Don Mimmo visto da vicino
Abbiamo voluto conoscere meglio il nostro nuovo vescovo, per presentarlo ai cittadini e ai fedeli di Molfetta. Quale modo migliore per tracciare il suo profilo umano e pastorale che quello di andare personalmente a cercare testimonianze nella sua città natale, Altamura, terra di vescovi e nunzi apostolici, dove mons. Domenico Cornacchia, per tutti don Mimmo, come ama farsi chiamare, ha svolto la sua attività sacerdotale ed è stato anche parroco? È quello che “Quindici” ha fatto, incontrando coloro che hanno collaborato con lui, sacerdoti e laici. Ecco i loro ricordi. DON NICOLINO DI LEO (gi à pa rroco della Catted rale di Altam ura): era capace di domare le situazioni difficili Don Mimmo Cornacchia era una sorgente di acqua fresca, riusciva a comunicare grandi valori in modo semplice e immediato. È stato grande amico dei giovani, di quelli che rappresentano la speranza del futuro. Fu anche alla testa di un gruppo di giovani impegnati a riflettere sui problemi culturali e sociali, alimentava questo gruppo con l’esempio e la ricchezza interiore, con l’amore per la preghiera e l’approfondimento spirituale. Figlio di una famiglia povera di ben 8 figli, don Mimmo, ha sempre attratto i giovani per la sua giovialità, il suo immancabile sorriso, la dolcezza del suo tratto, con l’autorevolezza della persona e delle sue parole. I giovani lo andavano a trovare dopo le lezioni e si fermavano a conversare con lui. Sempre esigente sui principi, don Mimmo aveva la capacità di domare le situazioni difficili, anche dal punto di vista intellettuale. È stato un buon parroco, prendendo il posto di mons. Nicola Loiudice nella parrocchia del Sacro Cuore di Altamura. Poi passò al Seminario regionale come padre spirituale e non disdegno di ritornare umilmente ad Altamura a fare il parroco in una parrocchia nascente di periferia, tutta da costruire. Una nuova sfida che accettò volentieri cominciando in una stanza a piano terra. Poi non ha potuto vedere completata la costruzione della nuova chiesa, perché è stato chiamato a ricoprire l’incarico di vescovo della diocesi di Lucera e Troia. Con mons. Michele Castoro, vescovo di Manfredonia e S. Giovanni Rotondo, e con i nunzi apostolici Giacinto Berloco e don Donato Squicciarini, formavano un gruppo di amici. ROSANNA COLACICCO: significativa quella lettera al fratello ladro È stato un grande padre spirituale e tuttora abbiamo grande affetto per lui. È una persona tranquilla, sempre sorridente, sereno e gioviale. Contatta la gente direttamente. Anche da vescovo ha mantenuto la caratteristica del parroco. Quando viene ad Altamura gli piace incontrare i suoi compaesani, salutare tutti e in particolare i suoi giovani. Quando da giovane sacerdote assunse l’incarico di parroco del Sacro Cuore, organizzava i campi scuola ad Acerenza per i suoi ragazzi. C’era un mio amico, orfano di madre, in una situazione particolare, che ci è stata raccontata solo recentemente che lui prese a cuore, aiutandolo anche economicamente. Un’altra caratteristica di don Mimmo è la sua passione per la scrittura: scrive molto, si documenta e presenta gli argomenti degli incontri sociali con sue parole. Ha sempre consigliato ai giovani di leggere libri; anche lui spendeva tanto comprando libri. Aveva solo una piccola Fiat 500, che gli permetteva di girare per il paese e preferiva spendere i suoi soldi per i libri. Si accontentava di poco. Il rapporto con noi giovani è stato sempre diretto, partecipativo: veniva anche al mare con noi. Aiutava anche i parroci di altre parrocchie quando questi erano in difficoltà. Noi giovani del Sacro Cuore gli abbiamo dato una mano quando ha cominciato a mettere su una nuova parrocchia in periferia. Ci ha lasciato un buon ricordo e un rimpianto: nessuno parroco che è venuto dopo di lui è riuscito a reggere il confronto. Torna volentieri ad Altamura anche per incontrare noi, suoi ex giovani, ormai sposati e con figli. Si informa delle nostre famiglie, alcune delle quali sono nate fra matrimoni degli stessi giovani della parrocchia, come è accaduto a me