiva dell’istanza scritta.

                                                                                     
Con Osservanza

Molfetta li 06 Ottobre 2014

Il direttivo de “Ridateci il silenzio – gruppo di Molfetta”

D. Bellifemine, C. Campo, G.  Mezzina, L. Muti, V.T. Panunzio, A. Picca, M. Racanati, V. Tangari».

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Ai signori del gruppo di Molfetta “RIDATECI IL SILENZIO” dovreste leggere la giurisprudenza aggiornata che dice: Il gestore del locale che esercita correttamente il proprio potere di controllo non è responsabile degli schiamazzi notturni. E' quanto emerge dalla sentenza 5 settembre 2014, n. 37196 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione. Secondo la giurisprudenza di legittimità, affinché sussista la rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, è richiesta l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori debbono avere una tale diffusività che l'evento disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare (Cass. pen., Sez. I, n. 47298 del 29 novembre 2011). La medesima giurisprudenza ha, in più occasioni, affermato che il gestore di un esercizio commerciale è responsabile del reato di cui all'art. 659, comma 1, c.p., per i continui schiamazzi e rumori provocati dagli avventori dello stesso, con disturbo delle persone. Infatti la qualità di titolare della gestione dell'esercizio pubblico comporta l'assunzione dell'obbligo giuridico di controllare che la frequentazione del locale da parte dei clienti non sfoci in condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza (Cass. pen., Sez. I, n. 16886 del 28 febbraio 2003; Cass. pen., Sez. I, n. 17779 del 27 marzo 2008; Cass. pen., Sez. I, n. 40004 del 30 settembre 2009). Perché l'evento possa essere addebitato al gestore del locale è però necessario che esso sia riconducibile al mancato esercizio del potere di controllo e sia quindi collegato da nesso di causalità con tale omissione. Nel caso in cui gli schiamazzi avvengano all'interno dell'esercizio non c'è dubbio che il gestore abbia la possibilità di assolvere l'obbligo di controllo degli avventori, impedendo loro comportamenti che si pongano in contrasto con le norme di polizia di sicurezza, ricorrendo, ove necessario, al c.d. ius excludendi. Nella fattispecie in esame non è in discussione che gli schiamazzi, le urla e le risate dei soggetti che stazionavano all'esterno del locale, fossero tali da disturbare, in orario notturno, il riposo degli abitanti nella zona e quindi ad offendere la "quiete pubblica". La particolarità della fattispecie è però rappresentata dal fatto che il reato non é stato ritenuto configurabile nei confronti dei soggetti autori degli schiamazzi e dei rumori, ma a carico del gestore il quale ha correttamente esercitato il potere di controllo e, conseguentemente, deve andare esente da responsabilità. Seguono commenti in merito.

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