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Spiaggiata, una tartaruga Caretta Caretta muore sul lungomare di Molfetta
12 settembre 2010

MOLFETTA - Una grossa tartaruga, presumibilmente del tipo "Caretta Caretta", si è spiaggiata questa mattina sul lungomare "Marcantonio Colonna" di Molfetta. Era purtroppo priva di vita quando i Vigili del Fuoco del locale Distaccamento l'hanno recuperata con l'ausilio di una scala, rimuovendola dagli scogli in cui era rimasta incastrata, a causa della violenza delle onde che l'hanno trasportata sino a riva. Erano le 11.30.
Appariva gonfia (forse in stato di "rigor mortis"), di un colore rosso-marrone scuro, con visibile ammaccature sulla corazza, che in alcuni punti era addirittura scorticata. E, secondo quanto riferito da uno dei vigili intervenuti, emanava già cattivo odore. Segni, questi, che farebbero pensare che la testuggine era già morta quando è stata avvistata stamattina da alcuni cittadini, che erano affacciati al balcone delle loro abitazioni che costeggiano la zona, all'altezza dell'ex hotel "Tritone", e da passanti che erano a passeggio proprio sul lungomare.
Con l'ausilio di un binocolo, un papà con il figlioletto hanno avvistato l'animale che galleggiava intorno alle 10.30 e hanno chiamato la Capitaneria di Porto e la locale sezione del Wwf, nella speranza potesse essere evitato lo spiaggiamento con l'inevitabile rischio di traumi a danno dell'animale contro gli scogli. Si pensava che la testuggine fosse ferita, in difficoltà, priva di forze. Ma, stando alle testimonianze di altri cittadini, già intorno alle 9 la testuggine era visibile in acqua. Di certo, verso le 10.45, sono giunti sul posto due marinai della locale Capitaneria, che hanno tentato di organizzare una operazione di recupero dell'animale, comunicando con la centrale operativa, che avrebbe dovuto inviare un gommone.
Ma nel giro di dieci minuti, la situazione è precipitata: le onde sono aumentate di volume, intensità ed altezza ed hanno travolto la tartaruga che ha così cominciato ad avvicinarsi pericolosamente alle scogli, in quel punto, scivolosissimi ed impraticabili. Solo i sommozzatori avrebbero potuto evitare l'inevitabile. Ad ogni modo, sembrava che la testuggine galleggiasse senza la minima reazione, fino ad arrivare a roteare su se stessa, spinta dal movimento delle onde e del forte vento. Da una attenta osservazione, era questa la situazione già intorno alle 10.45. Straziante la scena dello spiaggiamento: la testuggine, travolta dalle onde, ha cominciato ad urtare violentemente contro gli scogli, ripetute volte. Riaffiorava in superficie per poi scomparire.
Ma sempre senza mai muovere gli arti. Tutto questo per pochi minuti, fino a quando è scomparsa del tutto. La gente intanto è aumentata, ammassandosi contro il muretto del lungomare, nel punto in cui ci sono alberi e panchine, zona dove la testuggine è stata spinta dalla corrente. Constatata la situazione, un cittadino ha pensato bene di chiamare i vigili del fuoco, che sono intervenuti immediatamente. E altrettanto immediatamente, con l'ausilio di una scala, sono scesi sugli scogli: individuato l'animale, incastrato, sono riusciti a rimuoverlo e a portarlo in superficie, adagiandolo su uno scoglio piano, al riparo dalle onde. Secondo quanto hanno riferito gli operatori, la testuggine era incastrata sott'acqua a testa in giù, ed avrebbe ricevuto notevoli colpi, a causa della corrente e della mareggiata. Intorno alle 12, sono arrivati sul posto due marinai della Capitaneria di porto, chiamati dai vigili del fuoco, una volta ultimato il recupero.
La testuggine è stata raccolta dai vigili del fuoco su richiesta dei marinai, avvolta in buste di fortuna e a loro consegnata. Benché sia la tartaruga marina più comune, la "Caretta Caretta" è purtroppo specie fortemente minacciata in tutto il bacino del mar Mediterraneo, e ormai al limite dell'estinzione nelle acque territoriali italiane.
Questo spiaggiamento deve far riflettere sulle condizioni dell'intero ecosistema marino. Anche qui. A casa nostra.

