Storia di un Natale diverso
Il pensiero dei familiari per i molfettesi in missione in Iraq
Eccoci, come ogni anno, a tirare le somme alla fine delle festività natalizie. Come al solito ci lasciano il ricordo dei regali scartati e, sulle tavole imbandite dei nostri interminabili pranzi con amici e parenti, non resta che qualche briciola e la consapevolezza di aver dimenticato le fatiche di ogni giorno per lasciarci trasportare da un periodo quasi magico che ci fa vivere momenti di serenità e tranquillità.
Io questo Natale l'ho vissuto in maniera diversa: il mio pensiero è tante volte volato lontano dalla nostra Molfetta per perdersi nelle antiche e, purtroppo oggi note, terre irachene.
In questo paese, che oggi fa fatica a riprendersi le sue dimenticate radici democratiche anche all'indomani della cattura dell'ex rais Saddam Hussein, c'è una fetta di italiani silenziosi che ogni giorno lavora in condizioni difficili, in lotta con un nuovo nemico quasi invisibile che va sotto il nome di terrorismo internazionale. Il fenomeno che è alimentato da una forma di fondamentalismo che molte volte spinge i suoi adepti anche ad immolarsi e che ci fa vivere con un senso di instabilità che nei momenti più drammatici ci blinda nelle nostre stesse paure.
In questa nutrita schiera di ragazzi che ha trascorso le vacanze lontano da casa ci sono anche cinque nostri concittadini impegnati nella missione “Antica Babilonia” che vede dispiegati al sud dell'Iraq, circa tremila soldati italiani. Il mio più sentito ringraziamento e augurio per l'anno nuovo, sicuro di rappresentare anche quello dell'intera comunità molfettese, va ad Alessandro Lazzizzera, Nicola Ragno, Nicola Germinario, Michele Muti e a mio fratello Giancarlo Camporeale, in servizio a Talill a pochi chilometri da Nassirya. Da due mesi le e-mail e le brevi telefonate sono il solo contatto con lui, il mezzo attraverso il quale ci rassicura e spesso ci racconta come l'entusiasmo degli italiani, la loro professionalità il loro immenso cuore sia apprezzato dalla popolazione che li considera “amici”.
All'indomani della strage di Nassirya, sono stati definiti eroi ma io non posso non vederli che attraverso i racconti di mio fratello: stretti in una tenda per la Santa Messa e tra un turno di servizio e l'altro, vicini a un alberello fatto con le lattine, intonare un canto per aspettare di festeggiare il nuovo anno all'ora italiana, quasi a non voler spezzare quel filo diretto che ci lega nonostante la distanza. Sono queste le sensazioni che mi sono giunte da una cornetta che faceva arrivare la voce tanto lontana ma che non faceva che incrementare la stima e l'affetto per queste sue e nostre speciali festività.
Dare qualche cosa da mangiare ai bambini che attendono appostati lungo le strade il passaggio dei convogli con la bandiera italiana, o regalare a questa gente stanca di tanto patire un sorriso, sono i piccoli gesti quotidiani, lontani dalle logiche politiche, e ulteriore stimolo al loro lavoro che tutti svolgono con passione e attaccamento al tricolore con il solo scopo di riportare quella pace auspicata da tutti ma ancora lontana dall'essere raggiunta. Grazie ragazzi e buon lavoro!
Alessandro Camporeale