Sebben che siamo donne, incontro letterario a Terlizzi sull'emancipazione sociale con scelte radicali
TERLIZZI - Sabato 26 settembre alle ore 19 al Cafè Maxim di Terlizzi, viale delle Mimose torna ad essere crocevia di storie di militanza e memoria, dopo il concerto, ad agosto, del cantautore Alessio Lega, questa volta aprirà le sue porte ad un incontro letterario e non solo…
Con l’autrice Paola Staccioli e la testimonianza diretta di Silvia Baraldini, si parlerà di donne ed emancipazione sociale attraverso le scelte radicali raccontate in questo testo.
“Sebben che siamo donne” non è un libro di storia, ma di storie. Raccontate dalla parte di chi le ha vissute. Cercando di ricostruirne il senso, i pensieri, l’azione. Si possono non condividere le scelte di queste donne. Ma sicuramente sono interne al lungo percorso di progresso ed emancipazione sociale del proletariato e delle masse popolari. Sono parte di noi. Di chi nel mondo si batte per una società senza classi.
Queste affermazioni a molti non piaceranno. Non è strano. Finché il divenire storico sarà caratterizzato dalla lotta tra le classi, la memoria non potrà essere condivisa. Ma nemmeno deve trasformarsi in un angolo idilliaco in cui rifugiarsi. Il paradiso degli ideali perduti. Dei pensieri cristallizzati. Deve essere libera da acritiche esaltazioni come da aprioristiche scomuniche. Il passato è materia viva, da modellare al presente.
Della lotta armata degli ultimi decenni in Italia si è parlato e scritto molto. Eppure la vastissima produzione bibliografica sembra essere inversamente proporzionale alla chiarezza. Come ogni fenomeno scomodo viene rimosso o mistificato. Oppure l’analisi è costellata da interessate dietrologie. I più sono schierati in una difesa tout court dello Stato. I protagonisti di allora sono spesso influenzati dalle scelte successive. Altri sembrano sentirsi obbligati a ribadire continui distinguo nel timore di finire inchiodati in una accusa di complicità. O fuori dal mercato editoriale.
Il nostro recente passato è blindato persino nella definizione. Anni di piombo. Inizialmente indicava la repressione di Stato, le carceri che seppellivano gli oppositori. Presto è stata generalizzata. Una semplificazione che distorce la realtà. Identifica due decenni con una fenomenologia. Quella della violenza, che lasciando lacerazioni profonde e ferite ancora aperte tende a oscurare i contenuti. Le ragioni di un periodo caratterizzato da forti spinte ideali. In cui la lotta armata si è inserita come rottura radicale ma interna alle aspirazioni di cambiamento.
Le storie del libro non sono solo dieci, in realtà. Perché c’è anche un’esperienza politica raccontata direttamente dalla protagonista. Nella sua testimonianza, Silvia Baraldini ripercorre il contesto, le ragioni, le modalità della sua militanza clandestina negli Stati Uniti degli anni Settanta. Un’italiana dall’altra parte dell’oceano, ma nel centro dell’impero. Un impero che opprimeva e opprime popoli, oltre che classi al suo interno. Una scelta di classe e internazionalista. A chiudere, le schede delle organizzazioni o aree di riferimento delle dieci donne. Per contestualizzare le biografie e fornire un primo stimolo per un approfondimento. Se è vero che oggi la dimensione collettiva è in parte sbiadita, che l’individualismo calpesta identificazioni e tensioni al cambiamento, è anche vero che l’aspirazione a vivere in un mondo in cui sia superata la sempre più accentuata disparità delle ricchezze è assolutamente attuale e presente nell’oggettività storica.
“Sebben che siamo donne” vuole contribuire alla riflessione per comprendere come il nostro recente passato, usando le parole di Jacques Le Goff, possa «avere ancora un bell’avvenire».