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Annamaria fu trovata col cranio fracassato la notte del 3 fe bbraio 1992 sulla statale 16 bis Omicidio Bufi, il Pm chiede 24 anni di carcere per Marino Domenico Bindi
15 febbraio 2007

Chiesti 24 anni di carcere per Domenico Marino Bindi, 59 anni, ex insegnante di educazione fisica, accusato di essere il responsabile dell'omicidio di Annamaria Bufi, la ragazza di 22 anni, sua amante, trovata morta, con il cranio fracassato, all'1.30 della notte del 3 febbraio 1992 sulla Statale 16 bis, poco prima dello svincolo della zona industriale. La richiesta è stata fatta dal Pubblico Ministero di Trani, Dott. Ettore Cardinali nella sua lunga requisitoria, durata oltre 8 ore e due udienze davanti alla Corte d'Assisi di Trani. Il processo iniziò dinanzi alla Corte di Assise di Trani il 29 ottobre 2003. Il PM Cardinali, il quale ha ereditato il fascicolo processuale dal collega dott. Francesco Bretone, nel frattempo trasferito alla Procura di Bari. Per gli altri imputati, Onofrio Scardigno amico di Bindi, imputato di favoreggiamento in omicidio per avere omesso di riferire alla magistratura di avere raccolto la confessione di Bindi sull'omicidio stesso ed Emilia Toni, ex moglie del presunto assassino (imputata di favoreggiamento per avere, secondo gli inquirenti, fornito l'alibi falso al Bindi per la sera dell'omicidio) il magistrato ha concluso chiedendo anni 3 di reclusione per lo Scardigno, invece per la Emilia Toni l'assoluzione per nullità formale delle dichiarazioni rese dalla donna nel corso delle indagini. Infatti la Toni, ascoltata dal Pubblico Ministero del 1992, non fu avvisata della facoltà di non rispondere alle domande in quanto moglie dell'imputato (la legge le concedeva invece tale facoltà) sicché la Corte ha dichiarato l'inutilizzabilità processuale delle dichiarazioni stesse. Secondo il PM Cardinali non vi è alcun dubbio sul fatto che Bindi (arrestato nel 2001, ed ora libero) fu l'autore materiale di quel barbaro assassinio, definito dal dott. Cardinali un vero e proprio massacro della giovane ragazza. Ricordiamo che Annamaria venne prima picchiata (18 lesioni sul viso e sul corpo) e poi uccisa con un corpo contundente con il quale venne colpita al capo con 6 colpi che ne provocarono l'immediato decesso. La requisitoria si è articolata sulle prove granitiche raggiunge dalla Pubblica Accusa, che secondo quanto detto in aula dal dott. Cardinali si configurerebbero: nelle dichiarazioni di Nicola Volpe, amico di Bindi e suo ex socio in affari, al quale lo stesso Bindi, confidò nel 1996 di avere ucciso la ragazza e che per questo motivo stava soffrendo; nelle dichiarazioni del teste Michele Nanna, il quale aveva raccolto e registrato le confidenze fattegli dallo Scardigno, che gli aveva riferito che una sera, sollecitato dalla madre del Bindi, corse a salvare il presunto assassino in preda alla disperazione e che, entrato in macchina, il Bindi ebbe a dire “cosa ho fatto, ho ucciso Annamaria”; sulle intercettazioni telefoniche ed ambientali predisposte all'interno dell'autovettura dello Scardigno il quale all'esito del suo interrogatorio nell'anno 2002 riferì alla moglie Anna Andriani che lo attendeva in auto, che era vero che il Bindi quando lui lo aveva soccorso gli aveva riferito quelle parole (“cosa ho fatto …”); sulle dichiarazioni della supertestimone Francesca Spadavecchia, la quale nel recente 2006 ha confessato alla magistratura di avere saputo dalla viva voce di Angela Amato, cognata di Bindi, che era stato proprio quest'ultimo ad uccidere la ragazza e che l'uomo si era dato all'alcool per lavare il peccato commesso; nelle dichiarazioni del teste Giuseppe Di Pierro, amico della palestra del Bindi, al quale quest'ultimo aveva chiesto di fornirgli l'alibi per la sera dell'omicidio, proprio nell'ora in cui era stato commesso, riferendo falsamente agli inquirenti che il Bindi era presente in palestra all'ora dell'omicidio e che stava facendo lezione. Il Di Pierro aveva per anni aiutato Bindi ma poi era crollato di fronte alle domande degli inquirenti, riferendo che l'alibi era falso ed era stato Bindi ad indurlo a mentire. Il Pm ha sottolineato come la relazione amorosa ed extraconiugale, fra Bindi e la ragazza uccisa, si protraeva sin da quando la Annamaria era minorenne ed era perdutamente innamorata di lui. Ha inoltre evidenziato il dott. Cardinali come nel corso delle indagini del 1992 sono state compiute gravi attività di depistaggio investigativo, consistite nella sparizione delle scarpe trovate nel corso di una perquisizione in casa Bindi il giorno dopo l'omicidio (scarpe che presentavano tracce di terriccio, proprio come quelle della vittima); la falsificazione delle intercettazioni telefoniche compiute sull'utenza di Bindi nel 1992; la non sottoposizione nell'immediatezza del fatto della macchina di Bindi a perizia, macchina che fu invece periziata nel 2001 e all'interno della quale i Carabinieri del Ris di Roma e la Polizia Scientifica rinvennero tracce di sangue umano nel vano bagagliaio, utilizzato dal presunto assassino per il trasporto del cadavere. La sparizione delle prove, secondo il dott. Cardinali si giustifica solo con la volontà di coprire, e di coprire non certo un innocente. Il PM ha chiesto alla Corte che i genitori della ragazza possano ora trovare Giustizia, che la ragazza finalmente possa riposare in pace e che la Città di Molfetta e tutto l'ambiente giudiziario e gli addetti ai lavori, possano infine ritornare alla giusta dimensione e credibilità che meritano. Il prossimo 21 febbraio la parola spetterà al legale della famiglia Bufi, Bepi Maralfa, e poi, infine i giorni 21 e 22 marzo alla difesa degli imputati (avv.ti Papeo, Di Terlizzi, Carobello e Ancona) che concluderanno la discussione prima della sentenza che si attende per il giorno 23 marzo.
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