© Riproduzione riservata

Autore: Giulia La Volpe
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La corsa alla conquista dei mari e delle sue risorse assume molte forme: dispute territoriali, dispute sulle risorse e contrasti tra la pesca effettuata dall'uomo e le esigenze dei mammiferi marini. Con l'intensificarsi della caccia alle riserve di pesce, le dispute territoriali tra le nazioni costiere si sono fatte sempre più comuni. Un drammatico esempio sono state le Guerre dei Merluzzi tra Islanda e Inghilterra negli anni '60 e '70. L'Inghilterra ha infine dovuto cedere di fronte al principio della Zona economica esclusiva adottato dall'Islanda, ma da essa stessa poco dopo seguito. Un conflitto diverso nasce quando una risorsa marina serve a più esigenze. Nell'Atlantico del Nord, l'osmero è pescato per farne farina di pesce, ma viene anche mangiato dal merluzzo, a sua volta prezioso alimento. I conflitti tra l'uomo e i mammiferi marini sono sempre stati intensi. A parte la caccia delle balene, sono innumerevoli anche le uccisioni delle foche grigie nelle isole Orkney e dei delfini al largo del Giappone, a protezione degli interessi dei pescatori locali. Negli anni '50 e '60 erano centinaia i delfini uccisi nel Pacifico dalle reti dei tonni. Ora sono meno, a causa dela modifica nelle tecniche di pesca. Ma la strage continua con le focene, che finiscono nelle reti "da posta" per i salmoni. L'industrializzazione - a volte selvaggia - l'inquinamento non controllato e spesso dovuto a veri errori umani di negligenza, di incapacità di gestioni sia di produzione che di costi, sta provocando la morte lenta dell'ecosistema marino. Nonostante le varie e continue bonifiche, il piano MARPOL del 1973 contro l'inquinamento, non si riesce a risolvere la partita ecologica in atto: ne va' anche della sopravvivenza del genere umano. La Conferenza sulla legge del mare, è stata spezzata in due a causa della riluttanza dei paesi industrializzati a dividere la propria tecnologia mineraria oceanica con le nazioni in via di sviluppo. -
Lo stato del mare tutto, degli oceani, è una sensibile cartina tornasole per misurare la nostra capacità di gestire il pianeta. Basta puntare l'attenzione in uno qualsiasi dei 360 milioni di chilometri quadrati del mondo oceano, e si scoprirà sempre qualche segno, per quanto leggero, della presenza e dell'impatto dell'uomo. Mano a mano che comprendiamo le dimensioni multiple dell'ecosistema degli oceani, risulta sempre più evidente che i nostri errori nella gestione dei mari sono assai più difficili da rimediare rispetto a quelli commessi a terra. Nuove tecnologie ci permettono di addentrarci sempre più negli oceani, mentre gli agenti inquinanti diventano distruttivi e irreversibili, ricomparendo a migliaia di chilometri dagli insediamenti umani (vedi spiaggiamenti di tartarughe, delfini, balene, pesci estinti e in estinzione, insomma un olocausto marino). Mentre l'oceano era prima considerato una sconfinata distesa di proprietà di nessuno, accordi di pesca e con un crescente di leggi usuali e internazionali, negli ultimi 50 anni, è emerso un nuovo principio: quello dell'"eredità comune". L'obiettivo non è stato ancora raggiunto, ma si è arrivati a una nuova "costituzione scritta" dell'oceano. Questo spirito "universalistico" stimolò l'attuazione della Terza legge della conferenza del mare - UNCLOS - che è entrata in vigore dal 1973 al 1982. Il Trattato però , è rimasto un pezzo di carta privo di valore pratico, per il rifiuto a firmare lo stesso, da parte di nazioni che hanno declinato l'invito. Non tutto è perduto: l'Organizzazione marittima svolge un discreto lavoro sulla navigazione e sul controllo dell'inquinamento, anche se in questi ultimi anni, molti avvenimenti tragici hanno stravolto l'ecosistema marino del globo intero. Come si possono persuadere i governi ad affrontare i problemi dei mari con spirito di collaborazione? Non possiamo rifiutare questa sfida, perchè non c'è dubbio che il mondo marino è il nostro nuovo ruolo di custodi del pianeta TERRA.-

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