Scempio al Duomo autorizzato un archeomostro
Preparatevi ad aggiornare le cartoline della città con il suo monumento simbolo: il Duomo. E a conservare gelosamente quelle che avete perché oggi quell’immagine è stata alterata, abbruttita, sfregiata. Di conseguenza l’immagine stessa di Molfetta è stata sfregiata. Perché come consigliava lo storico Vincenzo Maria Valente: “per una visuale più completa del Duomo occorre vederlo da una certa distanza onde avere, in prospettiva, la contrapposizione della prima cupola su quella più alta che emerge al centro della chiesa”. Ebbene oggi invece di scorgere le cupole in asse alleggerite dalle finestrelle l’immagine è disturbata da un muro, una scala e una ringhiera. E non provate a cercarli su quella vostra vecchia cartolina. Non c’è niente di tutto questo. Questi nuovi elementi sono infatti il frutto dei lavori di un privato sul terrazzino del palazzo adiacente al Duomo. La denuncia di questi lavori che hanno compromesso l’immagine della città è partita dalle pagine del nostro sito internet una quindicina di giorni fa, non appena una fila di laterizi si è alzata ad oscurare la prima finestrella. L’allarme ha fatto saltare dalla sedia anche il sindaco sen. Antonio Azzollini che non ha gradito e in attesa di capirci qualcosa in più si è espresso per la sospensione dei lavori. La delibera è stata tuttavia tardiva, perché in pochi giorni quella che era una fila di mattoni si è trasformata in un terrazzino completo. Ci eravamo chiesti se fosse tutto regolare, se alzare un terrazzino su un immobile storico adiacente al Duomo fosse possibile con la benedizione della Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici. Ma quando si indaga in materia edilizia si trovano sempre porte chiuse e allora le uniche informazioni ufficiali filtrate da palazzo di città sono state che in calce al progetto di restauro ci sono tutte le dovute autorizzazioni della Soprintendenza e dell’ufficio tecnico del Comune. Tutto in regola se l’ente, il cui compito è “l’alta sorveglianza (predisposizione dell’istruttoria ai fini delle autorizzazioni della competente Direzione Regionale, controllo e tutela) sui progetti di restauro presentati da enti, istituti, o soggetti privati” ha ritenuto lecito realizzare una terrazza privata a pochi passi da un monumento simbolo di una città, e anche lecito modificare irrimediabilmente una struttura che appare già nelle primissime cartoline del Duomo del 1870. Pur non entrando nel merito delle progettazioni che hanno indotto la Soprintendenza ad approvare l’esecuzione dei lavori, sarebbe interessante che in nome della trasparenza queste fossero vagliate non solo dai tecnici degli uffici comunali ma condivise con chi ha sollevato il problema. Perché continuiamo a credere che non tutto ciò che è lecito spesso è opportuno, specie se le ricadute incidono sulla storia e sull’immagine di una città. Non possiamo chiudere gli occhi e andare tutti a dormire. Per questo sin dall’inizio della vicenda ci siamo spinti a definire quella costruzione un archeomostro. Se la città ha risposto con il proprio sdegno attraverso il nostro forum, il proprietario dell’immobile si è sentito chiamato in causa e ha affidato le sue repliche al suo legale, insultato la nostra professionalità (e ora siamo noi che possiamo querelare lui per diffamazione e chiedere risarcimenti), chiamato in causa terzi e senza spiegarci o mostrarci nel merito la bontà del suo intervento, ha tenuto a sottolineare la regolarità dello stesso. Ebbene gli sarà sfuggito che ne avevamo già dato pronto riscontro, pur definendo nella nostra libertà di espressione una mostruosità quel terrazzino. I lettori e lo stesso legale ci perdoneranno se anche in questo articolo non citiamo il mandante di questo lavoro. Non è per paura delle sue querele, ma perché riteniamo al contrario che i nostri articoli non riguardino le beghe fra privati, chiunque essi siano, ma i problemi della collettività. Non ci interessa rovinare le serate di chi si accomoderà su quel terrazzino guardando da vicino, tra un bicchiere di vino e una chiacchiera, la maestria delle… delle cupole. Ci interessa difendere un bene della collettività. Il Duomo che appartiene ai molfettesi che in quell’immagine si riconoscono in ogni parte del mondo e non vogliono vederla sfregiata. Infine ci perdonerà se, come ci chiede, non possiamo ringraziarlo pubblicamente per il suo “regolare” intervento di recupero di un palazzo storico per farne una dimora privata. I palazzi nobiliari di cui il centro storico è ricco, con i loro stemmi o torrioni, sono tracce di un passato feudale di cui la città oggi non ha più bisogno. Come di nuovi torrini…
E sul web la città si indigna Poco meno di cento commenti sul quotidiano on line di Quindici alle tre notizie che hanno trattato del torrino sul Duomo e quasi tutti di sdegno e indignazione nei confronti dell’opera che oscura la vista del monumento simbolo della città. Un record che nel silenzio di partiti politici, associazioni territoriali e tribuni della plebe ha ancora più senso. La società civile si è schierata al fianco del nostro giornale per sostenere questa battaglia. Un nostro lettore, Luigi Tedesco, ci ha anche inviato le sue foto per documentare lo stato di avanzamento dei lavori e esprimere il suo disappunto. Un movimento popolare del quale la città ha bisogno per difendere le sue bellezze. Un ringraziamento sentito a quanti ci hanno manifestato la loro solidarietà, ci aiuterà ad affrontare l’arroganza di chi vuol farci tacere.
Autore: Michele de Sanctis jr.