A Corato “I volti delle stelle” di Marisa Carabellese
Nuova personale per l’artista molfettese Marisa Carabellese, che, presso la Secopstore di Corato, in via Monte Vodice, ha esposto i suoi “Volti delle stelle”. Sono intervenute al vernissage l’architetto del Ministero dei Beni Culturali Rosa Mezzina, Direttore dei Castelli federiciani di Bari e Trani, e la poetessa Angela De Leo, che si è avvalsa di uno dei segni zodiacali della Carabellese, l’Acquario, per la copertina del libro “L’ora dell’ombra e della riva”. L’artista compie un regesto delle sue creazioni legate ai volti astrali, riproponendo versioni già presentate al pubblico (non dimentichiamo che i segni zodiacali sono stati oggetto di analisi critica tra le pagine della rivista ministeriale “Beni culturali”, n. 1, anno XVIII, gennaio-febbraio 2010), affiancate a nuove, felici, variazioni sul tema. Finezza psicologica e perizia nella rappresentazione umana caratterizzano questi lavori. La precisione fisiognomica è in armonia con l’amorevole cura prestata dalla Carabellese nelle solide prove di ritrattistica del suo percorso estetico, che l’hanno veduta rappresentare intellettuali del calibro dei compianti Elena Bono ed Enzo Mandruzzato, con i quali l’artista ha intrattenuto una corrispondenza epistolare ed effettuato collaborazioni culturali (si pensi alle icone, bellissime, di Achille, “eroe gentile”, per una pregevole pubblicazione del celebre grecista). I “volti delle stelle” rappresentano un accurato binomio di doctrina e felicità dell’ispirazione, con attenzione peculiare al mito che, per la pittrice molfettese, assurge a categoria esistenziale e metafisica. Classicità e vestigia degli itinerari più interessanti del secolo breve e del nuovo millennio coesistono in queste creazioni, vessillifere dell’arcano vivo al fondo della nostra anima, flusso infinito e sfaccettato che sfugge a ogni cristallizzazione. La tragicità dell’esistere cosmico, il mistero del dolore, della violenza, la natura ambigua dell’Io, le pulsioni istintuali, il coesistere di innocenza e impudica sensualità: tutto questo vibra tra le pieghe di questi oli su tela o su carta. Emerge ora l’ironia, che doma il Leone e lo induce ad acquattarsi, gatto smanioso di coccole, in grembo a una bella semidormiente (nell’intersezione tra braccia e collo si inscrive la fiera, quasi appendice del corpo della fanciulla serena). Ora si consuma la minace arroganza di chi detiene il crisma della forza, viva nella seconda rappresentazione del segno, riuscito connubio tra la maschera urlante del leone, pronto all’offesa, e il viso maschile virile e selvaggio, su uno sfondo che gioca sulle gradazioni del rosso, nel suo entrare in composizione con il blu e con il giallo. Particolarmente riuscite le variazioni sul tema dei “Gemelli” (una prescelta come copertina della silloge “Il segreto di Chelidonia”): riecheggia il destino dei Dioscuri, emblemi della nudità della condizione umana, perennemente sospesa tra Ade, terra e cielo. Un viso nella claritas della gioventù, con la sua beltà androgina e glaciale; un altro scosso dal sentimento del Tempo e chino nell’oscurità, forse ipostasi di quella zona oscura che persiste al fondo di ciascuno di noi. La seconda versione, con la comparsa del panno, spesso presente, a mo’ di quinta scenica, nella produzione della pittrice, si innesta in un’aura mitica, accentuata dalla scultura, espressionisticamente connotata, e dalla dominanza del blu, colore del divino, con una nota di acciaio. Ogni opera ha un suo tratto degno di nota. Malioso lo Scorpione, incarnato in una figura di donna attonita, la cui natura metamorfica determina l’assenza di soluzione di continuità tra membra e chele. Languido il Sagittario; placida e confidente la Vergine, che ha la grazia e la purezza di una colomba; sognante e fragile l’Acquario, splendore di fondali e conchiglie; maestoso e austero, quasi medianico il Cancro. Nel Toro rivive il mito di Pasifae, tra richiamo sanguigno del sesso e memorie di perduta purità; l’Ariete è tutto un gioco fascinoso di linee spigolose e membra ossute. Il Capricorno ha pensosa dolcezza; la Bilancia un sentore di atavica rassegnazione al mistero; i Pesci sono una sarabanda di luce e dinamismo, a suggellare il segno più mutevole e incostante. Grande intensità, insomma, connota i “Volti delle stelle”, volti di uomini e donne sospesi tra determinismo del fato e libero arbitrio, fragilità e fortezza, persino hybris, a tratti. Sentimenti che l’arte trasfigura in eleganza e armonia.
Autore: Gianni Antonio Palumbo