Tra i progetti dell’Amministrazione comunale c’è il trasferimento del mercato settimanale da via Achille Salvucci in un’altra sede, ancora da definire. La questione sta suscitando un ampio dibattito tra favorevoli (ad esempio molti residenti in via Salvucci e nelle zone limitrofe) e contrari (soprattutto nella clientela più avanti con gli anni, timorosa di poter più raggiungere agevolmente le bancarelle). “Quindici” ne ha parlato con l’assessore al Marketing territoriale, Commercio, Sicurezza e Protezione civile Pasquale Mancini. «È uno degli impegni che abbiamo preso in campagna elettorale – ha sottolineato l’assessore – ma è soprattutto un’esigenza reale della città. Non possiamo bloccare una strada di quella portata, tra l’altro prossima a istituti scolastici e all’ospedale. Dove si tiene attualmente, è fonte di disagio per tanta gente e, secondo me, anche di pericolosità». È stata già individuata l’area in cui spostarlo? «Sono in corso degli studi di fattibilità su alcune zone da parte dell’assessorato ai Lavori Pubblici. In base a questi studi, si individuerà la nuova sede. Lo spostamento, ovviamente, nei primi tempi sarà sperimentale, anche se questa volta vorremmo fare in modo di avere un’area mercatale dotata dei necessari servizi. Vorremmo evitare la situazione approssimativa che si verifica da anni». Solo voci, dunque, quelle sul trasferimento in via don Tonino Bello? Perché anche quella zona porrebbe problemi di viabilità vista la presenza dello svincolo verso la Statale 16, del cavalcavia di via Cavalieri di Vittorio Veneto, la vicinanza dell’isola ecologica, oltre ad essere più piccola rispetto all’area in cui attualmente si svolge il mercato «È una delle zone papabili ma, ad oggi, non è stato stabilito. Non è più picco e, comunque, non presenta problemi paragonabili a quelli che abbiamo oggi. Potremmo realizzare un’area attrezzata non solo per il mercato ma anche per altre attività dando nuova vita a un’area periferica». Sarebbe ipotizzabile un trasferimento al viale dei Crociati o, in alternativa, la divisione delle postazioni in due aree (una a Levante, l’altra a Ponente)? «Mi convincerebbe di più la seconda ipotesi, per poter offrire maggiori servizi e occupare un’area meno ampia. Ma, al momento, è prematuro dire in quale area sarà spostato il mercato, anche se è allo studio». Tempi previsti? «Noi stiamo per partire con il Piano Strategico del Commercio, nell’ambito del quale sceglieremo il distretto urbano del commercio, ed è importante che nell’ambito del piano strategico anche questa storia venga trattata. Fa parte della più complessa attività commerciale di tutta la città. Una mia idea, forse provocatoria, forse impopolare ma è quella di procedere a una riduzione del numero degli operatori che sono quasi tutti di città limitrofe. Il nostro mercato settimanale manda fuori dalla città molto reddito: sono quasi tutti introiti che vanno ad arricchire commercianti di città vicine. Credo sia il più grande dei dintorni, con quasi quattrocento operatori, di cui meno di un centinaio sono molfettesi. Io devo continuare a difendere i commercianti di Molfetta, devo fornire un servizio alla cittadinanza ma devo cercare di evitare le esagerazioni e pensare all’economia della nostra città. Ovviamente si tratta di una mia idea personale, che dovrebbe essere discussa con l’Amministrazione e con gli operatori del settore. Ma nessuno pensi di poter vedere Molfetta come “terra di conquista”, come del resto fa già la grande distribuzione. Dobbiamo tornare a comprare a Molfetta». Non potrebbe rivelarsi un boomerang? Nel senso che riducendo le presenze nel mercato settimanale o spostandolo troppo in periferia, i cittadini siano portati a recarsi nelle città vicine? «E per quale motivo? Chi va al mercato settimanale, lo fa per risparmiare. È una clientela di un target medio. Non c’è una qualità così elevata da poter essere ricercata fuori». Alcuni cittadini, soprattutto anziani sprovvisti di propri automezzi, temono comunque che, con lo spostamento, abbiano maggiori difficoltà a raggiungere l’area mercatale. «Potremmo risolvere queste difficoltà con l’istituzione di Park & Ride, con un sistema di navette. Ecco perché lo spostamento non è così immediato, deve