In questi giorni il termine “coronavirus” risulta essere tra le parole più gettonate sulla stampa e sul web: basti pensare che soltanto a Codogno, epicentro della diffusione del nuovo coronavirus in Italia, si contano 5902 citazioni su stampa e 32513 su articoli web (i dati presi in esame, tratti da Eco Stampa Channel, vanno dal 21 febbraio al 2 marzo 2020 e sono rappresentativi, quindi, del periodo clou di diffusione di notizie sull’argomento). Scientificamente, il coronavirus è denominato SARS-CoV-2 (precedentemente 2019- nCoV) e non è mai stato identificato prima di essere segnalato a Wuhan, in Cina, a dicembre del 2019. La malattia provocata dal nuovo Coronavirus ha anch’essa un nome preciso: “COVID-19”, come annunciato, l’11 febbraio 2020, dal Direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. Attualmente non sono ancora note le modalità attraverso cui il nuovo coronavirus sia stato trasmesso dall’animale all’uomo, ma i sintomi con cui si manifesta, seppur variegati, sono chiari: febbre, tosse, difficoltà respiratorie e, nei casi più gravi, che rappresentano 1/6 dei contagiati, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e morte. Il periodo di incubazione del coronavirus, che non resiste ad una temperatura pari o superiore a 26-27°, va da un minimo di 2 ad un massimo di 14 giorni. Il 26 febbraio, in Italia, più precisamente nella città lombarda sopracitata, si è registrato il primo focolaio di SARS-CoV-2, che non è più un caso isolato. Nel diffondersi a macchia d’olio di quella che sembra essere un’epidemia che rappresenta una sfida per il nostro Paese, e di cui purtroppo non si conosce ancora abbastanza, “Quindici” propone un’inchiesta che coinvolge sia la cittadinanza sia alcuni lavoratori del settore sanitario. Le domande e le risposte presenti nelle seguenti interviste risalgono a quando i contagi non avevano ancora raggiunto la Regione Puglia. In media, in una giornata, in quanti articoli/ servizi televisivi sul coronavirus ti imbatti? Quanta credibilità dai a quello che leggi/ascolti? Quali sono le precauzioni che, in prima persona, stai adottando? Nonostante il virus non abbia raggiunto, almeno al momento, la nostra zona, c’è panico nei luoghi che frequenti (famiglia, scuola/ università/ lavoro, gruppo di amici, luoghi pubblici)? È cambiato qualcosa rispetto a quando ancora i casi non avevano raggiunto l’Italia? Credi che sia più pericoloso il virus in sé o la psicosi generata da una cattiva informazione sul tema? Hai fiducia nel Sistema Sanitario Nazionale e nelle istituzioni, che dovrebbero rappresentare un punto di riferimento, soprattutto in momenti come questo? Credi che le misure adottate per il coronavirus siano sufficienti oppure occorre aggiungerne altre? Se sì, quali? Gianni Spadavecchia, 25 anni, studente universitario: «Ogni giorno leggo più di 50 articoli sul coronavirus, ma non dò importanza a niente di ciò che leggo, eccetto un paio di fonti di cui so che posso fidarmi per via della loro attendibilità (ANSA.it e dei conoscenti che ho a Codogno, che mi passano informazioni reali e completamente diverse da quelle proposte dagli articoli “acchiappaclic”). Personalmente non sto adottando nessuna precauzione così esagerata, mi bastano la normale igiene personale e la maggior attenzione dei luoghi che frequento. Purtroppo il panico c’è, per via delle numerose notizie inesatte e dal fattore mediatico che influenza molto il parere dei lettori e delle persone. Sicuramente c’è più allerta, vista la situazione. La disinformazione è sicuramente l’aspetto peggiore, perché porta a credere a qualsiasi notizia venga diffusa, senza nemmeno analizzarne il grado di affidabilità. In più i social, ormai diventati “punti di disinformazione”, non aiutano in questa disintossicazione psicotica. Di certo il sistema sanitario italiano lo ritengo affidabile, ma probabilmente bisognerebbe prendere più seriamente e in modo più concreto le misure precauzionali». Antonella de Trizio, 19 anni, studentessa universitaria: «Mi imbatto continuamente in servizi televisivi e articoli sul coronavirus: