Le nozze di Figaro Mozart secondo Chiara Muti
Il debutto barese e mozartiano di Chiara Muti nella regia delle Nozze di Figaro, ha confermato la sua straordinaria capacità artistica nel riuscire a stabilire un perfetto equilibrio tra l’aspetto drammatico e la verve comica, tra il canto e il recitativo, tra la musica e la rappresentazione teatrale nel turbinoso rincorrersi delle situazioni di una folle giornata. Efficace la lettura dei sentimenti dei personaggi, abbastanza credibili nell’esprimere la contraddizione fra ciò che hanno dentro e ciò che poi accade realmente. L’intreccio serrato delle vicende umane è ben evidenziato dall’impianto scenico con la tecnica della pedana rotante per superare la staticità della scena. Il costante movimento delle situazioni dà il senso del dinamismo del tempo: tutto si brucia nello spazio di una giornata tragica e comica allo stesso tempo, con i servi che dimostrano di essere più intelligenti dei nobili padroni, una classe sociale privilegiata, della quale Mozart si prende gioco. A ciò si aggiunge il sapiente gioco delle luci che rafforzano la sensazione del tempo che passa, delle ore che si rincorrono in questa folle giornata, sottolineata efficacemente dalla musica mozartiana. Complementare alla regia, la direzione d’orchestra del giovane Maestro Matthew Aucoin, che è riuscito a tirare fuori, dai pur valenti musicisti, le loro qualità migliori. Elemento scenografico di rilievo quello delle scale, che esprimono efficacemente il pensiero dell’Autore dell’opera sui cambiamenti sociali in atto in un Settecento tumultuoso e danno l’idea di come si passi rapidamente dalla ricchezza alla povertà, in un vorticoso saliscendi, riflesso della situazione sociale dell’epoca. La natura che, come la stessa Muti, sottolinea, assume un ruolo di protagonista, “presente in scena da principio, sotto forma di salici piangenti, si fa strada d’atto in atto, finendo per appropriarsi dello spazio... Quale metafora dell’istinto che prevalica sulla ragione... e la Natura sull’uomo, il giardino e la notte, metafore d’un istinto femminile che prevalica sulle macchinazioni ed i ragionamenti maschili”. E il vero protagonista dell’opera resta l’amore come destino, da quello semplice tra Cherubino e Barbarina, dalla nascente attrazione tra Susanna e Figaro, alla convivenza noiosa e senza passione del conte e della contessa, all’affetto “materno” di Marcellina con Don Bartolo. Insomma, quel mix di malizia, passione e malinconia condito da peccati e miserie: vizi e virtù umane espressi grazie a una regia di spessore, attenta ai dettagli e ai tratti psicologici degli interpreti, a cui si aggiunge il cipiglio energico del giovane Maestro Aucoin, che ha saputo dare omogeneità all’orchestra, dirigendo sapientemente i giovani musicisti, che hanno dato prova di poter crescere sul piano della qualità. Un successo per questa prima iniziativa che vede la coproduzione tra la Fondazione Teatro Petruzzelli e quelle del San Carlo di Napoli (dove lo spettacolo debutterà fra poche settimane) e del Teatro Massimo di Palermo (settembre 2017). Eccellente il cast dei protagonisti, affiatato e gioviale, sia nelle voci che nell’aspetto fisico, da Susanna (Maria Mudryak) perfetta nella dizione e nella voce, sorridente, combattiva, determinata, al Figaro (Alessandro Luongo) dall’efficacia presenza scenica, al credibile personaggio del Conte d’Almaviva (Edwin Crossley-Mercer) elegante ma superficiale, arrogante e a tratti ridicolo, alla Contessa (Eleonora Buratto) dolente e malinconica, decisa a riconquistare l’amore tradito e a perdonare, fino al frizzante Cherubino (Paola Gardina) di innata simpatia. Bravi anche gli altri interpreti Laura Cherici (Marcellina), Fabrizio Beggi (Bartolo), Bruno Lazzaretti (Basilio), Giorgio Trucco (Don Curzio), Anne Marine Suire (Barbarina), Matteo Peirone (Antonio). A loro si aggiungono per le scene Ezio Antonelli, i costumi Alessandro Lai, il disegno luci Vincent Longuemare, l’assistenza alla regia Marie Lambert. Perfetto il coro di Franco Sebastiani con la sua armonica presenza scenica e vocale. In conclusione, una cifra registica rigorosa (nello stile di famiglia) nel rispetto del libretto di Lorenzo da Ponte e della musica di Wolfgang Amadeus Mozart, che non ha annoiato il pubblico nelle oltre tre ore di spettacolo fluido e dinamico, grazie all’alternarsi frenetico delle situazioni, al rincorrersi degli avvenimenti in una giornata che è il racconto di una vita.
Autore: Felice de Sanctis