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Giulio Laurenti domenica presenta il suo romanzo-inchiesta “La madre dell'uovo” alla Fiera delle autoproduzioni a Molfetta
22 ottobre 2015

MOLFETTA - Durante l'edizione di domenica 25 ottobre della Fiera Delle Autoproduzioni, alle ore 19, nella centralissima Piazza Municipio di Molfetta, Giulio Laurenti presenta il suo romanzo – inchiesta "La madre dell'uovo" edito da Effigie editori.

L’autore parte da aneddoti e considerazioni sulla propria quotidianità presi a paradigma per indagare sui misteri che circondano il Paese da qualche decennio a questa parte; più precisamente dalla nascita della cosiddetta Seconda repubblica ai giorni nostri. Se si vuol essere ancora più circostanziati: il decennio 1991 - 2001. Tra questi estremi, due avvenimenti: la Strage del traghetto Moby Prince, quel fatto terribile a largo del Porto di Livorno in cui morirono arse vive 140 persone (4 di Molfetta), se non sottaciuto comunque, in relazione alle proporzioni, mai considerato abbastanza, e il G8 di Genova. Il tutto ruota attorno a due figure, all’apparenza distanti ed estranee tra loro ma accostate dai fatti, in quell’Italia che Churchill ebbe a definire “Paese dai tanti misteri senza alcun segreto”, cioè Ilaria Alpi e Carlo Giuliani.
In ciò che lega le due morti c’è, se si vuole, la chiave di lettura per spiegare il tutto, per dimostrare come anche nell’Italia post - Tangentopoli ha continuato ad operare la stessa mano invisibile della Strategia della tensione, tra i politici, il capitale, l’esercito, le forze dell’ordine e quella burocrazia parassitaria che, cambiassero i governi (anzi: più hanno rinomanza di ostili più sono servizievoli), ha conservato intatto il proprio modo di pensare e di agire, appreso e adottato nella notte dei tempi.
Come e perché accumunare la Somalia e Genova? Innanzitutto rappresentano due momenti che hanno palesemente dimostrato l’involuzione autoritaria della politica italiana, il venir meno del fragile equilibrio democratico costruito a seguito della Liberazione. Nel conflitto somalo, l’Italia scopriva che la sua pazienza nel Corno d‘Africa, dopo un altro quarantennio o poco più, andava mostrando nuovamente i suoi limiti e si buttava a capofitto in una vera e propria guerra dal sapore coloniale, a soddisfare i desideri nostalgici dei molti, soprattutto con lo sfruttamento e la devastazione di quelle terre e le violazioni dei diritti di quei popoli. In questo scenario, nel 1994, vengono assassinati Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
A Genova, sette anni dopo, con delle anticipazioni avutesi già da diversi mesi prima, in quella che è stata definita dagli organismi internazionali come sospensione dello stato di diritto e, dagli stessi responsabili, macelleria messicana, con riferimento alla rappresaglia della Diaz, si viene a palesare un mutamento di rotta presso gli apparati di sicurezza e d’ordine. La violenza dispiegata in quei giorni, spropositata e senza precedenti, se si considerano i momenti assai più difficili passati dall’Italia repubblicana, faceva emergere essenzialmente un dato: la fine dell’afflusso dei giovani democratici nelle forze dell’ordine che, a partire dagli anni Settanta, aveva portato alla sindacalizzazione della Polizia, e la ritrovata sintonia con i peggiori istinti reazionari tornati in auge con l’ariete del berlusconismo.
Mogadiscio e Genova, dunque, quasi come due prove generali di guerra in vista degli scenari futuri - soprattutto pensando alla nascente Gendarmeria europea cui qui si dà ampio risalto -, e in piazza Alimonda a comandare i defender ci sono dei carabinieri che si erano fatti le ossa proprio laddove si applicavano gli elettrodi sui testicoli dei prigionieri, pratica, beninteso, tutt‘altro che inusuale nella repressione e in guerra. Siamo dinanzi a quelle magnifiche presenze sui luoghi del delitto che potrebbero sembrare dettate dal caso ma che sempre si ripropongono a partire da Portella della Ginestra.

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