Un massacro senza ragioni, un insulto all’umanità
È difficile scrivere di guerra. Lo è ancora di più se lo si fa nel confort della propria casa, al sicuro, lontana da bombe e violenze. Così, per prepararmi alla scrittura di questa breve riflessione, ho scaricato sul mio IPhone qualche giorno prima ????????. Questa applicazione avvisa in tempo reale dell’inizio e della fine di un attacco, proprio dall’incipit delle sirene diventate ormai tristemente famose dal 24 febbraio ed è tra le app più usate dagli Ucraini. Ho impostato Kiev come città di base per comodità (la app è sviluppata solo in alfabeto cirillico per cui era complicato individuare altre città) ed ho attivato le notifiche. Non ho mai spento il cellulare, nemmeno di notte. Il 7 aprile alle ore 00.02 il telefono ha cominciato a vibrare forte. L’inizio di un attacco missilistico. Ore 00.20 una nuova notifica ad avvisarmi della fine dell’attacco. Nel cuore della notte, però, alle 02.17 il cellulare mi sveglia segnalandomi l’inizio di un altro attacco su Kiev. Cuore in gola. Nonostante sapessi di essere in Italia, accanto ai miei affetti. E da lì ho cominciato a farmi domande. Al di là dei tanti reportage e immagini che ben documentano quotidianamente la situazione, com’è davvero vivere nell’assoluta incertezza di quello che sarà? Come ci si addormenta la sera senza la certezza di risvegliarsi il giorno dopo, perché magari sei nel posto sbagliato al momento sbagliato? Ma poi, esistono un posto ed un momento davvero sbagliato, nel luogo che hai sempre reputato “casa”? Il coraggio per prendere quel poco che ti è rimasto e decidere di percorrere quella farsa di corridoi umanitari (che troppo spesso si sono rivelati trappole) è insito in situazioni simili a questa o devi necessariamente trovarlo? Cosa provano i soldati al fronte, costantemente sotto mira, sapendo di aver lasciato a loro volta mogli, mariti, figli, genitori, famiglia in balia di attacchi dettati dalla follia di un uomo solo? Cosa sentono le donne deportate, separate dai figli, violentate, poi uccise? Cosa pensano i bambini, i più innocenti ed indifesi, quando rimangono gravemente feriti o uccisi e si ritrovano a terra, con i loro peluche macchiati di sangue? Probabilmente sono domande stupide, scontate, inutili. Riflessioni di una donna nata nel 1993 e cresciuta in Italia che ha visto e studiato la guerra, fortunatamente, solo sui libri e giornali. Forse sono domande alle quali non saprò mai rispondere. Le riporto su questo foglio ma non ne trovo ancora la logica. Perché la guerra è priva di logica. Non ci sono motivi e mire che possano giustificare tutto il male e le atrocità che il popolo ucraino in questo caso, ma più in generale i popoli vittime in centinaia di focolai di guerra attualmente attivi, sta sopportando. La guerra è quella cosa in cui perdono tutti e checché se ne dica ha perso anche Putin. Ha perso già quel 24 febbraio. Magari anche la conclusione a cui mi hanno portato le mie riflessioni è banale. Magari no. Alle 02.32 il mio cellulare mi avvisa, vibrando, della fine dell’attacco. Mi auguro di non sentirne più almeno per il resto della notte. Mi rimetto sotto le coperte ma non riesco più a prender sonno tranquilla. © Riproduzione riservata