se ne parla dappertutto, sui social leggo un sacco di fake-news, tanto che ormai mi fido solo dei telegiornali. Le precauzioni che sto prendendo non sono così diverse dal solito, da sempre porto l’amuchina con me e la uso spesso. Forse l’unica vera differenza è che sto uscendo meno del solito, ma di questo attribuisco più responsabilità allo studio che al coronavirus. Da quando si è diffuso al Nord c’è più panico in tutta Italia, ma credo proprio che si stia esagerando: assalti ai supermercati, rinchiudersi in casa. La psicosi ci sta facendo dimenticare che si tratta di un virus con sintomi poco più gravi a quelli di una normale influenza, non di un’epidemia. Nonostante tutto, le precauzioni che si stanno prendendo adesso sono efficaci: bisogna considerare che il virus è scoppiato da pochi giorni, non lo si può contenere immediatamente». Fiorenza Fiumefreddo, 36 anni, assistente sociale: «Il 90% delle notizie che leggo riguardano il coronavirus. So distinguere le notizie dalle fake-news: di ANSA, per esempio, mi fido. Lavorando nell’ambito socio-sanitario, mi comporto in maniera prudente, anche se in realtà mi sono sempre lavata le mani scrupolosamente, ancor prima di questa situazione di emergenza sanitaria. Nella residenza per anziani dove lavoro ci è stato imposto di usare sempre più spesso il gel, proprio perché siamo a contatto con persone dal sistema immunitario fragile e, quindi, più esposte alle conseguenze del coronavirus che, se arrivasse da noi, si diffonderebbe a macchia d’olio. Vedo molte persone con le mascherine, nell’aria si percepisce qualcosa che non va, con chiunque mi incontro finisco a parlare di questo argomento. Personalmente non sono molto preoccupata per questo virus, ma quando leggo dell’aumento del numero di contagi in maniera esponenziale mi allarmo. Non c’è dubbio, per quel che mi riguarda, che la psicosi sia più pericolosa del virus in sé: assistiamo a saccheggi di supermercati e ad assurdi innalzamenti di prezzi di contenitori di amuchina e altri gel per le mani come si era visto solo in tempi di guerra. Per non parlare, poi, del fatto che non si può più tossire in pubblico senza ricevere in cambio occhiatacce gratuite. Ho fiducia nel Sistema Sanitario Nazionale perché sono perennemente a contatto con medici ed infermieri qualificati. Non ho molta fiducia, al contrario, nelle istituzioni: penso che se fossero stati fatti controlli specifici e adeguati a tempo debito, si sarebbe potuto evitare il caos. Dalla mattina in cui è stato registrato il primo contagio a Codogno alla sera stessa, la situazione è cambiata in maniera catastrofica». Vincenzo Ciccolella, 19 anni, studente universitario: «Il numero di notizie inerenti al coronavirus è diventato spropositato. Ormai non si parla di altro. A quel che leggo e sento do una credibilità relativa, più che altro faccio riferimento a fonti autorevoli, le di testate giornalistiche come La Repubblica, Il Corriere della Sera, FanPage, Il Messaggero. Sto notando che tutti si stanno giocando la carta dell’allarmismo, soprattutto con i titoli che appaiono, scorrendo la home di Facebook, accanto al bollino rosso. Ogni volta che entro su un social leggo “Ancora un morto di coronavirus”. Personalmente sto rimanendo in casa perché non potrei uscire comunque, ho molto da studiare, ma se uscissi mi porterei dietro l’amuchina e mi laverei ancora più spesso le mani. Vedo che la gente è sconvolta, la Lidl e l’Eurospin sono stati svaligiati, le farmacie sono a corto di mascherine. Sono indubbiamente aumentati i controlli, soprattutto da quando è stato individuato il focolaio italiano in Lombardia e da quando il nostro Paese si avvicina sempre di più alla Cina quanto a numero di contagiati. Forse il fattore più allarmante non è la forma virale in sé, che non risulta essere particolarmente aggressiva, quanto il fatto che non ci sia ancora un vaccino atto a prevenirla. Io non sono un esperto in materia di virus, ma da quel che ho letto si teme possa diventare più aggressivo, visto che dagli animali è passato all’uomo. Però, d’altro canto, sono già passati