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Contabili e postini, il futuro dei medici molfettesi Come il 118 e gli indicatori sanitari influenzano i comportamenti
15 febbraio 2003

C'era un volta una politica sanitaria assistenziale, uno spreco forsennato di risorse, medici spendaccioni disposti a tutto, e soprattutto non c'erano mezzi per frenare queste …folli abitudini. Oggi grazie al piano di riordino ospedaliero, finalmente sono state trovate delle contromisure per fermare quei folli… dissipatori in camice bianco. Stiamo parlando degli indicatori sanitari vero incubo dei medici della nostra città che dopo aver mietuto le prime “vittime” qualche mese fa (traumatologia, urologia, nefrologia vedi “QUINDICI” di settembre) stanno radicalmente modificando il sistema sanitario molfettese. Ma vediamoli questi indici che, come una spada di Damocle, pendono sulla testa di tutti quei dottori poco attenti all'efficienza dei loro reparti e magari incoscientemente più propensi a pensare alla salute dei propri pazienti. Uno dei più temuti è il turn-over dei posti letto. La rotazione rapida delle merci in magazzino è uno degli elementi più attendibili per valutare la capacità produttiva di un'azienda. Mutatis-mutandis se consideriamo i pazienti come merce, i reparti come magazzini e l'ospedale come un'azienda, l'indice calza a pennello per controllare l'efficienza di medici e reparti e di conseguenza deciderne il futuro. La difficoltà sta nel coordinare quest'indice con un altro: la percentuale di occupazione dei posti letto. Un indice statico che in sostanza segnala il numero di letti inutilizzati in un determinato periodo. Bisogna, quindi, tenere quanto meno possibile la gente nei reparti (per avere un indice di rotazione alto) ma, allo stesso tempo, cercare di non lasciare posti letto vacanti (ecco spiegata la prassi di sistemare i pazienti in reparti a caso se non c'è disponibilità nei preposti) per poter rispondere al meglio alle richieste del piano e salvare il posto. In queste certosine operazioni manageriali devono esser riusciti meglio gli operatori sanitari di Bisceglie, Barletta, Andria con conseguente rinvio a settembre dei poco avvezzi in matematica di Bitonto, Terlizzi e purtroppo Molfetta. Pochi punti di scarto, ma sufficienti a far saltare reparti e avviare forsennate mobilitazioni. Poco importa che Molfetta, rispetto a Bisceglie per esempio, abbia una localizzazione migliore (trovandosi nei pressi di uno sbocco autostradale) e una popolazione maggiore o che la presenza di una struttura privata come Villa Giustina (Bisceglie non ha strutture private concorrenti) crei inevitabilmente delle distorsioni nei calcoli. Gli indici parlano chiaro, e il risultato è inequivocabile l'ospedale di Bisceglie è meglio di quello di Molfetta. O forse è un altro il risultato inequivocabile la politica biscegliese ha battuto quella molfettese. E i cittadini, gli unici veri sconfitti, non fanno una piega, nascondendo la rassegnazione dietro un'apparente disinteresse. Ma a turbare il sonno dei medici molfettesi non ci sono solo i numeri. Il servizio 118 è diventato un altro degli incubi ricorrenti. Anni di studi e specializzazioni varie, sacrifici e giuramenti per poi finire in un'ambulanza a fare da accompagnatore al malcapitato di turno. Diventare, dopo esser stato per anni chirurgo plastico, cardiologo o chissà cos'altro, un postino. Certo un postino specializzato, col compito di trasportare il malato (pacco postale) da un ospedale all'altro nell'attesa di trovarne uno pronto e attrezzato ad accoglierlo, dal momento che il suo ospedale, quello di Molfetta, difficilmente sarà in grado di intervenire. Ma se i compiti sono questi c'era proprio bisogno del 118? Il Ser non svolgeva bene le stesse funzioni anche prima? Era proprio necessario creare altro caos in un settore con già tante difficoltà? Tutti questi interrogativi uniti alla difficile credibilità degli indici (e dei relativi provvedimenti presi in funzione) gettano grosse perplessità sull'effettivo valore di questo “piano di riordino”, fortemente voluto dal presidente della Regione Puglia, Raffaele Fitto. Certo, in periodi in cui si curano tumori col bicarbonato e si montano pezzi di ricambio di auto brasiliane al posto di valvole cardiache, sono così tanti e evidenti i problemi del nostro sistema sanitario, che queste cose suonano come frivole problematiche da sindacalisti. Ma è doveroso a volte far notare che la malasanità ha radici profonde e i medici troppo spesso pagano per colpe non solo loro. Fabrizio Fusaro
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