Una partecipazione esemplare: testimoni di un’attesa compiuta
Molteplici sono gli aspetti evidenziati nel commentare la visita pastorale di Papa Francesco a Molfetta, ricollegandoli soprattutto all’affinità del suo stile pastorale a quello di Don Tonino, tanto simile da accomunare entrambi, nonostante non si siano mai conosciuti, in varie definizioni come “figli del Concilio”, “profeti della Speranza” ed altre ancora. Personalmente però sono rimasto favorevolmente impressionato da un altro aspetto, che mi sembra rimasto in secondo piano rispetto al rilievo dato al valore ed al significato della presenza del Papa a Molfetta, e cioè l’atteggiamento con cui la gente di Molfetta e non solo, ha vissuto l’avvenimento. Forse perché, abituato a certe cadute di stile o eccessi, che si registrano in occasione delle processioni pasquali o della Festa patronale della Madonna dei Martiri, allorquando il folclore e il clima festaiolo, inquinano l’espressione genuina di quelle forme di religiosità popolare, che pure costituiscono una componente importante nel modo di esprimere la nostra Fede. Nella circostanza, invece, mi è sembrato che al di là dell’eccitazione e dell’attivismo dei giorni precedenti, in quel giorno tanto atteso, nella veglia notturna dei pellegrini, nel passaggio dei varchi, nelle ore di attesa, la moltitudine dei credenti si sia sentita “un cuor solo e un’anima solo”, a fare da sfondo e sentirsi partecipe di un evento unico e irripetibile. Se devo sintetizzare lo stato d’animo che maggiormente ho colto nella gente devo riferire di un atteggiamento di riflessione, per non usare il termine più ecclesialmente corretto di discernimento: riflessione sulla portata di ciò che stava accadendo, sentirsi cioè testimoni di un’attesa compiuta, di un incrocio provvidenziale che attraverso due figure “significative” rendeva evidente l’agire dello Spirito nella nostra Storia, imponendosi ai nostri occhi attraverso la molteplicità dei segni e delle coincidenze. Un atteggiamento che, a distanza di venticinque anni, confermava quell’espressione che Papa Francesco aveva utilizzato ad Alessano, qualche ora prima, parlando di Don Tonino “inseminato”, per far germogliare nel tempo i frutti della Sua attività pastorale nel Suo popolo. Quel popolo che in quella splendida mattinata di aprile, ha voluto restituirgli con Francesco quella carezza, di cui ciascuno si sentiva da Don Tonino personalmente beneficiato, attraverso i suoi gesti e la sua parola, o anche semplicemente i suoi sguardi. Senza eccessi, senza fanatismi ma sentendosi “un cuor solo e un’anima sola”, attorno a Papa Francesco, sulle orme di Don Tonino. © Riproduzione riservata