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Odissea, storia senza confine  
15 luglio 2007

Odissea, storia senza confineFil rouge già della pubblicazione “Intermittenze d'autore”, il tema dell'esistenza di un fertile e incessante dialogo tra civiltà classiche e mondo moderno diviene il leitmotiv anche della suggestiva “Odissea” rappresentata nella palestra scoperta del Liceo Classico di Molfetta, in presenza della soddisfattissima preside Maria Depalma. Artefice dello spettacolo ancora una volta la docente Nicoletta de Palma, che, come nell'“Orestea”, si preoccupa di disvelare i più reconditi significati d'un viaggio sempre attuale, il nostos d'Odisseo, in una performance in cui predominante appare il teatro- danza e particolarmente foriera di suggestioni risulta la scelta d'instaurare affascinanti interazioni tra il palcoscenico e uno schermo che proietta l'immagine dell'Ulisse- narratore e filmati in forma di videoclip. Ieri e oggi si fondono senza soluzione di continuità, in un'atmosfera, cui le raffinate e coinvolgenti musiche di Federico Ancona, eseguite da un'orchestra e un coro di studenti della scuola, conferiscono un che d'ipnotico e surreale. Odisseo, che Dante prescelse come simbolo dell'anelito alla conoscenza che sottrae l'individuo allo stato di feritas, ci conduce nei meandri di un viaggio dell'anima. Viaggio che avviene per mare, ché l'acqua da sempre è emblema, con la sua fluidità, di mutevolezza, di tensione al cambiamento. Un mare cruccioso, dominato da una divinità ostile, che affida a danze frenetiche di marosi (bellissime le scene in cui l'ira marina è rappresentata da gruppi contrapposti di studentidanzatori) i suoi disegni d'annichilimento dell'uomo-nemico. Uomo che ha commesso la colpa dell'accecamento di Polifemo, mostro dall'unico, enorme occhio, che, nella rilettura di questa “Storia senza confine”, viene assimilato ad una sorta di moderno Big Brother. Ma l'intuizione più geniale è, a nostro parere, quella di tradurre la mitica terra dei Lotofagi nelle nostre metropoli, nelle quali l'uomo diviene dimentico di sé, perché unico frutto concesso a chi s'inebria della modernità è un dolceamaro oblio. Clou dello spettacolo la nekuia, in un contorcersi di corpi resi evanescenti da veli, che, nel movimento lento delle anime, determinano anche un pregevole effetto ragnatela. Il tocco di classe è dato, in un trionfo di rosso sangue e d'un grigio sfatto e immateriale, dal gioco delle ombre nere e lunghe, che, data l'ora serale, le pareti dell'edificio scolastico restituiscono all'occhio attento dello spettatore, al quale, per alcuni istanti, accade davvero di sentirsi catapultato nel dominio senza tempo del dio Ade. Un lavoro di grande interesse, grazie all'esile, ma efficacissima, sceneggiatura, grazie alle interazioni attori-video, alle eleganti geometrie dei movimenti, alla fascinazione della musica, all'alternanza greco-italiano nel linguaggio. Lo spettacolo è stato premiato in un prestigioso concorso nazionale di teatro antico per le scuole e si rivela una piacevole conferma del valore e dell'attualità della cultura classica, nonché della vitalità di un istituto, il Liceo Classico, che di quel valore e di quell'attualità è vessillifero.
Autore: Gianni Antonio Palumbo
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