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Riaperto il Pulo, ma subito chiuso per il Covid
15 novembre 2020

Come era facilmente prevedibile, grandissimo interesse ha riscosso la riapertura del Pulo di Molfetta. In pochissimi giorni sono state registrate oltre mille prenotazioni presso l’Info Point turistico di Molfetta, a cui è stato affidato il coordinamento delle 21 guide turistiche abilitate, impegnate nelle visite guidate alla dolina. Si tratta di ventuno esperti professionisti, operanti sul territorio in forma autonoma o in coordinamento con associazioni e imprese da anni attive nel settore. Con il taglio del nastro affidato al presidente della Città Metropolitana Antonio De Caro e al sindaco Tommaso Minervini, i cancelli del Pulo, dopo circa sette anni, sono dunque tornati a riaprirsi lo scorso 18 ottobre. La cerimonia inaugurale ha visto la presenza, tra gli altri, della consigliera della città metropolitana Francesca Pietroforte, della soprintendente ai Beni Archeologici della Puglia Anna Maria Tunzi, di Sara Allegretta, Mariano Caputo, Antonio Ancona e Ottavio Balducci, rispettivamente assessori alla cultura, ai lavori pubblici, alla sicurezza e all’ambiente del Comune di Molfetta, del presidente del Consiglio comunale Nicola Piergiovanni, del Capitano di vascello (CP) Armando Piacentino, comandante della Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Molfetta, oltre a diversi consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione. Fondamentale è stato il dialogo tra Città Metropolitana, ente proprietario del sito, e il Comune di Molfetta, nel cui territorio è collocata la dolina, avviato da qualche tempo e coronato dalla convenzione stipulata tra i due enti nel settembre 2018. Nel suo intervento, Antonio Decaro si è detto felice della riapertura di un sito «importante non solo per la città di Molfetta ma anche per la Regione Puglia». Ha ripercorso le vicende che hanno condizionato l’iter per la riapertura, sottolineando come alcuni anni fa, nel momento in cui nascevano le città metropolitane, bisognasse fare i conti con gravi difficoltà economiche, con i tagli degli stanziamenti, e di competenze, con la perdita di quelle su cultura e valorizzazione del territorio. «Cominciammo a ragionare con il sindaco di allora Paola Natalicchio – ha proseguito Decaro – e poi col sindaco Tommaso Minervini». Due anni fa si è concretizzata la convenzione che ha visto stanziare un milione di euro per il recupero e la valorizzazione del Pulo di Molfetta (200mila euro da parte della Città Metropolitana e 800mila da parte del Comune di Molfetta); l’intento dichiarato è quello di ottenere ulteriori fondi grazie a quelli messi a disposizione, nell’ambito di quelli del recovery found, per il recupero dei centri storici, dei siti di interesse storico, artistico, archeologico. Sulla stessa linea d’onda il sindaco Tommaso Minervini, il quale ha dichiarato che la restituzione alla fruizione pubblica del sito è «frutto di una sinergia istituzionale che da tempo andiamo reclamando e che vogliamo di rafforzi sempre più, non solo con la Città Metropolitana ma con quella che chiamo “filiera istituzionale” perché, soprattutto in un momento come questo, solo con la una grande coesione di comunità riusciamo fare cose belle e a tramandarle al futuro». Ha proseguito sottolineando quanto sia strategico il settore cultura, definendolo «uno dei settori trainanti, non soltanto della solidarietà sociale ma anche dell’economia di tutta la Puglia e della costa pugliese». Del resto il vicesindaco e assessore alla cultura e turismo Sara Allegretta, in occasione della presentazione alla stampa dei lavori di riqualificazione affermò: «Il Pulo rappresenta la nostra storia e il nostro passato, un passato tutto da recuperare. Ci stiamo riappropriando del diritto all’uso di questo bene che è il nostro fiore all’occhiello. Fiore all’occhiello che sarà fondamentale per la nostra candidatura a Città della Cultura 2021» (candidatura poi rinviata all’anno successivo per le ben note questioni legate alla pandemia da Covid-19 – ndr). Va ricordato che questa attesa giornata è stata preceduta da importanti lavori di messa in sicurezza e recupero che hanno interessato la vegetazione e la viabilità interna poiché, favorita dalla prolungata chiusura al pubblico, la vegetazione si era pian piano ripresa la cavità carsica, invadendo i sentieri naturali e quelli borbonici, danneggiando muretti a secco di contenimento e invadendo le strutture della nitriera borbonica. Gli interventi sono stati avviati agli inizi del 2020 (il 2 gennaio) e realizzati in base al progetto affidato alla For.Rest.Med, spin-off dell’Università degli Studi di Bari. Un lavoro attento e oculato che ha dovuto tener conto delle caratteristiche delle diverse specie di piante e alla loro interazione nonché alla presenza degli importanti reperti archeologici. Gli interventi hanno avuto un esito inaspettato: sono, infatti, emerse nuove testimonianze sulle origini della nostra città e del basso Adriatico. Non erano previsti scavi, ma solo la pulitura delle superfici e delle unità stratigrafiche già note ma, per sorvegliare che tutto avvenisse rispetto dei corretti protocolli, nel gruppo di lavoro erano presenti due archeologi: la dott.ssa Alessia Amato e il dott. Nicola de Pinto. Costoro, sotto la guida scientifica della dottoressa Anna Maria Tunzi, hanno individuato e raccolto numerosi reperti, affiorati soprattutto nella fase di recupero della scala storica che collegava il sistema di vasche per la lisciviazione delle terre nitrose all’opificio della nitriera borbonica. Si tratta di frammenti ceramici databili tra VI e III secolo a.C. (ceramica peuceta, ceramica a vernice nera di produzione locale o di importazione) e del frammento di una chiave romana in bronzo, del tipo “a doppia spinta”, probabilmente databile tra II e III secolo d.C. Il ritrovamento che ha suscitato maggiore interesse nell’ambito scientifico è un idoletto neolitico scolpito su un ciottolo calcareo, modellato con motivo antropomorfo, presumibilmente databile tra VI e V millennio a.C. Attualmente è oggetto di studio presso la Soprintendenza e ci si augura che, a breve, possa essere esposto nel Museo Civico Archeologico del Pulo di Molfetta. Tale ritrovamento conferma la necessità di riavviare gli scavi archeologici presso la dolina che, sicuramente, potrebbe dirci ancora molto sulle dinamiche delle frequentazioni che hanno interessato l’area e sulla storia di Molfetta, colmando alcune delle vaste lacune che l’attuale storiografia locale presenta. Purtroppo, al momento di andare in stampa, è giunta la comunicazione che, a seguito del DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) del 3 novembre e della successiva ordinanza comunale del 6 novembre, la dolina e i siti culturali di proprietà comunale (Sala dei Templari, Torrione Passari, Museo Civico Archeologico del Pulo) resteranno chiusi al pubblico sino al 3 dicembre. Sino a questo momento, però, ben 335 visitatori (le norme anticovid prevedevano l’accesso a gruppi non superiori alle 12 persone per ogni turno di visita) hanno potuto percorrere i sentieri che attraversano la dolina, percorso allietato dalle animazioni teatrali, curate dal Teatro dei Cipis, e musicali, tra le quali l’esibizione della flautista Claudia Lops. Ci auguriamo, dunque, che il difficile momento che stiamo attraversando termini al più presto e che si possa tornare a scoprire un sito in cui si intrecciano l’azione della natura e quella dell’uomo, il fenomeno carsico e le testimonianze di archeologia industriale, la grande biodiversità faunistica e botanica e le reminiscenze ataviche. © Riproduzione riservata

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