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Nuovo cambio di casacca per il sen. Azzollini di Molfetta: da Ncd torna alla casa del “padre” Berlusconi in Forza Italia
05 agosto 2016

MOLFETTA – Così come previsto, il sen. Antonio Azzollini (foto) di Molfetta torna alla casa del “padre” Berlusconi, che accoglie il figliol prodigo a braccia aperte. Auspice il suo mentore da sempre Renato Schifani, suo unico riferimento politico, che segue da sempre (lo seguirebbe anche se il senatore siciliano decidesse di passare col Movimento 5 Stelle).

Il ritorno di Schifani è annunciato da una nota del partito di Silvio Berlusconi che sottolinea come l’ex Cavaliere abbia “accolto con favore la disponibilità a tornare e dare il suo valido contributo all’attività politica e parlamentare di Forza Italia”. Inoltre, “è emerso come il senatore Schifani abbia costantemente continuato a coltivare e condividere le radici e i valori fondativi di Forza Italia, tanto da essere indotto al gesto di abbandono della sua importante carica nel momento in cui ha riscontrato una divergenza insanabile tra l’indirizzo politico di Area popolare ed il suo pensiero”, dice il comunicato.

L’ex sindaco di Molfetta era passato nell’area del governo di Matteo Renzi con il Nuovo centrodestra nel 2013. Ricordiamo che fu “salvato” grazie ai voti del Pd dalla richiesta di arresto, che proveniva dalla Procura della Repubblica di Trani per il crac della Casa della Divina Provvidenza di Bisceglie.

Azzollini ha annunciato lui stesso il ritorno a Forza Italia, partito di riferimento per “chi ritiene che sia fondamentale per la politica e per l’economia italiana la ricostruzione di un centrodestra forte e coeso”. Da tempo, aggiunge, “esprimevo rilevanti ragioni di dissenso da Area Popolare, consapevole come sono che il nostro elettorato chiede di essere rappresentato da uno schieramento palesemente alternativo alla sinistra. Tornare in Forza Italia è la logica conseguenza, una scelta dettata dalla necessità di continuare a tener fede agli ideali in cui credo”.

Quegli stessi “ideali” che lo spinsero a seguire Schifani quando decise di andare nel Nuovo centrodestra di Angelino Alfano. Non si capisce quanto opportunismo politico ci sia in queste decisioni, ma nessuno si sorprende, considerato che il senatore di Molfetta non è nuovo a cambi di casacca da sinistra, al centro, a destra.

Forza Italia esulta per il ritorno delle pecorelle smarrite, che vanno a rafforzare il gruppo di Berlusconi al Senato. Il ritorno di Schifani per il presidente dei deputati Renato Brunetta dimostra che Forza Italia è il “fulcro per la costruzione di un futuro centrodestra di governo” e quella dei due senatori è una decisione “molto positiva” per Maurizio Gasparri, che invita però “alla ricomposizione del centrodestra che ovviamente deve partire dall’opposizione al governo Renzi e da una scelta alternativa alla sinistra”.
Una mossa tattica o strategica, nel confuso scenario politico italiano e della variegata e controversa maggioranza del governo Renzi, al quale Silvio Berlusconi non ha mai fatto una serie opposizione?

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Questo è il volto della politica italiana tra camaleonti e gattopardi. È solo costume italiano essere attratti da nuove chimere per affollare puntualmente il carro del vincitore. Come si fa a correggere un sistema così consunto e inquinato, così ben oleato? Il malcostume dilagante della corruzione, pur costituendo un malvezzo epidemico nella società civile, incuneato nei meccanismi delle consorterie partitiche e degli affari, mai rappresenta un problema né una preoccupazione, non solo per politici di professione o dilettanti della politica. Resta strano se poi sono sempre gli stessi beneficiati a nuotare in superficie sistematicamente impuniti, con la protervia di farla sempre franca. Sebbene talora pretenda di mettersi al servizio di una “idea”, per soddisfare i fini esteriori della vita quotidiana, deve in ogni modo avere una fede, altrimenti la maledizione della nullità del suo operato ricadrà sui suoi successi personali, conseguiti a scapito degli interessi generali. Senza una fede autentica, mai riserbata a se stesso, il politico conosce nella vergogna, col fallimento di un impegno vano o ingannevole, il suo funerale come persona e come cittadino. Occorre restituire dignità e nobiltà alla politica, vissuta come servizio verso gli altri, al di fuori di supine appartenenze a gruppi di potere legati da interessi particolari di caste, clan e famiglie. Ha ragione Weber a sostenere che l'uomo politico deve possedere tre doti: passione, senso di responsabilità, lungimiranza. Se c'è una causa da perseguire, non può mancare la responsabilità, che si acquisisce e si matura solo nel distacco dalle cose, ossia col disinteresse personale. "Fingere d'ignorare ciò che si sa benissimo e di sapere ciò che s'ignora; fingere di capire ciò che non si capisce e di non capire ciò che si capisce assai bene; fingere di essere potenti al di là delle proprie forze; avere spesso da nascondere questo gran segreto, che non c'è nessun segreto da nascondere; sembrare profondi quando si è vuoti, darsi bene o male le arie di un personaggio importante, diffondere spie e stipendiare traditori, cercar di nobilitare la povertà dei mezzi con l'importanza dei fini: ecco che cos'è la politica!" (P. Beaumarchais)



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