Recupero Password
Qualità della vita e miserie della politica
15 luglio 2023

Si chiama QoLexity ed esprime la complessità delle misure sulla qualità della vita. E’ un aspetto interessante e fondamentale nell’attività politica. Ma spesso viene dimenticato, come viene trascurata la misurazione del cosiddetto subjective well being, la soddisfazione complessiva per la propria vita che spesso viene chiamata “misura della felicità”. Eppure le misure della qualità della vita potranno davvero cambiare la qualità della politica. Il potere, diceva Bertrand Russel in un suo scritto, non è altro che la capacità di tradurre un sogno, un idea in realtà, in una realizzazione concreta. La leadership politica genera cambiamento e indica una visione verso cui muoversi. Non si riduce a buona gestione come nelle tecnocrazie, ma cambia il sistema dei valori di un popolo. La struttura sociale deve essere fatta di relazioni solidali, deve essere capace di incrociare sussidi economici con diritti di cittadinanza, favorendo quella cultura etica orientata al bene comune, l’unico in grado di far crescere la coesione sociale. La struttura sociale viene sempre dimenticata dai nostri politici che hanno l’obiettivo di soddisfare non bisogni sociali, ma interessi economici, gli unici che producono voti (ma non consenso). Eppure in questo particolare periodo di crisi è importante affrontare realtà di sofferenza, di povertà insostenibili, mentre cresce una politica emergenziale anche di fronte a un fenomeno come quello migratorio, che incide sulla realtà sociale, con la necessità dell’accoglienza e della possibilità di far crescere il nostro Paese con nuova manodopera di cui si ha bisogno e nuova natalità in una contaminazione di culture che diventano fattore di sviluppo anche economico, come è avvenuto in passato. A fronte di tante emergenze e in una situazione di carenza di risorse economiche, si preferisce orientare quelle che ci sono o si riescono a reperire, verso opere pubbliche inutili, che non rispondono ai bisogni della gente. Molfetta è un esempio di questa politica fatta di grandi progetti poco incisivi sulla qualità della vita. A fronte della necessità di una riduzione dei costi, le scelte prioritarie hanno la loro importanza, soprattutto quando l’espansione dei desideri non si caratterizza come fatto consumistico, ma come situazione di necessità. Ecco l’errore della politica delle opere pubbliche inutili, come il rifacimento di una piazza che non era in situazioni di criticità (vedi Cappuccini) o di un giardino destinato ad essere vandalizzato e magari rifatto, con un nuovo appalto che dà l’idea di una città in movimento, quando, in realtà, è un luogo dove la qualità della vita diventa sempre più bassa. E fa la differenza fra il reale e il percepito o l’annunciato o proclamato. Comunque è uno spreco di denaro pubblico, senza incidere sul cambiamento della società e il bene comune, o il benessere collettivo. E non parliamo delle strade sempre sporche (anche per colpa dei cittadini), malgrado l’impegno della nuova presidente dell’Asm Claudio, che però non riesce a rompere una consolidata inefficienza della municipalizzata. Stesso discorso per i trasporti urbani e le strade piene di buche e fossi, malgrado l’impegno dell’assessore ai lavori pubblici Piergiovanni. La sporcizia della città ha fatto balzare il nome di Molfetta in chiave negativa a livello nazionale (e non è la prima volta). La Puglia si conferma prima in Italia, per il terzo anno consecutivo, per qualità delle acque di balneazione (eccellenti per il 99,8%), seguita da Sardegna (99,3%), Toscana (98,6%), Molise (98,5%). Lo 0,2% delle acque non eccellenti riguarda quelle a sud della fogna di Molfetta. La politica della cementificazione selvaggia del territorio e delle opere pubbliche inutili, per le quali l’amministrazione comunale si vanta nel segno della continuità, dimostrano una visione della politica anni 60-70, che da sola qualifica la vecchiaia di chi ci governa, al di là dell’età anagrafica, anch’essa anziana. In questi anni è mancata la capacità di determinare una concezione di politica sociale che fosse in grado di sviluppare senso sociale e di appartenenza. Ecco spiegata anche l’inciviltà di chi sporca le strade e abbandona rifiuti dappertutto. Una politica senza qualità, senza strategie, senza priorità (ad eccezione della cementificazione selvaggia per soddisfare le lobby edilizie). Le miserie della politica hanno fatto dimenticare il capitale sociale, che andava custodito e promosso, perché è determinante per la complessità dell’agire sociale, economico e culturale. Anche gli imprenditori, con qualche lodevole eccezione, non puntano a favorire oltre allo sviluppo economico, anche quello sociale e culturale: non restituiscono al territorio quello che raccolgono. Investire in cultura non è nelle loro corde e nella loro formazione. La rendita prevale sull’investimento. Inoltre si sono accentuati i processi di individualizzazione esasperata. Anche l’erogazione economica senza un processo di attivazione del soggetto stesso, diventa un’operazione di stampo assistenzialistico, che non fa crescere la cultura solidale. E questo perché non si ascolta il territorio andando avanti nella convinzione di essere nel giusto. E poi non ci si può meravigliare se arriva l’accusa al primo cittadino, dalla sua stessa maggioranza, di essere un autocrate, che lavora anche tanto, ma con obiettivi non condivisi perfino dalle sue liste civiche ciambotto. Ed è tutto dire, per sconfessare una gestione. E l’allarme sicurezza è una conferma di una città socialmente instabile e politicamente ambigua, con una microcriminalità diffusa. Non è una città per giovani, che scappano al Nord o all’estero non solo per le opportunità di lavoro, ma anche per quella mancanza di qualità della vita della quale stiamo discutendo. Perfino un polmone verde come Lama Martina, un’oasi naturale che la città si è ripresa, rischia di essere urbanizzata con l’obiettivo di… creare lavoro. Forse i nostri amministratori dovrebbero studiare di più se pensano che i posti di lavoro si creino improvvisando le politiche del lavoro e promettendo la piena occupazione con il completamento del nuovo porto commerciale. Con queste idee si dimostra di non avere una visione della realtà giovanile, dei suoi titoli di studio, delle sue aspettative che non sono quelle di andare a lavorare al porto o nei servizi precari offerti sul territorio. Così non si promuove nemmeno il futuro della città, i cui abitanti invecchiano, mentre le nuove generazioni, già in misura ridotta, riprendono la triste strada dell’emigrazione, oggi più di qualità di un tempo, perché ad emigrare sono le eccellenze che, però, perde il territorio. Molfetta non è nemmeno una città per anziani, che crescono di numero a fronte di servizi ampiamente deficitari, tranne qualche struttura privata, sulla quale ci sarebbe molto da discutere. Con questa fotografia purtroppo non edificante, ci accingiamo a trascorrere l’estate in un mare sporco come la città e con una società che più liquida non si può, avrebbe detto Bauman. Senza una visione, non si va da nessuna parte. E non saranno le manifestazioni culturali o l’estate molfettese con qualche big a risollevare le sorti di una città che lentamente muore. © Riproduzione riservata

Autore: Felice de Sanctis
Nominativo
Email
Messaggio
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2025
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet