Le paurose avventure di Fulvio (cavia peruviana) di Antonio d'Elia
Una piacevole avventura per
adulti e bambini, finalizzata a
trascorrere un pomeriggio gradevole
in compagnia di animali
parlanti, questo Le paurose avventure di
Fulvio (cavia peruviana) di Antonio d’Elia, recentemente edito per i tipi
di Albatros. Segnaliamo la pregevole interazione tra il narrato e le “sofficiose”
illustrazioni, curate da Angela Panunzio, che, con sguardo incantato,
tratteggiano il vivace mondo della gatta Sirio e dei suoi amici.
In esergo d’Elia sceglie una poesia di Gianni Rodari, Un signore maturo
con un orecchio acerbo, sostanzialmente un inno a quello sguardo
fanciullo dischiuso sul mondo, che lo stesso d’Elia percepisce
distintamente di aver conservato, grazie agli anni trascorsi nella pratica
dell’insegnamento nelle scuole primarie e anche nei liceo psico-
pedadogici delle province di Padova e Bari. Quanto alla biografia
dell’autore, alla sua opera prima, ricordiamo come, laureato in “Pedagogia”
e abilitato in “Filosofia, Psicologia e Scienze dell’Educazione”,
egli sia stato consulente per le politiche sociali in favore dell’Infanzia e
dell’Adolescenza presso il Comune di Molfetta.
Le paurose avventure di Fulvio è una narrazione che muove da consistenti
spunti autobiografici, come l’amore per gli animali e la rammemorazione
di una Molfetta d’antan. La Molfetta dei dintorni del
porto, in cui negli anni Cinquanta si aggiravano frotte di gatti e avvertivano,
in quei silenzi di barche, erette a misteriose terre di conquista,
scenari da fiaba, da cui partire per esaltanti scorribande e avventure.
È in questa Molfetta - quella di Sparmimpett e di altre figure, note
ai più maturi – che d’Elia disegna con gioia le gesta di Fulvio, una
cavia peruviana ingenuamente fanfarona e un po’ bambina, fratellino
(inizialmente non molto amato, per la sua “irregolarità”)
della gatta Sirio.
Non anticipiamo molto sulle vicende, che sono
costruite - attraverso l’uso dell’artificio dello straniamento
- secondo l’ottica della sofisticata Sirio.
Adottando il punto di vista del mondo animale,
le figure umane che interagiscono con i protagonisti
finiscono con l’essere espressionisticamente deformate,
divenendo macchiette in preda alle più isteriche manie, siano l’ossessione
mortuaria e l’avidità di Marterina o il macabro collezionismo
dei farmacisti Teo e Leo, due molfettesi Stanlio e Ollio. I
moventi delle loro azioni appaiono incomprensibili agli occhi degli
animali, così come incomprensibile – se non nell’ottica della gratuita
crudeltà – è la condotta di alcuni ragazzacci, correlativo umano
dei cani randagi, che torturano i gatti per puro divertimento.
Alla gang di adolescenti irregolari, d’Elia contrappone la sana banda
degli animali, che agisce in gruppo, in ossequio alle logiche della
solidarietà, e che prospetta anche un’armonica “convivialità delle
differenze” sociali (pensiamo ai sofisticati Sirio e Nero, che interagiscono
gioiosamente con il più casereccio Guercio), di genere e
specie. Un esempio di quest’ultima è rappresentato dal cane Panettone,
che scorrazza felicemente con gatti, in barba agli stereotipi
relativi all’inimicizia tra questi animali.
A quelle sane forme di aggregazione, un tempo tipiche dell’infanzia
e dell’adolescenza umana, d’Elia guarda con sottocutanea nostalgia, in
un’epoca in cui i valori della solidarietà sembrano siano rimasti appannaggio
di pochi sognatori, dal rodariano “orecchio verde”.
Autore: Gianni Antonio Palumbo