Primo Maggio a Molfetta: un'occasione per non dimenticare
MOLFETTA - Oggi Primo Maggio, festa dei lavoratori ripropone ai molfettesi eventi troppo tragici per essere festeggiati. Troppo oscuri per essere dimenticati. Perché dietro l'apparente banalità di un “incidente” si cela spesso un nemico spettrale: quello di una concorrenza spietata, di un mercato che prescinde dalla valorizzazione dei propri protagonisti, relegandoli a semplici strumenti. Le vite, gli universi umani, non possono trovare nella personale emancipazione una condanna.
Non possiamo festeggiar un lavoro che opprime, che sacrifica la vita a prezzo del dolore, del pianto. Di quelle famiglie private di una parte integrante della propria identità, del vincolo dei vincoli che costituisce il campo della libertà, degli affetti, dei legami. Una emancipazione degenerata entro un mondo troppo chiuso per festeggiare, troppo lontano per essere vissuto.
Festeggiare il degrado della produttività, la rottura tra l'individuo e il mondo esterno, la caduta del “genio vagante” in un tunnel orribile. Quello dell'automazione, della mercificazione, di un'autocisterna mortificante in cui si decide la vita.
Molfetta, la città stravagante, variegata, “dialettale”, libera, non può ignorare una condizione ormai desertificata, privata della capacità produttiva, dell'ingegno, dell'intelligenza dei suoi lavoratori. Non può fare da teatro alla propria corruzione, al tramonto di quella briciola di identità che il lavoro può ancora concedere. Non può deviare il proprio spirito critico verso l'immobilità di una vita valorizzata dal solo denaro.
Deve trovare in se stessa la materia prima dello sviluppo, il principio di ogni azione, la scintilla di ogni legame. Per riappropriarsi della vitalità, di quell'esuberanza che ha contaminato il mondo, lo ha arricchito, gli ha regalato un po' di Molfetta.
Perché la città non è stata creata dalla sottomissione, dalla pochezza intellettuale, ma dal lavoro costruttivo dei singoli uomini, dall'identità unica degli individui.
E i cittadini devono essere pronti a ricominciare.
Autore: Giacomo Pisani