che ho conosciuto lì mio marito. Quando arriva al paese, è una grande festa, siamo in tanti ad accoglierlo, sembra che arrivi il Papa. Quando è diventato vescovo di Lucera, i cittadini della città dauna ci hanno detto: “grazie per avercelo mandato”, ora che va a Molfetta, anche loro rimpiangeranno questo pastore, che fece suonare le campane a morto a Lucera quando fu decisa la soppressione del tribunale e di alcuni reparti dell’ospedale. Questo è don Mimmo. Ma per comprendere meglio la sua figura, voglio ricordare un episodio significativo. Quando stava mettendo su la nuova parrocchia aveva comprato un salvadanaio in terracotta, che aveva messo nella sede provvisoria della chiesa in un garage, per raccogliere le offerte dei fedeli. Un giorno questo salvadanaio sparì con tutti i soldi. Allora don Mimmo scrisse una lettera al “caro amico ladro” (che ricorda la lettera al fratello ladro, Massimo, zingaro ammazzato, di don Tonino Bello, ndr) e l’affisse dietro la porta della chiesa. In quella lettera il parroco scriveva: «se l’hai fatto perché avevi fame, io ti capirò, ma vieni da me, restituisci i soldi della chiesa e ti darò una mano». Purtroppo il ladro non si fece vivo, ma questo episodio è sintomatico del modo di essere prete di don Mimmo. Nella raccolta dei fondi per la nuova chiesa è stato sempre trasparente, annotava tutto e pubblicava i conti, condivideva tutto con i suoi parrocchiani. Per questo lo abbiamo stimato e amato tanto. MARIA GRAZIA VENTUR A (gi à presiden te dell ’Azione ca ttolica ): era al di sopra delle parti, anche con i politici Ho conosciuto don Mimmo da vice parroco di don Nicola Loiudice al Sacro Cuore dal 1976 al 1984. Poi don Nicola si fece da parte per lasciar spazio a don Mimmo, che svolse un ruolo importantissimo nella nostra parrocchia. Era il parroco di tutti dal più piccolo al più grande, era diventato prezioso per noi, nessuno ce lo doveva toccare. Lui si relazionava sempre col sorriso a tutti. Poi nel 2007 ordinato vescovo scelse come motto episcopale le parole di S. Bernardo di Chiaravalle: Servire Domino in laetitia, proprio quella gioia e gaudio che manifestava sempre nella vita della parrocchia, che considerava la famiglia delle famiglie. Nel mio ruolo di presidente dell’Azione cattolica, ho avuto modo di conoscerlo bene per darne testimonianza, poi ho fatto parte del consiglio per gli affari economici e quindi ho potuto verificare la sua assoluta trasparenza ed efficienza: i bilanci quadravano sempre, erano sempre attivi e sotto il controllo del consulente. Tutte le voci venivano registrate con precisione, perfino quelle più insignificanti che potevano essere omesse. Si basava tutto sulla fiducia reciproca. Mi ricordo un episodio che mi ha colpito: nel 1997 morì una mia sorella in un incidente stradale e don Mimmo, pur non essendo più parroco, l’ho ritrovato a celebrare la messa, sempre con la sua grande umiltà che non ha perduto nemmeno da vescovo. E quando mi rivolgevo a lui col titolo di “Eccellenza”, mi rimproverava: “devi continuare a chiamarmi don Mimmo”. L’altra sua caratteristica è stata quella di essere al di sopra delle parti, anche con i politici. Pur avendo il fratello come segretario del Pd, non ha mai strumentalizzato il suo ruolo per avere voti per il suo congiunto. Pur essendo buono e generoso, don Mimmo si rivela una persona ferma nelle sue decisioni: non si farà influenzare o quantomeno corrompere, conserverà la sua integrità. Sono rimasti delusi coloro che hanno tentato di manipolarlo, diffondendo anche cattiverie sul suo conto. Don Mimmo non scende mai a compromessi, ma non ho trovato mai una persona che parlasse male di lui. È difficile non andare d’accordo con lui. Infine un accenno alla sua ammirazione per don Tonino Bello, che resta il suo modello. Io non ho conosciuto personalmente don Tonino, ma attraverso le parole di don Mimmo, che lo porta sempre come esempio. E sono sicura che la gioia più grande per la sua nomina di vescovo a Molfetta, è quella di diventare, dopo 20 anni, il successore del servo di Dio.
Autore: Leonardo de Sanctis