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Alternanza Scuola Lavoro non estinguiamo le differenze
15 luglio 2018

È un’assurda pretesa. Un’assurda pretesa credere che nei Licei l’Alternanza Scuola Lavoro possa rappresentare un punto di forza, un incentivo che vada ad ampliare quello che è il piano di studi previsto dall’indirizzo curricolare. A questo ci pensano i vari corsi promossi dall’istituzione scolastica a seconda delle possibilità e degli interessi degli studenti, ma non l’ASL. Per quanto si possa essere riscontrata un’esigua minoranza di esperienze positive di percorsi di Alternanza Scuola Lavoro, nella stragrande maggioranza dei casi essa non risulta proprio il fiore all’occhiello della cosiddetta Buona Scuola introdotta dal governo Renzi. Evidentemente perché nel momento in cui è stata estesa anche negli indirizzi liceali non ci si è resi conto dell’eterogeneità intercorrente fra questi ultimi e gli istituti tecnici e professionali in cui era già in vigore come una rispettabilissima scelta mirata a potenziare quelle conoscenze acquisite tra i banchi trasmigrandole al mondo lavorativo. Un mondo piuttosto vicino a studenti che frequentano un istituto alberghiero piuttosto che un indirizzo professionale, ma ancora abbastanza lontano da coloro che hanno prediletto gli studi liceali. E non è quella dell’Alternanza Scuola Lavoro l’opportunità per renderlo tangibile anche ai liceali, per cui rappresenta più un una difficoltà che un potenziamento. Sia perché molte volte il percorso di Alternanza Scuola Lavoro intrapreso non rispecchia le attitudini e le preferenze dello studente sia perché il tutto è a discapito di quelle necessarie differenze che sino a questo momento hanno caratterizzato i vari indirizzi dell’istruzione secondaria superiore italiana. Non senza ragione ai tempi della scelta uno studente ha preferito il Liceo Scientifico all’Industriale, o il Liceo Classico ad un istituto professionale con sbocchi lavorativi talvolta immediati. E non a caso questi due differenti tipologie di studi prevedono metodi di studio e programmi didattici altrettanto differenti. Pare che sia stato commesso, in un certo senso, lo stesso errore della Destra storica al potere fino al 1876: l’estensione a tutta l’Italia delle istituzioni sabaude, senza tener conto delle diversità fra Nord e Sud del Paese. E come questa scelta fu deleteria per il Mezzogiorno, che ancora oggi ne paga le conseguenze, una riforma simile nell’ambito didattico potrebbe esserlo altrettanto, andando ad incidere radicalmente sulla pubblica istruzione. Specialmente nel momento in cui l’Alternanza Scuola Lavoro, oltre a divenire percorso che accompagna il triennio anche negli indirizzi liceali, diverrà oggetto di esami di Stato. Sono queste le prerogative per gli esami di maturità 2019, che spaventano non poco i diretti interessati, docenti compresi. Non si sa ancora in quali termini l’Alternanza Scuola Lavoro dovrà essere trattata nel colloquio orale, non si conosce esattamente quanta importanza essa avrà per determinare la valutazione degli studenti, ma soprattutto non si sa se sia giusto ridurre un quinquennio di studi liceali ad un colloquio incentrato su un percorso che non ha soddisfatto, che ha sottratto tempo alle attività curricolari, incidendo notevolmente sulle modalità con cui viene affrontato il programma didattico. Forse Platone non aveva delineato uno stato così utopico all’interno della sua “Repubblica”, avanzando la proposta di uno stato che non si fondasse sul principio di ereditarietà, bensì sul principio delle attitudini. Solo così si potrebbero valorizzare le competenze, mettendo a frutto quella diversità che caratterizza gli uomini. E guai ad estinguerla: estinta la diversità, forse si potrebbe definire estinto l’uomo stesso. Se l’Alternanza Scuola Lavoro è un espediente per attanagliare le inclinazioni, per omologare piani di studi e giovani stessi, i Licei non ci stanno. La loro formazione propugna ben altro. © Riproduzione riservata

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