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Da domani le riprese a Molfetta del cortometraggio sul peschereccio Francesco Padre A cura del Comitato “Francesco Padre” e Digressione S.R.L., regia di Donatella Altieri
01 ottobre 2014

MOLFETTA - Da domani a Molfetta inizieranno le riprese del cortometraggio "Francesco Padre" scritto da Donatella Altieri, Girolamo Samarelli e Giovanni Lupi, per la regia di Donatella Altieri.

Liberamente tratto da una storia di cronaca, agli inizi degli anni ‘90 molti pescherecci italiani quotidianamente raggiungevano le acque del Montenegro, notoriamente più pescose di quelle italiane. Nella notte tra il 3 e il 4 novembre 1994, il peschereccio molfettese “Francesco Padre” era là, con a bordo cinque uomini e un cane (il comandante Giovanni Pansini, 45 anni, Luigi De Giglio, 56 anni, Saverio Gadaleta, 45 anni, Francesco Zaza, 31 anni e Mario De Nicolo, 28 anni con il loro cane Leone). Poco dopo la mezzanotte, la barca affondò portandosi giù i loro corpi. A causa di un gioco di guerra in tempo di pace, il calendario del tempo di cinque famiglie di pescatori pugliesi quella notte è stato arrestato per sempre; e così le lancette degli orologi sono state inceppate inesorabilmente, in quelle case di onesti lavoratori del mare. Fino ad ora il ricordo è sopravvissuto solo nella memoria di pochi parenti che vivono nel muto dolore quella perdita irreparabile dei propri cari, e di quanti accarezzano e sentono propria quella tragedia

Quella storia oggi la chiamano l’ “Ustica di mare”. Nonostante siano molti i casi come questo, qualcosa ha reso la sorte dei 5 marinai molto diversa da quella delle vittime di Ustica. I cinque uomini del “Francesco Padre” sono stati dichiarati “colpevoli della loro morte”: sarebbero cioè saltati in aria perché trasportavano illegalmente esplosivo in zone di guerra. E così le vittime sono state trasformate in carnefici e le loro famiglie hanno dovuto rinunciare al diritto di seppellire i propri cari (deliberatamente lasciati in fondo al mare); rinunciare al diritto di ricevere dallo Stato un aiuto economico (prima riconosciuto e poi negato); al diritto di conoscere la verità (un segreto di Stato lo ha formalmente impedito) e quindi al diritto di avere giustizia.

“Accostarsi e provare a raccontare una storia vera e profondamente tragica come quella vissuta dai cinque uomini del Francesco Padre e dalle loro famiglie è per me, allo stesso tempo, dolce e crudele. Ho la sensazione di conoscere i cinque uomini perché ripetutamente ho incontrato mogli, madri, figlie e figli, fratelli e sorelle. Conosco nei dettagli le loro vite personali, le paure e i desideri di ognuno di loro. Ma con il passare del tempo è cresciuto il desiderio di incontrarli, di vederli e ascoltare dal vivo le loro voci. Di andare con loro in mezzo al mare. Ed è da un bisogno così crudele, perché impossibile, che nasce questo piccolo racconto: se non posso incontrarli nella realtà, allora posso farlo nella finzione, posso costruire l’incontro con i cinque uomini e con il mare mettendoci i colori che voglio, le parole che sento più vere e i pensieri che più si avvicinano alle loro vite. Posso fare in modo che tutto somigli un po’ di più a loro. Somigli ma non sia, si avvicini ma senza mai avere la pretesa di essere la sola verità possibile. E allora il peschereccio Francesco Padre diventa semplicemente Francesco, un bimbo di tre mesi che cresce cullato dal mare (che è madre!), fino a diventare un ragazzo e poi un padre (come padre era quel peschereccio per i cinque uomini scomparsi!). E i cinque uomini diventano cinque vite qualsiasi eppure uniche, irripetibili, fatte di desideri normali, gioie normali, fatiche normali, rischi normali. Uomini che non potevano essere assassini ma neanche eroi. Potevano però essere semplicemente normali.” Così pensa la regista Donatella Altieri.

Questo cortometraggio non è il racconto del “Francesco Padre ML990”, né la descrizione di una ipotesi investigativa, tanto meno la narrazione di un dolore. Questo piccolo film è un dono alla memoria di cinque uomini e un cane fatto dalla figlia del comandante Maria Pansini che con la sua tenacia ha mantenuto vivo da vent’anni l’impegno a cercare la verità sulla morte di suo padre e dei marinai dell’equipaggio.

Soltanto così il racconto si libera degli omissis e delle sentenze e prova a navigare acque diverse, in cui tutto è permesso, in cui possiamo ripensare le regole e le azioni, i dialoghi e i silenzi. E se le sentenze e gli omissis sono sulle scrivanie della terra ferma, questa storia riparte dall’acqua e termina nell’acqua, la stessa in cui il pesce grande mangia il pesce piccolo. È una legge della natura che i cinque uomini conoscevano bene, quella che risponde solo agli istinti di sopravvivenza.

Ma ci sono dati spazi preziosi di libertà in cui quella storia pietrificata può sciogliersi e diventare un’altra storia: questo piccolo film prova così a immaginare un’altra vita di cinque uomini in mezzo al mare. E prova a raccontare un’altra storia, di vita e non di morte, di libertà e di luce.

Questo piccolo film vuole provare a risalire in superficie e a far salire con noi, fino a farlo galleggiare, un pensiero nuovo. Un cortometraggio per ricordare, per tenere viva la memoria e ravvivare il dovere civico e morale di scrivere, rappresentare e sottoscrivere la verità.

Sulla scena: i due neonati sono interpretati da Renato Tinelli e da Roberto Porcelli, il bambino da Luca Minieri, il ragazzo da Davide Colucci, i cinque marinai da Gianni D'Addario, Franco Ferrante, Salvatore Marci, Michele Sinisi e Vito Facciolla, la moglie da Maria Grazia Baldini. Le foto di scena sono curate da Pasquale Susca, le musiche sono di Giovanni Chiapparino.

Prodotto da Digressione, società di produzione cinematografica e discografica, e da Intergea, il corto sarà presentato nella giornata commemorativa che si terrà il 4 novembre a Molfetta.

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