essere ben studiato». Rispetto alla grande distribuzione, va considerato che, in realtà, la zona commerciale ricade nel nostro territorio ma di fatto è a cavallo dei territori di Molfetta e di Bisceglie. Gli effetti che, però, ha avuto sui commercianti di Molfetta sono stati diversi rispetto a quelli sul commercio di Bisceglie. «Molfetta aveva una tradizione commerciale differente rispetto a quella di Bisceglie, era una tradizione di maggiore qualità. Quando si voleva comprare a basso costo si andava, spesso, a Bisceglie, quando voleva comprare di qualità si veniva a Molfetta. Per questo i commercianti avevano altre abitudini, un mercato differente, e la variazione ha inciso di più. Anche l’attività media occupazionale dei molfettesi è cambiata e quindi si è avuto verso un allineamento verso la qualità medio-bassa che può offrire la grande distribuzione». Il vero nemico, però, di questo momento non è né la grande distribuzione né il mercato settimanale bensì le vendite on line che, in realtà, fanno numeri mostruosi. Consentono di avere delle vetrine con un clic, di avere la merce a casa, di provarla e poi restituirla. Certo è che i commercianti di Molfetta dovrebbero tenere le “porte aperte”. Provvederemo a contribuire alla formazione dei commercianti locali per offrire servizi migliori a una qualità più alta. Devo dire che abbiamo delle associazioni di commercianti molto attive. Hanno avanzato delle proposte molto interessanti da realizzare in primavera (mi auguro di poter portare in centro un mercatino, magari dell’antiquariato, la prima domenica di ogni mese). Stiamo lavorando per ridare vitalità alla città. Dobbiamo pensare a tutte le zone della città, dobbiamo pensare a sostenere e far espandere tutte le zone della città, come abbiamo fatto per Natale. Quando si fanno i confronti con Alberobello o Polignano si dimentica che in quelle città si sono limitati a mettere le luminarie nel centro storico. Dovendo, invece, provare ad estendere le luminarie a tutta la città, l’impegno è stato di altro tipo e, a mio parere, apprezzabile. Abbiamo fatto per la prima volta, un Natale veramente diffuso. Non abbiamo blaterato di periferia, ma abbiamo realmente occupato la periferia con gli eventi. Forse abbiamo peccato in comunicazione». Due aree periferiche sono utilizzate da commercianti. È partita la sperimentazione di mercatini rionali? «No, si tratta di due aree, una in via Fellini (nei pressi della parrocchia Madonna della Rosa) e l’altra è il prolungamento di via Samarelli, a disposizione di ambulanti. Si sta cercando di ovviare al problema “dell’ambulantato stazionario”, ossia agli ambulanti che potrebbero sostare al massimo per un’ora in un luogo mentre, in realtà, si fermano sempre nello stesso posto, mettono le cassette a terra ecc. Abbiamo un numero di vigili urbani addetti all’Annona veramente minimo, per cui non possono essere in tutti i punti contemporaneamente. In passato sono stati anche effettuati dei blitz ma dopo 24 ore tutto era tornato come prima. Quale approccio abbiamo avuto, invece, con gli ambulanti? Abbiamo messo a disposizione le due aree in cui possono sostare più a lungo; a queste due aree si aggiunge una zona nella parte retrostante del cimitero per gli ambulanti che vendono fiori. Area scelta poiché stava diventando una discarica abusiva. Proviamo a recuperarla con la presenza di commercianti. In sostanza non abbiamo dato loro delle postazioni: l’ambulante va in quella zona, se c’è posto si ferma e può sostare anche diverse ore. Altri, multandoli costantemente, siamo riusciti a convincerli a prendere in affitto dei locali. Certo, questo non risolve il problema ma dobbiamo agire con intelligenza e, soprattutto, non affamare nessuno. Del resto se poi la gente continua ad andare ad acquistare da chi si trova in una posizione abusiva, non è colpa dell’assessore. Se un venditore è in una posizione illegale non si vada ad acquistare da lui, ma da un altro dove la merce magari costa un po’ di più ma paga tutte le tasse. In questo caso, il sistema è malato dal basso: se la massaia va ad acquistare la frutta da uno che vede che non sta in regola sbaglia e, anzi, andrebbe anch’essa perseguita». © Riproduzione riservata
Autore: Isabella de Pinto