Rinascimenti femminili
L’ultimo libro di Antonia Abbattista Finocchiaro
C’è stato un Rinascimento per le donne? Joan Kelly e Ottavia Niccoli in primis hanno provato nel corso del tempo a rispondere a questa domanda, pervenendo a conclusioni diverse. Il saggio “Rinascimenti femminili. Emilia Brembati Solza, Ginevra Salviati Baglioni, Lucia Cattaneo Tasso, donne tra XVI e XVII secolo” della giornalista e scrittrice molfettese Antonia Abbattista Finocchiaro, ha lo stesso intento. E lo fa con uno stile scorrevole ed accattivante. Tre donne, tre vite apparentemente normali che arrivano a noi attraverso i secoli perché simbolo di un profondo desiderio di rivalsa per sé stesse e per i propri cari. Sì, perché Emilia, Ginevra e Lucia nonostante siano tutte donne provenienti da quella piccola nobiltà cittadina che le vedeva chiuse in recinti religiosi-sociali nei quali il loro unico scopo era quello di mettere al mondo un gran numero di figli per perpetuare i ranghi di queste famiglie pseudo importanti, provano a cambiare le sorti delle esistenze dei propri affetti, lottando in prima persona. Emilia cerca riscatto giuridico dopo la violenta morte di suo fratello Achille avvenuta nella chiesa maggiore di Bergamo, paga di persona coi sentimenti una lotta che si ripercuote anche sui suoi figli, senza mai mollare. Ginevra pronipote di Lorenzo il Magnifico sposa per amore e quindi contro il volere di tutti il Perugino Astorre Baglioni, da ospite si ritrova vedova ed antagonista della Serenissima nonostante si fosse prodigata a cercare aiuto e protezione per suo marito impegnato a difendere Cipro. Lucina, sposa bambina, si ritrova vedova, piena di debiti, con un’azienda da portare avanti rigorosamente non da titolare proprio perché donna e con la necessità di difendere la figura di uno dei suoi figli. Falliranno. Tutte quante. Ma le loro proteste risuonano forti tanto da giungere fino a noi. Quello dell’emancipazione, del riconoscimento del ruolo delle donne nella società, infatti, è un tema tristemente caldo. Ancora oggi, alle soglie del 2024. Soprattutto oggi. Il peso che la società riversa quasi esclusivamente sulle donne di reggere assieme la famiglia tutta, provando a conservare un lavoro, mentre gli stipendi ancora non si equivalgono tra parigrado dello stesso sesso, la carriera che decolla più facilmente se sei uomo, la debolissima presenza dello Stato in ambito civile e sociale, insomma la lotta al patriarcato più in generale, sono niente se pensiamo che abbiamo ancora necessità di sfilare in piazza e per le strade per chiedere di essere riconosciute come libere, pensanti e complete. Libere di dire basta ad un amore che non ci piace più, libere di diventare quello che vogliamo, libere di sognare e di lavorare quotidianamente affinché questi sogni si realizzino, senza la paura di essere più brave, più competenti e complete degli uomini della nostra vita. Senza più la paura di perdere la vita per mano di uno degli uomini della nostra vita. Per tutta questa serie di motivi, il saggio di Antonia Abbattista Finocchiaro arriva nel momento giusto e fa da monito. Grida. La Mannoia nella sua celeberrima “Quello che le donne non dicono” canta “ti diremo ancora un altro si…” ma, a noi donne, chi dirà un altro sì? © Riproduzione riservata