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Molfetta, in consiglio comunale si parla del rischio del fallimento del porto, allarme lanciato da “Quindici” sul numero in edicola
17 gennaio 2010

MOLFETTA - E’ stato il consigliere di opposizione Giovanni Abbattista (PD), venerdì sera, ad aprire la seduta del Consiglio comunale (nella foto di Luigi La Candia, l'aula di Palazzo Giovene), intervenendo per fatto grave sulla questione del nuovo porto di Molfetta. Come preannunciato da “Quindici”, sul numero della rivista in edicola, infatti, a causa dei ritardi registratisi nell’opera di costruzione del nuovo porto commerciale di Molfetta, dovuti soprattutto all’opera di sminamento e bonifica dell’area, la ditta appaltatrice, la Cmc di Ravenna (Cooperativa Muratori e Cementisti), dopo aver intimato all’amministrazione comunale di eseguire tutti i procedimenti possibili per proseguire, avrebbe intenzione di richiedere la risoluzione in danno del contratto, nei confronti del Comune di Molfetta. Il risarcimento ammonterebbe ad una cifra milionaria, tenendo presente che l’importo per l’opera era di 57 milioni e 600mila euro.
L’inizio dei lavori di dragaggio, infatti, era previsto per l’inizio del 2008, e i lavori dovevano essere conclusi nell’aprile 2009, con il versamento di 15 milioni di euro alla ditta appaltatrice. Così, l’impresa ha chiesto le riserve legate al notevole ritardo, causando “un fulmine che non arriva a ciel sereno”. Come ricorda Abbattista, l’opposizione aveva invitato ad avviare una riflessione sulle problematiche relative al porto, per giungere a dei rimedi condivisi che avrebbero potuto limitare i danni.
Mentre il TAR sta ancora decidendo sulla legittimità della gara d’appalto, l’unica ditta appaltatrice “si lecca i baffi immaginando di poter conseguire l’utile attraverso un’ azione di danni”. Secondo il consigliere del PD, se le aree fossero state consegnate parzialmente, di pari passo con le operazioni di bonifica, “si sarebbero evitati i guai”. Questa vicenda testimonia il fallimento di un modello di gestione approssimativa.
Non si lascia attendere la risposta del sindaco Antonio Azzollini, al quale basta ricordare che è arrivata a Molfetta la draga più piccola, e arriverà al più presto quella grande: “come disse il filosofo, eppur si muove”. Un motto interessante, e che lascia intendere la scarsa considerazione del sindaco rispetto a tutto ciò che ruota attorno a questa corsa spregiudicata. Ultimamente disastrosa.
A confermare il successo di questo modello, arriva puntuale la formalizzazione, da parte della consigliera Adele Claudio della propria adesione al PdL, per la “perfetta condivisione delle politiche”. Del resto, come afferma il consigliere Angelo Marzano (PdL), Adele Claudio non è mai stata vista come un “corpo estraneo”. Forse la memoria ci inganna, quando ricordiamo che Adele Claudio appoggiò Mino Salvemini, candidato sindaco del centrosinistra alle scorse elezioni amministrative nella lista “Con De Cosmo per Molfetta”. Ma questo non conta, evidentemente, dopo che i risultati sono decretati.
Ha fatto discutere la proposta dell’amministrazione, formalizzata dall’assessore Mauro Magarelli, di incrementare il capitale della Molfetta porto srl, attraverso il conferimento di beni, per un valore complessivo di 920mila euro. Tra i beni, ci sono anche i pontili galleggianti costruiti nel 2006, di fronte al mercato ittico, grazie ai fondi POR.
Mino Salvemini (PD) sostiene di essere contrario all’esistenza della Molfetta Porto srl come strumento di gestione del porto. Esso, infatti, dovrebbe entrare in una logica di gestione sovra-comunale, che non farebbe perdere comunque identità all’opera. Secondo i consiglieri di opposizione, oggi si vuole dare operatività ad una società nata come una “scatola vuota”.
Il sindaco Antonio Azzollini giustifica la scelta con la necessità di utilizzare e gestire dei beni ormai abbandonati: “Molti perdono di vista gli aspetti essenziali, dipendendo da altre entità politiche”. Ma, come ricorda Mino Salvemini, tali beni possono in ogni caso essere concessi in gestione a privati.
Ma la maggioranza approva il punto.
Sulla questione del nuovo PIP, l’opposizione chiede che esso sia ridisegnato secondo le indicazioni dell’Autorità di Bacino, e che l’assegnazione dei lotti di terra sia sospesa. Mino Salvemini, infatti, ricorda che l’area, secondo il PAI, non è edificabile. Per questo, l’amministrazione deve astenersi da assegnazioni che si rivelerebbero illegittime.
Ma, per il vicesindaco Pietro Uva, il comportamento dell’amministrazione è logico e razionale, in quanto il parere dell’AdB non comporta la sospensione delle procedure di assegnazione dei lotti. “Abbiamo impugnato la seconda perimetrazione dell’AdB perché presenta un vizio metodologico: l’AdB non è un’autorità sovraordinata ma di assistenza e di supporto”. Quindici tornerà al più presto, con un articolo, su queste affermazioni del vicesindaco Uva.
Gianni Porta (Rifondazione comunista) e Giovanni Abbattista (Pd), evidenziano le contraddizioni emerse nell’operato dell’amministrazione rispetto alla questione delle lame. “In una conferenza estiva si afferma l’infondatezza dei vincoli imposti dall’AdB e ora si propongono opere di mitigazione, contemporanee al ricorso”, fa notare Porta.
Per Abbattista, dire che l’AdB è un organo partigiano costituisce una strumentalizzazione dei fatti. Il parere dell’AdB è vincolante, “bisogna confrontarsi seriamente, altrimenti i rischi diventano tanti”.
Ma la maggioranza respinge la mozione, e l’amministrazione continua ad assegnare come edificabili lotti di terra su cui è al momento illegale costruire.

Autore: Giacomo Pisani
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