due mesi da quando è scoppiato il coronavirus e si sta mantenendo tutto sommato inalterato, quindi non credo ci si debba preoccupare tanto di questo quanto della psicosi e della discriminazione che ne conseguono. Paura ingiustificata, allarmismo continuo ed inutile. Così si alimenta solo razzismo. Io ho fiducia nelle istituzioni e continuerò ad averne, nonostante ricevono continue critiche. L’apparato sanitario italiano ha sempre dato il meglio di sé e lo sta dimostrando in questo periodo. È la politica quella che non va al momento: la destra e la sinistra, se ancora così possiamo chiamarle, stanno strumentalizzando la questione. La sinistra è accusata di non aver chiuso i porti per tempo e, a sua volta, la sinistra muove alla destra altre accuse di genere diverso. Chi ci governa non ha capito che non è il momento di giocare questa partita a pingpong scaricandosi colpe a vicenda: è il momento di pensare alla salute del mondo. La verità completa a proposito di questo virusnon è ancora stata detta, questo è certo». Valeria Farinola, 19 anni, studentessa universitaria: «Ogni volta che accendo la radio in macchina o digito una “c” su Google mi compare automaticamente la parola “coronavirus”. Io cerco di dare ascolto solo a ciò che apprendo dal telegiornale o da articoli che leggo su testate importanti, che sicuramente pubblicano notizie ufficiali. Personalmente, ogni volta che ne sento parlare o che qualcuno mi dà qualche notizia, mi accerto sempre di quale sia la fonte, proprio perché è più facile trovare notizie false e assurde che realmente attendibili. Sto cercando di stare attenta ai piccoli gesti che si compiono senza pensarci su, come ad esempio l’avvicinare le mani non lavate alla bocca. Del resto, le misure che si possono adottare in questi momenti sono quelle del buon senso che adottiamo tutti i giorni: di conseguenza non credo che questa emergenza modifichi molto le mie abitudini o i miei gesti quotidiani. Pare che il coronavirus abbia raggiunto la nostra regione, ma anche prima che questo accadesse il panico regnava sovrano un po’ ovunque. Da quando il problema si è avvicinato sempre di più si è sentita imminente la paura (un po’ egoisticamente, ma direi che è anche normale che sia andata così). L’allarmismo esagerato e la banalizzazione sono entrambe strade che non portano a nulla di positivo, per cui è importante non perdere la testa e ragionare razionalmente. Credo che per buona parte le azioni vengano anche dettate dalla personalità di ciascuno: siamo tutti diversi e reagiamo tutti diversamente davanti a problemi del genere, non si può imporre di non provare ansia o paura come non si può imporre il contrario. Credo che gli elementi che non dovrebbero mai abbandonare nessuno siano il buonsenso, la responsabilità nei confronti degli altri e di se stessi e la lucidità nell’attenersi solo a notizie accertate. Il virus è pericoloso per il solo fatto che non lo si conosce abbastanza bene, ciò che può causare non è prevedibile né si conosce una vera e propria cura specifica e questo ovviamente genera insicurezza. Direi quindi che è un circolo vizioso causato esclusivamente dall’ignoranza. Ho fiducia nel Sistema Sanitario Nazionale e nelle istituzioni, anche Paesi esteri si sono complimentati con il sistema italiano per la risolutezza delle azioni e per l’efficienza del servizio offerto a connazionali e non. Credo che le misure possano essere affinate, magari limitando maggiormente gli scambi e gli spostamenti all’interno del nostro Paese e verso l’estero. Per quanto riguarda la paralisi delle attività, soprattutto quelle produttive, si tratta di un grave danno che, se per certi versi è inevitabile, per altri potrebbe essere limitato, adottando soluzioni telematiche in grado di non arrestare completamente il sistema». Veronica Corrieri, 59 anni, impiegata: «Mi imbatto in pochi articoli e dibattiti sul coronavirus, perché mi basta avere delle informazioni che reputo corrette, senza leggere troppi siti e confondermi le idee. Credo in ciò che leggo o ascolto ma, qualche volta, credo che ci siano delle esagerazioni, che i massmedia alimentano, da cui mi tengo a distanza. Da sempre lavo le mani con acqua e sapone per una corretta igiene personale e, di conseguenza, per igiene della mia famiglia. Il coronavirus mi ha fatto riflettere, ma al momento non spaventare. Prenderò le dovute precauzioni al momento opportuno. Non so fino a che punto il coronavirus sia pericoloso, ma la psicosi creatasi potrebbe danneggiarci parecchio. Ho abbastanza fiducia nelle istituzioni e nel Sistema Sanitario Nazionale perché ritengo che questo virus, se individuato in tempo, possa non causare conseguenze troppo gravi. È necessario, come stanno facendo, isolare i casi di coronavirus, seguire le misure consigliate e non preoccuparsi eccessivamente. Bisogna cercare, il più possibile, di contenere l’ansia, anche se non è facile. Dobbiamo essere ragionevoli e considerare come quest’ultima porti a ripercussioni non indifferenti». Sara Fiumefreddo INFORMAZIONE DA PRENDERE CON LE PINZE Pietro Lazzizera, 18 anni, studente Non so dire con precisione quanti articoli sul coronavirus io legga, sicuramente moltissimi, anche perché io stesso ricerco diverse volte al giorno notizie sulla situazione, sempre “prendendo con le pinze” ciò che leggo. Quando leggo un articolo, ne cerco subito altri che possano confermare ciò che ho letto, mi fido prevalentemente delle fonti più blasonate. Penso che i giornalisti stiano facendo tanto, anche troppo in quanto ultimamente stanno dedicando più della metà dei telegiornali al coronavirus, ciò può essere positivo perché la popolazione deve essere informata, ma dall’altro lato può essere anche controproducente perché si possono creare psicosi, come sta avvenendo in questi giorni. Le precauzioni che sto adottando sono quelle più diffuse e consigliate che però io non considero precauzionali, ma semplici azioni che ognuno di noi dovrebbe svolgere quotidianamente, come lavarsi le mani, starnutire coprendosi la bocca. Il coronavirus è un tipo di influenza più aggressiva e l’influenza va affrontata anche attraverso le norme di buona igiene. Avverto molta tensione all’interno di tutti gli ambienti che frequento perché, anche se il coronavirus non ha ancora raggiunto Molfetta, in molti credono che il virus si sia già diffuso, ma che semplicemente ancora non sia stato scoperto. Questo provoca tensione soprattutto a chi non è bene informato, come le persone che credono che questo sia un virus mortale per tutti. Se si consultano i dati statistici però, si nota che il Covid-19 ha provocato la morte solo di persone con casi patologici pregressi e con un’età avanzata. I giovani e soprattutto chi ha delle difese immunitarie molto alte sconfigge facilmente il virus, io penso anche che molti tra i giovani possano aver già contratto la malattia, ma l’abbiano sconfitta autonomamente grazie al nostro sistema immunitario. Qualche giorno fa, lessi un articolo di un virologo americano il quale afferma che, durante la stagione invernale nella quale l’influenza è più diffusa, le persone affrontano quattro tipi di coronavirus, ma il corpo, durante gli anni ha creato delle strategie per difendersi da questi quattro tipi di coronavirus, quindi sa come sconfiggerli. Questo quinto tipo di coronavirus si è appena diffuso, per questo motivo il nostro organismo non sa come difendersi e cerca di fronteggiarlo usando i metodi di difesa creati negli anni per i quattro tipi di coronavirus precedenti. Infatti, molte persone che hanno contratto il virus, non sono state sottoposte a nessun tipo di cura, sono state solo messe in quarantena per evitare di contagiare altre persone. Quando il problema “coronavirus” si limitava ad essere in Cina, l’Italia intera non si è per niente preoccupata grazie al ragionamento “è un problema lontano dalla mia realtà”. Ora che però, il virus si sta diffondendo anche in Italia, si sta creando molto, a mio parere anche troppo allarmismo. Secondo me questo allarmismo è stato creato dalle notizie che vengono diffuse in modo errato: i telegiornali parlano solo di epidemia, possibile pandemia e morti, ma non spiegano per bene la situazione e non parlano di chi sta guarendo. Come ho letto in un articolo qualche giorno fa, in Italia non si sta affrontando una epidemia, ma una “infodemia” un termine coniato dagli scienziati per affermare che gli italiani non hanno paura del virus in sé, ma dell’informazione che si sta facendo dell’epidemia, perché si sta correndo troppo, c’è troppo allarmismo e questo causa terrore anche nelle città in cui nessun caso si è verificato. Questo allarmismo totale provoca danni a chi davvero ha bisogno di oggetti che negli ultimi mesi risultano introvabili, come mascherine e amuchina. Ho letto una lettera di una ragazza malata di cancro, bisognosa di mascherine e altri getti che per ora sono esauriti. Lei ne aveva davvero bisogno, e non ha potuto ricevere le cure che le servono a causa di chi continua a comprare mascherine senza sapere che devono essere indossate solo da chi ha già contratto il virus, per evitare di contagiare gli altri. Anche se molti dicono che i casi di coronavirus siano aumentati a causa del governo che non è riuscito ad arginare in tempo questo problema, io noto che il sistema sanitario italiano si stia muovendo in modo ottimale, soprattutto nelle regione maggiormente colpite dal virus: tutte le procedure di isolamento sono state svolte in modo veloce ed efficace. È normale che comunque il virus si stia espandendo, ma senza il lavoro del nostro sistema sanitario, ora saremmo in una situazione ben peggiore. Thomas Binetti, 18 anni, studente Se penso al telegiornale che guardo la mattina, ai post che leggo quando apro i social, posso dire di essere tempestato da articoli e notizie che riguardano il coronavirus, più o meno 15/20 articoli o servizi televisivi al giorno. Ovviamente cerco sempre di accertarmi che la fonte sia attendibile, confrontando più articoli tra di loro. A parte le normali azioni che compio ogni giorno come lavarmi le mani spesso e starnutire portando il viso nel gomito, non ho adottato nessun tipo di “norma da quarantena”, mi limito a rispettare gli spazi delle persone, assicurandomi di essere ad una distanza consona, ma non ho ancora sospeso le attività che ho sempre svolto, frequento normalmente la mia palestra, bar e locali. Ogni tanto sento gente che, per un motivo o per l’altro, sfocia in discorsi un po’ troppo allarmisti e rinunciano alla palestra o ad altri luoghi pubblici, anche se ancora non esistono casi di coronavirus a Molfetta. È ovvio che, a differenza dal periodo in cui il problema del virus era della Cina, adesso che siamo coinvolti come nazione, l’Italia si senta “chiamata in causa” e per questo motivo la situazione è più complicata, ad esempio nella mia scuola sono stati apportati in molti posti come corridoi e aule, i cartelli con sopra scritte le regole della buona igiene per prevenire la diffusione del virus, azione che non sarebbe mai stata svolta se si parlasse ancora di un virus confinato in Cina. L’arrivo in Puglia ha provocato l’aumento di ansia e preoccupazione che però era già stata creata dall’arrivo al Nord, eravamo in qualche modo già preparati. L’arrivo in Italia non ce lo aspettavamo, ma la diffusione dal Nord al Sud era quasi scontata. Credo che la psicosi generata da una cattiva informazione sul tema sia molto più pericolosa del virus. Il virus in sé, seppur abbia caratteristiche sconosciute, riesce ad essere sconfitto, nel mondo già la metà delle persone che erano state infettate sono guarite, questo mi induce a pensare che noi italiani stiamo creando una sorta di “castello di carta” molto più grande di quanto in realtà il problema sia. Per alcune questioni, il sistema italiano non è molto efficiente, ma devo dire che in questa situazione di emergenza siamo stati trovati pronti, basti pensare all’isolamento del virus nello “Spallanzani” di Roma o ad altri eventi che mi portano ad avere fiducia nell’impianto italiano. Se dovessi aggiungere qualche altra misura da adottare per il coronavirus, personalmente proporrei di limitare per un po’ il carico di notizie diffuse sul Covid-19, perché da quello che ho potuto osservare, le troppe notizie stanno generando il panico che è qualcosa di davvero incontrollabile e può essere molto pericoloso. Infermiere professionale A mio parere il coronavirus va combattuto col buon senso, quindi con le norme basilari di igiene, quello che già tutti hanno diffuso, e bisogna anche badare al proprio comportamento, cercando di essere educati e rispettare gli spazi degli altri. Le misure prese dal sistema sanitario sono più che sufficienti, giuste ed adeguate. Io che sono un infermiere e quindi rappresento il sistema sanitario, ho sempre consigliato a chi è troppo allarmato di mantenere la calma e seguire tutte le direttive che il ministero della salute ha diffuso. Andare nei bar e nei posti affollati aumenta le probabilità di contagio, è chiaro che chi frequenta zone affollate, deve prendersi le proprie responsabilità e deve essere consapevole che potrebbe diventare vettore del virus e quindi un pericolo anche per i propri familiari e tutti coloro che gli stanno intorno. Le informazioni che girano sono adeguate, bisogna però fidarsi solo di quello che sentiamo dalle fonti ufficiali come i telegiornali e i comunicati stampa provenienti dai ministeri. Bisognerebbe avere una cultura sul coronavirus, prima di allarmarsi bisognerebbe informarsi meglio per poter capire cosa sia davvero il coronavirus, per potersi davvero tutelare. Arianna Corrieri, 18 anni, studente Non sono un a persona che usa molto i social network, ma quando mi capita di usarli, mi soffermo e ricerco più articoli per informarmi sulla reale situazione. Credo solo ai siti ufficiali, e cerco di verificare sempre quello che trovo sui social e su altre fonti. Ho davvero capito la gravità della situazione quando il mio viaggio d’istruzione a Praga è stato annullato. All’inizio condannavo queste precauzioni ed ero arrabbiata e delusa a causa della rinuncia al viaggio, ma ora che mi rendo conto di come la situazione si stia evolvendo, sono contenta di non essere partita, perché avrei rischiato di rimanere bloccata o di essere contagiata e, una volta tornata a casa, mettere a rischio i miei cari. Sarei più felice se i miei coetanei si rendessero conto di ciò che stiamo vivendo, invece di pensare che le precauzioni attuate in merito alle chiusure delle scuole siano positive solo perché “si fa festa”. Io sono molto preoccupata per il mio esame di maturità e vorrei, in questi giorni, essere a scuola a studiare, ma non posso perché penso alla sicurezza, mia e degli altri e per questo mi aspetto che i ragazzi della mia età che sono contenti di non andare a scuola e passano mattinate intere ai bar pensino anche loro alla sicurezza di chi li circonda. Da quando il virus ha raggiunto il Nord Italia, la situazione è cambiata, poiché fino a quando si era a conoscenza di un virus dall’altra parte del mondo, non sembrava così spaventoso. Solo quando il Covid-19 ha raggiunto il Nord, abbiamo realizzato di poterlo contrarre in prima persona. Penso che il virus, ma anche la psicosi che l’informazione genera siano pericolosi, soprattutto se messi insieme, perché da una parte, è vero che il virus non è mortale e che quindi non dovremmo andare nel panico, ma è anche vero che, essendo una malattia contratta per la prima volta e quindi sconosciuta, bisogna prendere le giuste precauzioni perché è giusto avere paura, soprattutto dell’ignoto. Sara Mitoli EVITARE LA PSICOSI Angela, 28 anni, lavoratrice: 1 - In media in 3/4 servizi televisivi. Gli dò la giusta credibilità in base a quello che mi sembra opportuno credere o meno, sinceramente filtro quello che ascolto. 2 - Sto aumentando la frequenza dell’igiene delle mani e sto seguendo il decalogo delle regole basilari che hanno stilato. 3 - Io e la mia famiglia siamo tranquilli. Anche se ho notato che nella palestra che frequento c’è un po’ di preoccupazione nell’aria. Finché era limitato alla zona della Cina l’ansia era controllato, ora che è divampato anche in Italia la preoccupazione è sicuramente cresciuta. 4 - La psicosi assolutamente, siamo bombardati continuamente da notizie sul coronavirus. 5 - Si, ho fiducia, dovrebbero cautelarci. Maria, 28 anni, lavoratrice: 1 - Durante l’arco della giornata l’argomento coronavirus viene discusso a lavoro, mentre nel tempo libero ascolto notizie inerenti al virus anche in tv, quindi direi che è una stante durante la giornata. Il suo discutere così frequentemente oltre che creare allarmismo ha creato falsi miti non specificando quali siano i soggetti a rischio di malattia (anziani e persone con patologie). 2 - La principale precauzione che sto prendendo è quello di lavare le mani più frequentemente e usare disinfettanti come amuchina. 3 - Finché il virus non è arrivato in Italia per quanto mi riguarda ero piuttosto dispiaciuta delle vittime che mieteva in Cina, quando ha toccato il mio paese ho iniziato a preoccuparmi e di conseguenza ho ricercato più informazioni possibili per prevenire il contagio. Penso che con la diffusione di false informazioni si stia quasi sottovalutando il virus ma, allo stesso tempo, è stato troppo caricato non specificando chi principalmente colpisce il virus. In fine non bisogna dimenticare che ha fatto molte vittime in poco tempo e comunque un dato da non sottovalutare. 4 - Non ho molta fiducia nel nostro sistema sanitario idem per le istituzioni, si doveva agire preventivamente e non aspettare che il virus prendesse piede sul nostro territorio. Eugenia, 25 anni, dottoranda presso l’Università degli Studi di Bari: 1 - 10 articoli/servizi tv al giorno in media. Ritengo attendibili solo i fatti esposti dagli esperti scienziati/medici. 2 - Precauzioni che ho sempre preso durante i periodi di influenza/raffreddore: lavaggio frequente delle mani, tossire coprendosi la bocca e starnutire coprendosi il naso. 3 - Essendo pendolare ho potuto constatare un certo tipo di comportamenti dettati dall’eccessivo allarmismo durante il viaggio in treno, vedi il coprirsi naso e bocca con la sciarpa oppure uscire dal vagone quando si riempie di gente. Prima che il virus arrivasse nel Nord Italia nessuno, in tutta Italia, si era veramente interessato a questa emergenza sanitaria. 4 - Il virus non è letale ma non bisogna neanche sottovalutarlo, però i comportamenti quasi psicotici che si stanno assumendo per via dell’eccessiva e dozzinale informazione sul tema, rischiano di creare molti più danni alle persone più deboli (immunodepressi, anziani, adulti e bambini con patologie pregresse). 5 - Ho fiducia nelle istituzioni ma credo che ogni cittadino debba comportarsi responsabilmente e fare la sua parte. Simona, 26 anni, studentessa: 1 - Minimo 5. Do credito ma filtro comunque le informazioni che forniscono. 2 - Lavaggi di mani frequenti, evitare zone molto affollate e chiuse, amuchina, astenermi dal prenotare viaggi nel Nord Italia. 3 - Si, è decisamente aumentata la psicosi. Credo siamo entrambi pericolosi, ma la psicosi e la cattiva informazione potrebbero essere più lesive del virus stesso 4 - Sì, un po’ meno nella capacità degli italiani di attenersi ai protocolli e di agire responsabilmente. Luca, 26 anni, studente: 1 - Dipende da quanto usi i mezzi di comunicazione: dal vedere il tg durante il pranzo, o scorrere i post sui social, in continuazione, non si parla d’altro. 2 - Nessuna. Sono sempre stato attento all’igiene personale, quindi continuo a farlo. 3 - Sì, c’è decisamente panico. Nel mio polo universitario non si parla d’altro, così anche nel mio gruppo di amici. Avverto più che altro un’attenzione particolare, che, in casi estremi potrebbe sfociare in una vera e propria ossessione. Sì, chiaramente un po’ più di attenzione a riguardo c’è. 4 - In base a quello che sappiamo adesso sul virus, penso sia più pericolosa la psicosi. Il virus è simile a quello influenzale, è difficile prevenirlo perché è stato ancora approvato un vaccino, ma è pericoloso per chi è affetto da patologie. 5 - Si, parto con un semplice presupposto: al di là di tutto è un problema che tocca chiunque, quindi penso che il sistema sanitario e le istituzioni stiano agendo anche per salvaguardare soprattutto loro, a rischio come tutti noi. Marina Francesca Altomare © Riproduzione riservata